Giappone: differenze tra le versioni

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==Citazioni==
*Chi ha detto che i giapponesi sono duri e formali? Se, è vero, spesso lo sembrano, ma il più delle volte è una difesa. Dentro non vedono l'ora di sciogliersi in cordialità e calore umano. Bisogna saper trovare la porticina. Per gli stranieri [[Occidente|occidentali]] la posizione è particolarmente difficile; fin dall'inizio sorge il problema d'occulte presunzioni; tentacoli sottili, trasalenti, invisibili si confrugano reciprocamente. Chi si crede superiore a chi? Il più delle volte uno, o l'altro, o tutti e due avvertono istintivamente lo stato di squilibrio. E come si definisce in fisica la differenza di potenziale fra i due termini d'un circuito elettrico? Tensione: ecco dunque, avvertito lo squilibrio, nascere la tensione. Infine, per difendersi, la formalità. ([[Fosco Maraini]])
*Del Giapan, o vero Giapon, scriverò quello che per l'esperienza insino adesso habbiamo conosciuto. Primieramente la gente che habbiamo conversata, è la migliore che insin adesso si sia scoperta, et fra gli infedeli mi pare non si troveria altra migliore; generalmente sono di buona conversatione; è gente buona et non malitiosa; et stimano mirabilmente l'honore più che nissun'altra cosa; communemente sono poveri, et la povertà tanto fra li nobili, quanto fra gli altri non si reputa a vergogna. È gente molto cortese fra loro et stimanosi, confidando molto nelle armi; portano sempre spade e pugnali, tanto li nobili quanto la gente bassa, cominciando dalli 14 anni; non patisce questa gente ingiuria alcuna, ne parola di dispregio, come la gente ignobile: porta gran reverentia alli nobili. Così tutti li gentilhuomini reputano gran laude servire al signore della terra, et essergli molto soggetti. È gente temperata nel mangiare, benché nel bere alquanto larga: fanno il vino de riso, perché non ci è altro in quelle bande. Giurano poco; et il giuramento loro è per il sole: gran parte della gente sa leggere et scrivere, il che è gran mezzo per brevemente apparare le orationi et cose di Dio. ([[Francesco Saverio]])
*Dicono che il Giappone sia nato da una spada. Dicono che gli antichi dei hanno immerso una lama di corallo nell'oceano e che, al momento di estrarla, quattro gocce perfette siano cadute in mare e che quelle gocce siano diventate le isole del Giappone. Io dico che il Giappone è stato creato da una manciata di uomini, guerrieri disposti a dare la vita per quella che sembrò ormai una parola dimenticata: onore. (''[[L'ultimo samurai]]'')
*Il Giappone esce dal [[mare]]. Il mare l'ha respinto come una conchiglia di madreperla. Il mare conserva il diritto di distruggerlo e di riprenderselo. ([[Jean Cocteau]])
*L'influenza francese, la più forte tra quelle delle varie province che danno colore alla civiltà d'Europa, è l'unica che non solo ispiri le alte sfere della cultura, il mondo delle arti, delle lettere e della scienza, ma che sia discesa nella vita d'ogni giorno e l'abbia veramente pervasa. Basta far due passi in Ginza, a [[Tokyo]], per vedere nelle insegne delle centinaia di locali ove si può bere birra, sakè o whisky in compagnia di quella moderna versione della ''geisha'' ch'è la ''jokyu-san'', «la signorina mescitrice», quanto sia forte il desiderio di mostrarsi in qualche modo parigini. Una pariginità che spesso, poi, non sta né in cielo né in terra; ecco per esempio il ''Papirion'' (Le Papillon), il ''Ramuru'' (L'Amour), il ''Toaemuà'' (Toi et moi), il ''Kôkkudoru'' (le Coq d'or), il ''Rameru'' (la Mer), e altri fantastici figli dell'asse ''Nichi-Futsu'' (nippo-francese). Un attento osservatore di cose giapponesi (A. Smoular) dice di meravigliarsi, ogni volta che sente una delle fanciulle di facile virtù che vi mescono, con gesto d'antica cortigiana, un modernissimo (e generalmente pessimo) intruglio, «fare sensati ed intelligenti commenti su [[Matisse]] o su altri pittori francesi». Forse esagera, ma non siamo poi troppo lontani dal vero.<br>La lingua giapponese stessa, oltre ad avere ormai digerito innumerevoli espressioni inglesi, ne ha accolte molte d'origine francese. Per esempio coloro che riflettono nell'aspetto o negli atti il disordine e l'indisciplina del dopoguerra si chiamano ''apurè'' (cioè «après guerre»); ''abekku'' (avec) poi ha infiniti usi, significa amante, amica, amico, ''geisha'', compagna, e viene usato come sostantivo, aggettivo, interiezione. Il linguaggio degli artisti è ricchissimo di vocaboli quali ''atorie'' (atelier), ''amachua'' (amateur), ''moderu'' (modèle), ''ankoru'' (encore), ''dessan'' (dessin) ed altri del genere. ([[Fosco Maraini]])
 
