Achille Bonito Oliva: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Achille Bonito Oliva==
*{{NDR|Sulle [[stazioni dell'arte]]}} Ci troviamo di fronte a delle vere e proprie ''[[stazioni dell'arte|stazioni d'arte]] contemporanea'', luogo di transito per il cittadino e di sosta per il suo sguardo. Nomadismo esistenziale e stasi contemplativa si intrecciano in queste stazioni che valorizzano l'inerzia di un quotidiano appartenente ad una collettività per niente inerte ed apatica.<ref name=Kunst>In ''La Metropolitana di Napoli, {{small|nuovi spazi per la mobilità e la cultura}}'', Electa Napoli, 2000, p. 51. ISBN 88-435-8528-2</ref>
*Critici si nasce, artisti si diventa e [[pubblico]] si muore.<ref>Da ''M.D.'', Costa & Nolan, 1997.</ref>
*{{NDR|Sugli [[Squallor]]}} Dadaisti.<ref>Citato in Carla Rinaldi e Michele Rossi, ''Gli Squallor'', Compagnia Nuove Indye, 2013.</ref>
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*Le mie radici sono nel Vallo di Diano. Io ero il primo di nove figli, i primi sei nati a [[Caggiano]], dove abbiamo ancora il palazzo di famiglia. Caggiano si trova a 875 metri sul mare, al confine con la Lucania. È un paese tipicamente legato alla rendita agraria e all'emigrazione. L'economia è basata sulla produzione di olio, grano e noci, visto che non è possibile uno sfruttamento intensivo della terra. [...] Ho vissuto in quei posti fino ai dieci anni di età, e anche quando ci siamo trasferiti a Napoli, ho passato molte lunghe e arrovellate estati "deportato" a Caggiano. [...] Mi sentivo spaesato e avevo una terribile nostalgia del mare di Napoli e dei miei amici. Erano tre mesi di isolamento, intriso di silenzi, in questa piccola torre eburnea. Mi trovavo di fronte a un'eternità estiva.<ref>Dall'intervista di Mario Avagliano, ''"Dai favolosi '70 un rinascimento tutto salernitano"'', ''La Città'', 15 dicembre 2002; riportata in ''[http://www.storiaxxisecolo.it/avagliano/marioavagliano6d.htm Storiaxxisecolo.it]''</ref>
*Questi santi {{NDR|di [[Fathi Hassan]]}} fissano il nulla, come rivolti verso l'idealità di uno spazio senza tempo e dunque senza il rumore di sguardi mondani. Essi condensano dentro i propri popoli la condizione di assoluta sofferenza di una cultura, quella africana, profonda e altamente simbolica, aperta alla fluidità di un sentimento adatto all'assoluto e non alla precarietà del quotidiano.<ref>Da ''Fathi Hassan'', Biennale di Venezia, Ed. Charta.</ref>
*{{NDR|Sulle stazioni dell'arte}} Qui ci troviamo per la prima volta di fronte ad un esempio di museo all'aperto, sotterraneo ed emergente, clandestino e pubblico nello stesso tempo, accogliente non più esempi di arte catacombale ma di forme che hanno acquistato la possibile dignità del confronto continuo col nostro quotidiano.<ref name=Kunst/>
 
==Citazioni su Achille Bonito Oliva==