Maurizio Maggiani: differenze tra le versioni

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*So che il [[fascismo]] è una cosa complicata che va studiato bene per non sbagliare e confondere, che è meglio spaccare il capello in quattro piuttosto che rischiare, che ci sono strumenti adeguati per misurare e tabelle per valutare, che un conto è il fascismo e un altro conto l'[[antifascismo]]; ma io so anche, e ne ho la tattile certezza, di vivere in un tempo dell'infelicità, esco di casa e sento, sottile e ottuso e persistente, il sordo ronzio di un rumore di fondo di infelicità, quest'epoca si è ingravidata di fascismo.<ref>Da ''[https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2018/11/20/news/antifascismo_e_non_dire_mai_me_ne_frego_-212166567/ Antifascismo è non dire mai “me ne frego”]'', ''Rep.repubblica.it'', 20 novembre 2018.</ref>
 
== ''Il romanzo della nazioneL'amore'' ==
 
=== [[Incipit]] ===
È notte, ci sono due sposi. Due sposi, proprio due sposi qualunque, un maschio e una femmina. Condividono da molti anni molte cose, non tutte, molte, condividono il tavolo della cucina, condividono il medico di famiglia, condividono il letto. Condividono il letto tutte le notti da molti anni, anche questa notte. Hanno due bagni ma un solo letto, stanno bene così, si lavano i denti in due bagni diversi e poi si coricano nello stesso letto.
Avevo in mente di scrivere Il Romanzo della Nazione, questa era la mia ambizione, ma disgraziatamente lo scorso inverno è morto mio padre. Mio padre era la fonte principale di documentazione, il serbatoio dove erano conservate le spoglie della Nazione. Lo scrigno. È un’ambizione quella del Romanzo della Nazione che ho nutrito per un decennio, forse di più, al punto che per nutrirla a sufficienza mi sarei anche tolto il pane di bocca. Ma di fronte alla morte anche il proposito più saldo vacilla. Sfido io.
 
