Michel de Montaigne: differenze tra le versioni

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*Così, lettore, sono io stesso la materia del mio libro: non c'è ragione che tu impieghi il tuo tempo per un soggetto così futile e vano. (''Al lettore''; 2008, p. 18)
 
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===Libro I===
*Quelli che sommuovono uno Stato sono spesso i primi ad essere coinvolti nella sua rovina, Il frutto dello sconvolgimento non rimane a colui che lo ha provocato; questi agita e intorbida l’acqua per altri pescatori (I, XXIII; 2012, p. 213).
*Sarebbe meglio far valere alle [[leggi]] quello che possono, poiché non possono quello che vogliono (I, XXIII; 2012, p. 219)<ref>Cfr. II, XIX (2012, p. 1245): «Credo piuttosto, ad onore della religiosità dei nostri re, che, non avendo potuto quello che volevano, abbiano fatto finta di volere quello che potevano».</ref>.
*Io non giudico il filosofo Arcesilao meno austero perché so che si serviva di utensili d’oro e d’argento, secondo che lo stato dei suoi beni glielo permetteva; e lo stimo più per averne usato con [[moderazione]] e liberalità, che se se ne fosse privato (I, XXXIX; 2012, p. 437).
*Il [[giudizio]] è un utensile buono a tutto, e s’impiccia di tutto (I, L; 2012, p. 537).
*{{NDR|Sulla [[retorica]]}} È uno strumento inventato per governare e agitare una folla e un [[popolo]] indisciplinato, ed è uno strumento che si adopera solo negli Stati malati, come la [[medicina]]. In quelli dove il volgo, dove gli ignoranti, dove tutti hanno potuto tutto, come quello di Atene, di Rodi e di Roma, e dove le cose sono state in perpetua tempesta, là sono affluiti gli oratori. E in verità, in queste repubbliche si vedono pochi personaggi che siano saliti in gran credito senza il soccorso dell’eloquenza: Pompeo, [[Cesare]], Crasso, Lucullo, Lentulo, [[Metello]] si sono appoggiati soprattutto ad essa per innalzarsi a quella grande autorità a cui sono infine arrivati; e se ne sono serviti più che delle armi (I, LI; 2012, p. 545).
*I contadini semplici sono gente onesta, e gente onesta sono i filosofi, o come si dice al tempo nostro, nature forti e limpide, arricchite da un largo corredo di utili cognizioni. I meticci, che hanno sdegnato la prima condizione di ignoranza delle lettere, e non hanno potuto raggiungere l'altra, col culo fra due selle, fra i quali ci sono anch'io, e tanti altri, sono pericolosi, inetti, importuni: sono quelli che agitano il mondo (I, LV; 2012, p. 559).
*Penso che a vent'anni i nostri animi siano ormai sviluppati quanto devono esserlo, e promettano quanto potranno. Mai animo che non abbia dato a quell'età un pegno ben evidente della propria forza, ne dette la prova in seguito. Le qualità e le virtù naturali mostrano entro quel termine, o mai, quello che anno di vigoroso e di bello (I, LVII; 2012, p. 583).
*A una [[donna]] irragionevole non costa nulla ignorare una ragione più che un'altra. Sono tanto più contente di sé quanto più sono nel torto (II, VIII; 2012, p. 705).
*Sul fatto mi comporto virilmente, di fronte all’idea puerilmente. Lo spavento della caduta mi procura più febbre del colpo. Il gioco non vale la posta. L’[[avaro]] soffre della sua passione più del [[povero]], e il geloso più del cornuto. E c’è spesso minor danno nel perder la propria vigna che nel disputarla. Il gradino più basso è il più sicuro. È la sede della [[costanza]]. Qui non avete bisogno che di voi stessi. Essa quivi si fonda e si appoggia tutta su di sé (II, XVII; 2012, p. 1195).
*C'è qualche ombra di squisitezza e delicatezza che ci ride e che ci lusinga nel grembo stesso della [[malinconia]]. Non vi sono forse dei temperamenti che ne fanno il proprio alimento? (II, XX; 2012, p. 1247).
*Le imprese umane devono essere condotte più grossolanamente e superficialmente, e bisogna lasciarne gran parte ai diritti della [[fortuna]]. Non è necessario chiarire gli affari con tanta profondità e sottigliezza. È facile perdercisi, considerando tanti aspetti contrari e forme diverse (II, XX; 1251).
*Io detesto il dominio, e attivo e passivo (III, VII; 2012, p. 1703).
*La fortuna e la sfortuna sono a parer mio due poteri sovrani. È imprudenza ritenere che la [[prudenza]] umana possa far le veci della fortuna (III, VIII; 2012, p. 1735).
 
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====Libro I====
*Non senza ragione si dice che chi non si sente abbastanza forte di [[memoria]] non deve arrischiarsi a mentire. (IX; 2014)
*In verità il mentire è un maledetto vizio. Siamo uomini, e legati gli uni agli altri solo per mezzo della parola. Se conoscessimo l'orrore e la portata di tale vizio, lo puniremmo col fuoco più giustamente di altri delitti. (IX; 2014)
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*[[Platone]], nelle ''Leggi'', espone tre specie di credenze oltraggiose a proposito degli dèi: che non ci siano affatto; che non si occupino delle nostre faccende; che non rifiutino niente ai nostri voti, alle nostre offerte e ai nostri sacrifici. Il primo errore, secondo lui, non è mai rimasto immutabile in un uomo dall'infanzia fino alla vecchiaia. Gli altri due possono essere durevoli. (LVI; 2014)
 
====Libro II====
*C'è altrettanta differenza fra noi e noi stessi che fra noi e gli altri. (I; 2014)
*La [[superstizione]] [...] presenta pure qualche aspetto di pusillanimità. (I; 2014)
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*{{NDR|I [[Medico|medici]]}} Essi hanno questa fortuna, secondo [[Nicocle]], che il sole illumina il loro successo, e la terra nasconde il loro errore. (XXXVII; 2014)
 
====Libro III====
*Non c'è niente di inutile in natura. Neppure l'inutilità stessa. Non si è introdotto in questo universo nulla che non vi occupi un posto opportuno. (I; 2014)
*Ogni [[uomo]] porta la forma intera dell'umana condizione. (II; 2014)