*Ma no, ragazzo mio. [[Ruth Benedict]] è stata la prima a dire che le inibizioni dei giapponesi nascono dalla vergogna e non dal senso di colpa, cosa difficilissima da capire per un occidentale che dal senso di colpa è governato. ([[Bruce Benderson]])
*Né la nostra età è stata priva d'esempi d'uomini valorosi per vigore di corpo e di mente, ed insieme bevitori d'acqua e mangiatori d'erbe e di frutti. In certe montagne d'Europa sono anco al presente abitanti che vivono di erbe e di latte molto indomiti e fieri, e i Giapponesi ferocissimi nel disprezzare i pericoli e la morte s'astengono dagli animali. ([[Antonio Cocchi]])
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*Ebbene, quale era la legge giapponese? Era una legge per l’imperatore del Giappone, per l’imperialismo giapponese e per il militarismo giapponese; una legge per proteggere gli interessi dei proprietari fondiari e dei capitalisti giapponesi, per opprimere e sfruttare il popolo lavoratore del Giappone. Ed era una legge che difendeva la politica imperialista di assoggettamento coloniale e serviva per opprimere e saccheggiare le nazioni piccole e deboli. La legge giapponese era un’arma dell’imperialismo giapponese per opprimere e sfruttare la nazione coreana. Non è forse vero che numerosi patrioti coreani che hanno combattuto per la libertà e l’indipendenza della Corea sono stati fucilati o imprigionati per aver violato la legge giapponese?
*Se i giudici giapponesi fossero stati degli umanitari sensibili, perché avrebbero massacrato tanti coreani e saccheggiato tante ricchezze in Corea?
===[[Fosco Maraini]]===
 
*Chi ha detto che i giapponesi sono duri e formali? Se, è vero, spesso lo sembrano, ma il più delle volte è una difesa. Dentro non vedono l'ora di sciogliersi in cordialità e calore umano. Bisogna saper trovare la porticina. Per gli stranieri [[Occidente|occidentali]] la posizione è particolarmente difficile; fin dall'inizio sorge il problema d'occulte presunzioni; tentacoli sottili, trasalenti, invisibili si confrugano reciprocamente. Chi si crede superiore a chi? Il più delle volte uno, o l'altro, o tutti e due avvertono istintivamente lo stato di squilibrio. E come si definisce in fisica la differenza di potenziale fra i due termini d'un circuito elettrico? Tensione: ecco dunque, avvertito lo squilibrio, nascere la tensione. Infine, per difendersi, la formalità. ([[Fosco Maraini]])
*L'amore per la natura, vivo, genuino, sentitissimo da tutti, è uno dei fondamenti della civiltà giapponese, una delle fiamme più luminose nella psicologia e nella sensibilità del pubblico, ma quando si trova in conflitto con il vitalismo [[Shintoismo|shinto]], è questo secondo che vince, che prende automaticamente la precedenza e schiaccia ogni ostacolo. Il vitalismo shinto è quella forza ancestrale ed irresistibile che spinge a produrre, a generare, a costruire, ad affermarsi (''risshin-shussé'') nel mondo, a combattere con le armi in tempi bellicosi, a guadagnar dobloni, oban, talleri, scudi, yen in epoche grasse e pacifiche, a premere insomma freneticamente il piede sull'acceleratore dei primati, ad inondare d'orgasmo ogni attimo della vita. Amore per la natura, per i silenzi, per le selve ed i fiori, per la notte nevosa al chiaro di luna? Ah si, stupende, commoventi, divinissime cose! Ma quando c'è di mezzo il vitalismo shinto fatevi in là, lasciate il passagio all'''homo faber''. ''Ubi major minor cessat''. Salvo poi, in un secondissimo tempo, a pentirsi, a piangere sui disastri, a cercare in qualche modo di rimediare. Ma spesso è troppo tardi.
*L'influenza francese, la più forte tra quelle delle varie province che danno colore alla civiltà d'Europa, è l'unica che non solo ispiri le alte sfere della cultura, il mondo delle arti, delle lettere e della scienza, ma che sia discesa nella vita d'ogni giorno e l'abbia veramente pervasa. Basta far due passi in Ginza, a [[Tokyo]], per vedere nelle insegne delle centinaia di locali ove si può bere birra, sakè o whisky in compagnia di quella moderna versione della ''geisha'' ch'è la ''jokyu-san'', «la signorina mescitrice», quanto sia forte il desiderio di mostrarsi in qualche modo parigini. Una pariginità che spesso, poi, non sta né in cielo né in terra; ecco per esempio il ''Papirion'' (Le Papillon), il ''Ramuru'' (L'Amour), il ''Toaemuà'' (Toi et moi), il ''Kôkkudoru'' (le Coq d'or), il ''Rameru'' (la Mer), e altri fantastici figli dell'asse ''Nichi-Futsu'' (nippo-francese). Un attento osservatore di cose giapponesi (A. Smoular) dice di meravigliarsi, ogni volta che sente una delle fanciulle di facile virtù che vi mescono, con gesto d'antica cortigiana, un modernissimo (e generalmente pessimo) intruglio, «fare sensati ed intelligenti commenti su [[Matisse]] o su altri pittori francesi». Forse esagera, ma non siamo poi troppo lontani dal vero.<br>La lingua giapponese stessa, oltre ad avere ormai digerito innumerevoli espressioni inglesi, ne ha accolte molte d'origine francese. Per esempio coloro che riflettono nell'aspetto o negli atti il disordine e l'indisciplina del dopoguerra si chiamano ''apurè'' (cioè «après guerre»); ''abekku'' (avec) poi ha infiniti usi, significa amante, amica, amico, ''geisha'', compagna, e viene usato come sostantivo, aggettivo, interiezione. Il linguaggio degli artisti è ricchissimo di vocaboli quali ''atorie'' (atelier), ''amachua'' (amateur), ''moderu'' (modèle), ''ankoru'' (encore), ''dessan'' (dessin) ed altri del genere. ([[Fosco Maraini]])
===[[Yukio Mishima]]===
*Abbiamo visto come il Giappone del dopoguerra per seguire l'infatuazione della prosperità economica, abbia dimenticato i grandi fondamenti della nazione; lo abbiamo visto perdere lo spirito nazionale e correre verso il futuro, senza correggere il presente; lo abbiamo visto piombare nell'ipocrisia e precipitare nel vuoto spirituale.