=== Citazioni ===
 
* Lo sposo dà un’occhiata di sbieco alla fotografia formato panorama dove in effetti a mezzacosta nel gioco collinare esposto a meridione si intravvede la macchia di un borgo con la sua torre, proprio sotto la torre un bruscolo beigiolino potrebbe essere e non essere la casa materna, e se non quello qualcosa nell’indeterminato del chiaroscuro lì accanto, perché la casa c’è ancora ed è dove sempre è stata, ai piedi della torre della Querciola. Cosiddetta Querciola, in verità torre a guardia del dominio plurisecolare dei vescovi conti di Luni fino a che il vento redentore della [[Rivoluzione francese|rivoluzione dell’89]] prese un tale furore da spingersi fino a quella valle ostica e lontana, e i servi della gleba vescovile si fecero cittadini, e davanti alla torre di guardia posero una giovane quercia, la libertà che con la fraternità e l’eguaglianza mette radici per durare in eterno. (cap. 3)
* Adesso, in questo preciso momento, ho tra le mani una scatola di fiammiferi con il ritratto di [[Franz Kafka]]. Mi ci sono appena acceso da fumare. Cosa ci fa Kafka su una scatola di fiammiferi? Niente, è un souvenir di Praga. [...] Anche uno sprovveduto che si trovi per le mani quella scatola di fiammiferi con la faccia di Kafka la prima cosa che gli viene in mente è: quel ragazzo ha dei problemi. Infatti aveva dei grossi problemi, e prima di tutto li aveva con suo padre. (cap. 6)
*Tra di noi si diceva un film d’amore di qualunque film che non fosse stato un film di guerra o di cowboy. Da cui se ne potrebbe dedurre che, nel posto da dove vengo io, l’[[amore]] è una particolare forma di spettacolo cinematografico. È una cosa non priva di una sua saggezza. La solita, cinica, distruttiva saggezza contadina. (cap. 8)
*L’uomo scampato alla malaria, l’elettricista che ha lavorato per cinquant’anni dodici ore al giorno senza recupero festivi, l’uomo che mi prendeva a cinghiate il giorno della pagella, aveva vissuto di sogni. Nella sua solitudine, nel suo silenzio interno, nel suo cuore arido, nella sua brutta poesia operaia, albeggiava un sogno, s’adombrava l’utopia. (cap. 8)
*{{NDR|Parlando del padre}} Ma la produzione di merci altamente volatili gli poneva interrogativi a cui io non avrei saputo rispondere esaurientemente. Giustificare la commutazione di un tot di parole in valore, il valore in denaro. Non credo che lui abbia mai pensato che un romanzo potesse avere un prezzo giusto, un prezzo veramente giusto. Per non parlare di una faccia dentro alla televisione. Si può mai dare un prezzo equanime a una faccia che parla alla televisione? (cap. 10)
*In verità quello che ancora vorrei fare {{NDR|al padre}} è abbracciarlo e scarruffarlo. Scuotergli le spalle, scuotergli la testa e stare a vedere cosa succede. Se per caso non si giri di lato per darmi un manrovescio, o se si rimette a piangere, o se, metti caso, cominci a parlare di cose così sagge e pertinenti da cambiare i destini dell’umanità. (cap. 10)
*Vorrei farti presente papà che in tutta la ''[[La bohème|Bohème]]'' non c’è una sola volta che senti dire la parola Morte. Non una volta, e è inutile che ti faccia presente che la storia è quella, che non c’è niente da fare e alla fine Mimì muore. Sì, si sente dire un po’ in fondo al palcoscenico che è spirata. Spirata, chissà cosa vuol dire spirata. Che aveva dell’aria in corpo? (cap. 11)
*Lavorare bene, lavorare con il signor Trippi, portarsi a casa qualcosa da aggiustare la domenica pomeriggio. Questa grande presa per il culo che il [[lavoro]] nobilita l’uomo, che il lavoro rende liberi. C’era scritto alla porta di un campo di sterminio, non sui cancelli del paradiso. E lui ci credeva. Lui e il signor Trippi e tutti quanti loro, i lavoratori, si sono messi in testa di costruire una nazione con le loro mani. Non speravano di farlo, loro ci credevano davvero che l’avrebbero fatto. (cap. 11)
*Erano i tempi che il [[Mossad]] teneva una base in città {{NDR|[[La Spezia]]}} per organizzare il trasferimento clandestino degli [[ebrei]] in Palestina. Gli ebrei che erano scampati ai lager, gli ebrei che non erano stati internati ma comunque non ne volevano sapere più niente dell’Europa, di nessunissimo schifoso angolo d’Europa, gli ebrei che volevano andare a costruire il socialismo il più lontano possibile dalla patria del socialismo. (cap. 13)
*Quando dico che [[Camillo Benso]] aveva tutto per la testa tranne che una [[nazione]], vorrei ricordare che intanto nel regno il diritto di voto era stabilito per censo. Guadagnato in base all’avere. Votavano i ricchi che eleggevano ricchi. Una nazione è un patto universale, una nazione è una testa un voto. Una nazione è un popolo di uomini liberi che liberamente si lega. Ne restasse fuori anche uno solo, anche una sola testa, su cosa potrebbe mai fondarsi una nazione se non sul dominio di uomini su uomini? (cap. 18)
 
