Tommaso d'Aquino: differenze tra le versioni

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=== Gli angeli ===
; Angelo custode, dalla nascita
* Ora gli angeli, come si è visto [q. 51, a. 1], non sono uniti naturalmente a dei corpi. Per cui di tutte le facoltà dell‘anima non possono avere che l‘intelligenza e la volontà. (''Quaestio 54, art. 5'', p. 608).
* Come [[Origene]] [In Mt tract. 13] riferisce, ci sono in proposito due opinioni. Alcuni dicevano che l'angelo custode è assegnato all'uomo al momento del battesimo, altri invece al momento della nascita. [[San Girolamo|S. Girolamo]] difende la seconda opinione, e con ragione. Infatti i benefici largiti da Dio all'uomo in quanto cristiano hanno inizio dal momento del battesimo, p. es. la ricezione dell'[[Eucaristia]] e altre cose del genere. Invece le cose che Dio nella sua provvidenza concede all'uomo in quanto ha un'[[anima e corpo|anima]] razionale gli vengono concesse fin dal momento in cui, con la nascita, egli entra in possesso di tale natura. Ora, la custodia degli angeli è un beneficio di questo genere, come risulta chiaro dalle cose dette sopra [aa. 1, 4]. Quindi l'uomo ha un angelo deputato alla sua custodia dal momento della nascita. (''Quaestio 113, articolo 6'', pag. 1066)<ref>{{cita web | autore = Tito Centi (O.P.); A. Zelio Belloni (O.P.) | url = http://www.documentacatholicaomnia.eu/03d/1225-1274,_Thomas_Aquinas,_Summa_Theologiae_(p_Centi_Curante),_IT.pdf | titolo = Somma teologica | formato = pdf | lingua = it | anno = 2009 | sito = }}, su ''documentacatholicaomnia.eu''. URL archiviato il [http://web.archive.org/web/20161028020112/http://www.documentacatholicaomnia.eu/03d/1225-1274,_Thomas_Aquinas,_Summa_Theologiae_(p_Centi_Curante),_IT.pdf/ 28 Ottobre 2016]</ref>
* il moto locale dell‘angelo può essere continuo e discontinuo. Se dunque si tratta di moto continuo, allora l‘angelo non può muoversi da un estremo all‘altro senza percorrere lo spazio intermedio (p. 599). [...] Ma quando il suo moto non è continuo, allora l‘angelo può passare da un estremo all‘altro senza percorrere lo spazio intermedio.[...] Il moto dell‘angelo si svolge nel tempo: nel tempo continuo se il suo moto è continuo; nel tempo non continuo se il suo moto non è continuo (infatti il moto degli angeli può avvenire in due modi, come si è spiegato [a. 1]). E la ragione è che la continuità del tempo deriva dalla continuità del moto, come insegna Aristotele [Phys. 4, 11]. (''Quaestio 53, artt. 2-3''', p. 599 e 602).
* Come abbiamo già spiegato [a. 2, ad 1], la custodia dell'uomo si attua in due forme. Primo, in forma individuale, secondo che a ogni singolo uomo è assegnato un particolare angelo custode. E la custodia in questa forma spetta agli angeli dell'infimo ordine, incaricati, come insegna S. Gregorio [l. cit.], di «annunziare le cose di minore importanza»: ora, fra tutti gli uffici angelici il minimo Pare appunto quello di prendersi cura di quanto interessa la salvezza di un solo individuo. — Secondo, in forma universale. E questa varia secondo i diversi ordini, poiché una causa è tanto più alta quanto più è universale. Per conseguenza la custodia delle collettività umane spetta all'ordine dei Principati, o forse agli [[Arcangelo|Arcangeli]], il cui nome significa Angeli Prìncipi: per cui anche Michele, che è un Arcangelo, viene detto in [[Libro di Daniele|Daniele]] [10, 13] «uno dei prìncipi»<ref>{{cita web | url = https://www.maranatha.it/Bibbia/4-LibriProfetici/34-DanielePage.htm | titolo = Libro di Daniele, capitolo 10, verso 13 | sito = }}, su ''maranatha.it'', traduzione C.E.I. del 1974. URL archiviato il [http://web.archive.org/web/20010209005416/https://www.maranatha.it/Bibbia/4-LibriProfetici/34-DanielePage.htm/ 9 Febbraio 201]</ref>. Salendo, vengono poi le Virtù, che esercitano la custodia su tutte le nature corporee. Salendo ancora vengono le Potestà, che stanno a guardia dei demoni. Da ultimo poi vengono i Principati, che secondo [[Gregorio di Nissa|S. Gregorio]] [l. cit.] fanno da custodi agli spiriti buoni. (''Quaestio 13, art. 3'', pag. 1064)
* Se l‘angelo derivasse la sua conoscenza delle realtà materiali dalle realtà medesime dovrebbe prima renderle attuali [[astrazione|astraendole]] [dalla materia]. Ma egli non deriva questa conoscenza dalle realtà materiali, bensì dalle specie attualmente intelligibili, che sono a lui connaturali: come fa il nostro intelletto mediante le specie rese intelligibili dall‘astrazione (''Quaestio 57, art. 1'', p. 619). [...] Gli angeli conoscono i singolari per mezzo di forme universali, le quali tuttavia rispecchiano le cose sia quanto ai loro princìpi universali, sia quanto ai princìpi individuanti (''Quaestio 57, art. 2'', p. 622).
