Xavier de Maistre: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*{{ndr|La mia nuova stanza}} riceve la luce da una sola finestra larga due piedi e mezzo e alta sei o sette piedi circa dal suolo, cui s'arriva utilizzando una scaletta.<br>La distanza della finestra dal pavimento era uno di quei casi fortunati da attribuire sia alle circostanze, sia all'ingegno dell'architetto. Un'aria di [[mistero]] veniva poi creata dalla luce pressoché verticale che si diffondeva nel mio rifugio, illuminato nello stesso modo dell'antico tempio del [[Pantheon]].<br>Né si vedeva nessun oggetto esterno che potesse distrarmi.<br>Come i naviganti che, persi nella vastità dell'oceano, non vedono nient'altro che cielo e [[mare]], io vedevo solo il cielo e la mia stanza.<br>Gli oggetti esterni più vicini sui quali potevo posare gli occhi, erano la [[luna]] e la stella del mattino: quanto mi metteva in immediato contatto col cielo, facendo volare i miei pensieri a un'altezza che non sarebbe stata possibile se avessi scelto un alloggio al pianterreno. La citata finestra s'alzava sopra il tetto e formava un abbaino assai grazioso. Era talmente alta sull'orizzonte che, quando i primi raggi del [[sole]] giungevano a illuminarla, nella strada era ancora buio.<br>Godevo, insomma, d'una delle vedute più belle che si possano immaginare.<br>Ma anche il panorama migliore finisce per annoiare quando lo si goda troppo spesso: l'[[occhio]] s'abitua e non ci fa più caso.<br>Invece, la posizione della finestra mi preservava anche da simile svantaggio, dato che non vedevo mai lo spettacolo magnifico della [[campagna]] di [[Torino]] se non quando risalivo quattro o cinque scalini: questo mi dava un piacere sempre vivo perché gustato con lentezza (VI; 2009, pp. 30-31).
*Spettatore effimero d’uno spettacolo eterno, l’uomo alza per un istante i suoi occhi al cielo, e poi li chiude per sempre! Ma durante quel rapido istante che gli viene concesso, un raggio consolatore, partendo da ciascuno dei mondi, da tutti i punti del cielo, dai confini dell’universo, viene a colpire il suo sguardo per fargli sapere che esiste una relazione tra lui e l’immensità (XIII; 1999, cap. XIII).
*Essendo la maggior parte dei nostri [[piacere|piaceri]] null'altro che che un gioco dell'[[immaginazione]], è essenziale offrirle una pastura innocente per distoglierla dagli oggetti ai quali è giocoforza rinunciare, press'a poco come si offrono i balocchi ai bambini, quando si rifiutano loro le caramelle (1990, p. 104).
*{{ndr|Sistema del mondo}} Credo insomma che se lo spazio è infinito, sia infinita anche la creazione; e che, nella sua vita eterna e nell'immensità dello spazio, Dio abbia creato un numero infinito di mondi (XVI; 2009, p. 55).
*Essendo la maggior parte dei nostri [[piacere|piaceri]] null'altro che che un gioco dell'[[immaginazione]], è essenziale offrirle una pastura innocente per distoglierla dagli oggetti ai quali è giocoforza rinunciare, press'a poco come si offrono i balocchi ai bambini, quando si rifiutano loro le caramelle (XXVII; 1990, p. 104).
 
=== Traduzione di Paolina Leopardi ===