=== [[Explicit]] ===
Bene, considera lo sposo, hanno ragione, li ho fatti aspettare un po’ troppo, preme il pulsante dell’apricancello, esitano, spengono con cura le sigarette sulla lamiera del furgone e poi si fanno avanti. Bisogna preparare un po’ di caffè anche per loro, bisogna svegliare la sposa e subito placarla, convincerla che i lavoratori sono un contrattempo da poco, che potrà fare la sua colazione tranquilla in cucina, in penombra e in silenzio, mentre nel soggiorno si parlerà di riscatto e progresso e di creme di bellezza, e a tal proposito è necessario che intanto si inventi qualcosa da dire. Alla radio stanno ancora leggendo la stampa del giorno e già c’è parecchio da fare, lo sposo è contento.
Che tenerezza che mi fa questo [[Mao Zedong|Mao Tse-tung]] che prende e va a fondare la nazione più potente del mondo con un paio di mutande e di calze di ricambio, lo spazzolino, una saponetta e quei tre libri. Tre libri stranieri, roba lontana ben più di mille miglia, disseminata per cinque secoli di una storia che non era nemmeno la sua. Il poema di un esiliato scritto qua e là per le terre dove poteva fermarsi quel tanto da mettersi lì a scrivere un po’. Il trattato politico di un ex galeotto per fatti politici. E il manuale del perfetto guerrigliero scritto da un rivoluzionario che non ha vinto una battaglia che è una, partito per incitare alla rivoluzione i contadini servi dei Borbone e ammazzato da una banda di quei poveracci morti di fame che si erano messi in testa che fosse andato fin lì per rubargli il raccolto del grano. Tutti e tre sarebbero stati dei gran fondatori di nazioni, questo non c’è dubbio, avevano idee chiare al riguardo, avevano la tempra, e sono finiti come sono finiti. Sono finiti al tempo dovuto nello zaino di un bibliotecario dello Xiangtan, all’altro capo del mondo. Sia come sia, è sicuro che a leggerli non ha perso del tempo.
 
Questo tanto per dire che la storia non finisce mai, e va dove deve andare.
 
==''Il viaggiatore notturno''==
===[[Incipit]]===
Ascoltate, è ancora il tramonto sul colle dell'Assekrem. Giallo, ocra, azzurro, oltremare, carminio. Cielo, terra, montagne e valli.<br />
Tutto.<br />
Ma giù nelle gole c'è già il crepuscolo e la notte. Rosa, terra bruciata, viola, nero. Il nulla laggiù.<br />
L'aria è così limpida che l'increspatura dell'ultimo orizzonte potrebbe essere all'altro capo del mondo. Se la Terra fosse piatta. E il fondo della valle su cui sta poggiando la roccia dell'Assekrem, il centro della Terra. Se il cuore della Terra fosse freddo come i crepacci a quest'ora della sera.
 
===Citazioni===
*Cerchi chi devi cercare, incontri chi devi incontrare. Sono sempre i piedi che [[Dio]] muove per primi.
*Esistere è la mia [[preghiera]], come esisto è come prego.
*La cosa che più conta di un [[viaggio]] è non smettere di viaggiare.
*Non cedere alla tentazione di fermarsi è ciò che dà senso all'andare, ciò che lo rende veramente utile e veramente bello. Agli occhi di [[Dio]], agli occhi dell'Universo, agli occhi di chi incontri nel cammino.
*Solo quando non so dove andare so che arriverò da qualche parte. Solo quando ho una [[meta]] so che non arriverò mai.
*Non tutto ciò che esiste è reale.
*Se un uomo [[credere|crede]] in modo sufficientemente fervido, agli occhi di chi lo guarda diventa irreale. E più tenacemente crede, più ciò in cui crede diventa irreale quanto lui. Dice che tutto ciò è [[bellezza]]. Dice che questa è l'utile bellezza dell'[[uomo]] e del suo credo agli occhi di Dio e dell'Universo.
*Dinetto era una proletario, e io il suo figliolo.<br/>Mi piaceva essere figlio di un [[proletariato|proletario]], mi piaceva la parola. Me l'aveva spiegata: "proletario" vuol dire che un uomo possiede solo la sua prole. Io ero la prole di mio padre ed ero contento anche di essere la sua unica proprietà.
*Sto imparando che non serve sempre saper vedere una [[ragione]], che si può essere nudi e scalzi di qualsiasi ragione e non per questo essere meno veri di un fuoco acceso nella notte.
 
