Alberto Moravia: differenze tra le versioni

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*Che altro poteva essere infatti la verità se non qualche cosa a tutti evidente, da tutti creduta e ritenuta inoppugnabile. Così la catena era ininterrotta, con tutti gli anelli ben saldati dalla sua simpatia, anteriore ad ogni riflessione, alla consapevolezza che questa simpatia era condivisa da altri milioni di persone nella stessa maniera; da questa consapevolezza alla convinzione di essere nel vero; dalla convinzione di essere nel vero all'azione. Perché, come pensò ancora, il possesso della verità non soltanto permetteva l'azione ma anche l'imponeva. Come una conferma da fornire a se stesso e agli altri della propria normalità che tale non era se non veniva, appunto, approfondita, ribadita e dimostrata continuamente. (I, I; pp. 70-71)
*Marcello non aveva alcuna simpatia per Quadri: lo sapeva antifascista e, nella sua mente l'antifascismo di Quadri, il suo aspetto imbelle, malsano e laido, la sua erudizione, i suoi libri, tutto insomma, gli pareva che contribuisse a formare l'immagine convenzionale e continuamente additata al disprezzo dalla propaganda del partito, dell'intellettuale negativo e impotente. (II, III)
*{{NDR|Il professor Quadri rivolendosirivolgendosi a Marcello}} Ti pare strano, nevvero, che io parli d'azione?. Tra tutti questi libri?. Tu in questo momento pensi: "ma di che azione va cianciando questo piccolo uomo gobbo, storto, miope, barbuto?" di' la verità, è questo quello che pensi. I giornaletti del tuo partito ti hanno tante volte descritto l'uomo che non sa e non può agire, l'intellettuale, e ti vien fatto di sorridere con compassione, riconoscendomi in quell'immagine. non è così? (II, III)
*{{NDR|Il professor Quadri rivolendosirivolgendosi a Marcello}} Noi desideriamo soprattutto che il maggior numero possibile di persone si comprometta e lotti con noi. Andare in prigione per la nostra causa non è che una delle tante maniere di compromettersi e lottare, non certo la sola. (II, VIII)
*{{NDR|Marcello}} Sentì il bisogno a questo punto di esprimere in parole grezze e sarcastiche la propria situazione e pensò con freddezza: "Insomma, se il fascismo fa fiasco, se tutte le canaglie, gli incompetenti, e gli imbecilli che stanno a Roma portano la nazione italiana alla rovina, allora io non sono che un misero assassino". (II, X)