==''La regina disadorna''==
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===Citazioni===
 
*Abitava in [[piazza Stella]], un piccolo pozzo d'aria in mezzo ai vicoli tra San Giorgio e San Lorenzo. Il centro di [[Genova]] è pieno di piazze insoddisfacenti, luoghi a prima vista privi di una loro logica e di qualsiasi attrattiva; brandelli di vuoto buttati lì a caso all'incrocio di qualche carrugio. È probabile che questi luoghi siano nati per sbaglio, perché non sono tornati i conti dei mastri muratori, o perché all'ultimo momento sono mancati i soldi per costruirci un palazzo. Oppure c'era un palazzo, più in là nel tempo, una delle cento e più torri di città costruite dalle famiglie nobiliari; e magari questa famiglia si è messa nei guai, ha complottato, ha contrastato, e la Repubblica gli ha disfatto la torre: è capitato spesso nel corso dei secoli. A volte è stato messo un cippo con un messaggio ammonitore, altre volte si è lasciato correre. Restano queste piazze, come piazza Stella, che a fermarcisi nel mezzo ci si sente lievemente a disagio. (p. 17)
*Il lavoro del [[Viticoltore|vignaiolo]] non richiede molta forza, ma una grande sensibilità. A parte la zappatura, che comunque è sempre leggera, per nove mesi dell'anno è un continuo sciogliere e legare, orientare, aggiustare, recidere e ricongiungere con mani che devono essere intelligenti e delicate; nei restanti tre mesi le mani riempiono, svuotano, travasano, sigillano, spostano, stappano, sigillano ancora, costrette sempre all'estrema attenzione e cognizione. Ogni cosa nella vigna e nella cantina deve seguire un ordine perfetto dettato dal moto della luna e del sole, dal mutare dell'aria e dei suoi effluvi, dalla micrometrica intransigenza della chimica; e tutto deve essere pulito dentro e fuori. Un vignaiolo appartiene ad un ordine del lavoro che ha a che fare con la sensualità e la dirittura di un portamento nobile. (pp. 19-20)
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===[[Explicit]]===
Ci si aspetterebbe a questo punto una mole massiccia di candidature al trono. Ma anche qui c'è una sorpresa: nessuna mitomane o ambiziosa signora si è, per quello che se ne sa, ancora proposta per il trono di Moku Iti, questo è il nome dell'isola che prospera sulla musica a pagamento a onde corte. Pare appurato che migliaia di persone l'abbiano incontrata, ma ancora nessuno che abbia avuto successo nel proporle: "C'è un trono che l'aspetta, signora. Si affretti prima che scada l'offerta".<br>Fin qui a grandi linee la notizia come è stata riportata dalla stazione televisiva americana.<br>Quando a noi, magari, ci piacerebbe saperne qualcosa di più. (p. 396)
 
== ''Il romanzo della nazione'' ==
 
=== [[Incipit]] ===
Avevo in mente di scrivere Il Romanzo della Nazione, questa era la mia ambizione, ma disgraziatamente lo scorso inverno è morto mio padre. Mio padre era la fonte principale di documentazione, il serbatoio dove erano conservate le spoglie della Nazione. Lo scrigno. È un’ambizione quella del Romanzo della Nazione che ho nutrito per un decennio, forse di più, al punto che per nutrirla a sufficienza mi sarei anche tolto il pane di bocca. Ma di fronte alla morte anche il proposito più saldo vacilla. Sfido io.
 
=== Citazioni ===
 
* Adesso, in questo preciso momento, ho tra le mani una scatola di fiammiferi con il ritratto di [[Franz Kafka]]. Mi ci sono appena acceso da fumare. Cosa ci fa Kafka su una scatola di fiammiferi? Niente, è un souvenir di Praga. [...] Anche uno sprovveduto che si trovi per le mani quella scatola di fiammiferi con la faccia di Kafka la prima cosa che gli viene in mente è: quel ragazzo ha dei problemi. Infatti aveva dei grossi problemi, e prima di tutto li aveva con suo padre. (cap. 6)
*Tra di noi si diceva un film d’amore di qualunque film che non fosse stato un film di guerra o di cowboy. Da cui se ne potrebbe dedurre che, nel posto da dove vengo io, l’[[amore]] è una particolare forma di spettacolo cinematografico. È una cosa non priva di una sua saggezza. La solita, cinica, distruttiva saggezza contadina. (cap. 8)
*L’uomo scampato alla malaria, l’elettricista che ha lavorato per cinquant’anni dodici ore al giorno senza recupero festivi, l’uomo che mi prendeva a cinghiate il giorno della pagella, aveva vissuto di sogni. Nella sua solitudine, nel suo silenzio interno, nel suo cuore arido, nella sua brutta poesia operaia, albeggiava un sogno, s’adombrava l’utopia. (cap. 8)
*{{NDR|Parlando del padre}} Ma la produzione di merci altamente volatili gli poneva interrogativi a cui io non avrei saputo rispondere esaurientemente. Giustificare la commutazione di un tot di parole in valore, il valore in denaro. Non credo che lui abbia mai pensato che un romanzo potesse avere un prezzo giusto, un prezzo veramente giusto. Per non parlare di una faccia dentro alla televisione. Si può mai dare un prezzo equanime a una faccia che parla alla televisione? (cap. 10)
*In verità quello che ancora vorrei fare {{NDR|al padre}} è abbracciarlo e scarruffarlo. Scuotergli le spalle, scuotergli la testa e stare a vedere cosa succede. Se per caso non si giri di lato per darmi un manrovescio, o se si rimette a piangere, o se, metti caso, cominci a parlare di cose così sagge e pertinenti da cambiare i destini dell’umanità. (cap. 10)
*Vorrei farti presente papà che in tutta la ''[[La bohème|Bohème]]'' non c’è una sola volta che senti dire la parola Morte. Non una volta, e è inutile che ti faccia presente che la storia è quella, che non c’è niente da fare e alla fine Mimì muore. Sì, si sente dire un po’ in fondo al palcoscenico che è spirata. Spirata, chissà cosa vuol dire spirata. Che aveva dell’aria in corpo? (cap. 11)
*Lavorare bene, lavorare con il signor Trippi, portarsi a casa qualcosa da aggiustare la domenica pomeriggio. Questa grande presa per il culo che il [[lavoro]] nobilita l’uomo, che il lavoro rende liberi. C’era scritto alla porta di un campo di sterminio, non sui cancelli del paradiso. E lui ci credeva. Lui e il signor Trippi e tutti quanti loro, i lavoratori, si sono messi in testa di costruire una nazione con le loro mani. Non speravano di farlo, loro ci credevano davvero che l’avrebbero fatto. (cap. 11)
*Erano i tempi che il [[Mossad]] teneva una base in città {{NDR|[[La Spezia]]}} per organizzare il trasferimento clandestino degli [[ebrei]] in Palestina. Gli ebrei che erano scampati ai lager, gli ebrei che non erano stati internati ma comunque non ne volevano sapere più niente dell’Europa, di nessunissimo schifoso angolo d’Europa, gli ebrei che volevano andare a costruire il socialismo il più lontano possibile dalla patria del socialismo. (cap. 13)
*Quando dico che [[Camillo Benso]] aveva tutto per la testa tranne che una [[nazione]], vorrei ricordare che intanto nel regno il diritto di voto era stabilito per censo. Guadagnato in base all’avere. Votavano i ricchi che eleggevano ricchi. Una nazione è un patto universale, una nazione è una testa un voto. Una nazione è un popolo di uomini liberi che liberamente si lega. Ne restasse fuori anche uno solo, anche una sola testa, su cosa potrebbe mai fondarsi una nazione se non sul dominio di uomini su uomini? (cap. 18)
 
=== [[Explicit]] ===
Che tenerezza che mi fa questo [[Mao Zedong|Mao Tse-tung]] che prende e va a fondare la nazione più potente del mondo con un paio di mutande e di calze di ricambio, lo spazzolino, una saponetta e quei tre libri. Tre libri stranieri, roba lontana ben più di mille miglia, disseminata per cinque secoli di una storia che non era nemmeno la sua. Il poema di un esiliato scritto qua e là per le terre dove poteva fermarsi quel tanto da mettersi lì a scrivere un po’. Il trattato politico di un ex galeotto per fatti politici. E il manuale del perfetto guerrigliero scritto da un rivoluzionario che non ha vinto una battaglia che è una, partito per incitare alla rivoluzione i contadini servi dei Borbone e ammazzato da una banda di quei poveracci morti di fame che si erano messi in testa che fosse andato fin lì per rubargli il raccolto del grano. Tutti e tre sarebbero stati dei gran fondatori di nazioni, questo non c’è dubbio, avevano idee chiare al riguardo, avevano la tempra, e sono finiti come sono finiti. Sono finiti al tempo dovuto nello zaino di un bibliotecario dello Xiangtan, all’altro capo del mondo. Sia come sia, è sicuro che a leggerli non ha perso del tempo.
 
Questo tanto per dire che la storia non finisce mai, e va dove deve andare.
 
==''Il viaggiatore notturno''==
===[[Incipit]]===
Ascoltate, è ancora il tramonto sul colle dell'Assekrem. Giallo, ocra, azzurro, oltremare, carminio. Cielo, terra, montagne e valli.<br />
Tutto.<br />
Ma giù nelle gole c'è già il crepuscolo e la notte. Rosa, terra bruciata, viola, nero. Il nulla laggiù.<br />
L'aria è così limpida che l'increspatura dell'ultimo orizzonte potrebbe essere all'altro capo del mondo. Se la Terra fosse piatta. E il fondo della valle su cui sta poggiando la roccia dell'Assekrem, il centro della Terra. Se il cuore della Terra fosse freddo come i crepacci a quest'ora della sera.
 
===Citazioni===
*Cerchi chi devi cercare, incontri chi devi incontrare. Sono sempre i piedi che [[Dio]] muove per primi.
*Esistere è la mia [[preghiera]], come esisto è come prego.
*La cosa che più conta di un [[viaggio]] è non smettere di viaggiare.
*Non cedere alla tentazione di fermarsi è ciò che dà senso all'andare, ciò che lo rende veramente utile e veramente bello. Agli occhi di [[Dio]], agli occhi dell'Universo, agli occhi di chi incontri nel cammino.
*Solo quando non so dove andare so che arriverò da qualche parte. Solo quando ho una [[meta]] so che non arriverò mai.
*Non tutto ciò che esiste è reale.
*Se un uomo [[credere|crede]] in modo sufficientemente fervido, agli occhi di chi lo guarda diventa irreale. E più tenacemente crede, più ciò in cui crede diventa irreale quanto lui. Dice che tutto ciò è [[bellezza]]. Dice che questa è l'utile bellezza dell'[[uomo]] e del suo credo agli occhi di Dio e dell'Universo.
*Dinetto era una proletario, e io il suo figliolo.<br/>Mi piaceva essere figlio di un [[proletariato|proletario]], mi piaceva la parola. Me l'aveva spiegata: "proletario" vuol dire che un uomo possiede solo la sua prole. Io ero la prole di mio padre ed ero contento anche di essere la sua unica proprietà.
*Sto imparando che non serve sempre saper vedere una [[ragione]], che si può essere nudi e scalzi di qualsiasi ragione e non per questo essere meno veri di un fuoco acceso nella notte.
 
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==[[Incipit]] di alcune opere==
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*Maurizio Maggiani, ''Angeli'', in Marcello Fois (a cura di), ''Undici per la Liguria'', Einaudi, Torino, 2015. ISBN 978-88-06-22668-8
*Maurizio Maggiani, ''È stata una vertigine'', Giangiacomo Feltrinelli Editore.
*Maurizio Maggiani, L''Laamore, regina disadorna'',Giangiacomo Feltrinelli, MilanoEditore, 20002018. ISBN 88-07-81593-19788858833223
*Maurizio Maggiani, ''La regina disadorna'', Feltrinelli, Milano, 2000. ISBN 88-07-81593-1
*Maurizio Maggiani, ''Il coraggio del pettirosso'', Giangiacomo Feltrinelli Editore.
*Maurizio Maggiani, ''Il romanzo della nazione'', Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2015.
*Maurizio Maggiani, ''Il viaggiatore notturno'', Giangiacomo Feltrinelli Editore.
*Maurizio Maggiani, ''La regina disadorna'', Feltrinelli, Milano, 2000. ISBN 88-07-81593-1
 
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