* La virtù di qualsiasi essere corporeo è più ristretta di quella di una sostanza spirituale: poiché ogni forma corporea viene resa individuale dalla materia e determinata alle condizioni del tempo e dello spazio, mentre le [[forma|forme]] immateriali sono sciolte da queste condizioni, e intelligibili. Per conseguenza come gli angeli inferiori, che hanno forme intenzionali meno universali, sono governati per mezzo di quelli superiori, così tutti i corpi sono governati per mezzo degli angeli. — E questa è la sentenza non solo dei santi Dottori, ma anche di tutti i filosofi che hanno ammesso l'esistenza delle sostanze immateriali. [...] ebbene gli angeli possano operare qualcosa fuori dell'[[ordine e disordine|ordine della natura materiale]], non possono tuttavia trascendere l'ordine di tutto il creato: che è quanto propriamente si esige per il vero miracolo, come si è detto [nel corpo].
* L‘angelo non conosce per mezzo di specie derivate dalle cose, ma piuttosto mediante specie innate universali. Ora, le specie universali riguardano allo stesso modo tanto il presente quanto il passato e il futuro.. [...] Si può conoscere il futuro in due modi. Primo, nella sua causa. Si possono perciò conoscere con certezza tutte le cose future che derivano necessariamente dalle loro cause: p. es. che domani il sole sorgerà. Le cose invece che provengono dalle loro cause [solo] nella maggior parte dei casi non sono conosciute con certezza, ma soltanto in modo congetturale: come il medico quando prevede la salute dell‘infermo. E tale modo di conoscere le realtà future l‘hanno anche gli angeli, e tanto più perfettamente di noi quanto più essi conoscono le cause delle cose in modo più universale e perfetto: come i medici che conoscono i sintomi con maggiore perspicacia sanno prognosticare meglio lo stato futuro della malattia. — Rimangono invece del tutto ignote le cose che procedono dalle cause soltanto di rado, come avviene per le realtà casuali e fortuite. Secondo, si possono conoscere le realtà future in se stesse. E tale conoscenza del futuro compete soltanto a Dio, il quale conosce non solo le cose che accadono necessariamente o nella maggior parte dei casi, ma altresì le realtà casuali e fortuite: poiché Dio vede tutte le cose nella sua eternità, la quale è sempre presente, nella sua semplicità, a tutto il tempo, e lo contiene. [...] L‘intelletto angelico invece, come ogni altro intelletto creato, non ha l‘eternità divina. Quindi il futuro, direttamente come è in se stesso, non può essere conosciuto da alcun intelletto creato.(''Quaestio 57, art. 3'', p. 622).
; Illuminazione e miracolo
* Rispetto invece alla conoscenza del Verbo, e di tutto ciò che vede nel Verbo, non è mai in potenza: poiché egli ha sempre fisso lo sguardo attualmente sul Verbo e su quanto vede in lui. La beatitudine degli angeli consiste infatti in questa visione: e la beatitudine non consiste in un abito, ma in un atto, come insegna il Filosofo [Ethic. 1, 8]..[...] Nella sostanza dell‘angelo non vi è potenzialità alcuna priva del suo atto. E così pure l‘intelligenza dell‘angelo non è mai in potenza in modo da escludere qualsiasi attualità (''Questio 58, art. 1'').
* Gli angeli con la loro attività esterna servono principalmente Dio, e secondariamente noi uomini. E ci servono non perché siamo più grandi di loro, semplicemente parlando, ma perché un uomo, o un angelo qualsiasi, in quanto con l'adesione a Dio diventa un solo spirito con lui, è superiore a ogni altra [[creatura]]. Per cui l‘Apostolo [Fil 2, 3]<ref>{{cita web | url = https://www.maranatha.it/Bibbia/6-LettereSanPaolo/57-FilippesiPage.htm | titolo = Lettera ai Filippesi: capitolo 2, verso 3 | sito = }}, su ''maranatha.it'', traduzione C.E.I. del 1974. URL archiviato il [http://web.archive.org/web/20010818110001/https://www.maranatha.it/Bibbia/6-LettereSanPaolo/57-FilippesiPage.htm/ 18 Agosto 2001]</ref> comanda che «ciascuno ritenga gli altri superiori a se stesso». (''Quaestio 112, articolo 1'', pag. 1055)
* Il fatto che gli angeli pronunzino proposizioni affermative e negative prova che essi intendono i giudizi affermativi e negativi, non già che conoscano formulando tali giudizi, poiché conoscono la quiddità delle cose senza composizione alcuna.
* Nei divini ministeri vi sono molti gradi. Nulla quindi impedisce che anche angeli disuguali siano inviati in ministero; però ai ministeri più alti sono deputati gli angeli superiori, e a quelli più bassi gli angeli inferiori. (''Quaestio 112, a. 2'', pag. 1057)
* Tutte le cose, procedendo dalla volontà di Dio, tendono al bene, ma ciascuna in modo diverso. Alcune infatti hanno soltanto un‘inclinazione naturale al bene, senza conoscerlo, come le piante e i corpi inanimati. E questa inclinazione al bene viene chiamata appetito naturale. — Altri esseri invece tendono al bene per averlo in qualche modo conosciuto: non nel senso che conoscano la natura stessa del bene, ma in quanto conoscono qualche bene particolare, come fa il senso che conosce il dolce o il bianco o altre simili cose. E l‘inclinazione che accompagna questa conoscenza viene chiamata appetito sensitivo. — Altri esseri infine tendono al bene conoscendo la natura stessa del bene, il che è proprio dell‘intelletto. E questi esseri tendono al bene in modo perfettissimo: infatti non tendono al bene solo perché ricevono l‘impulso o la direzione da un altro essere, come le realtà non dotate di conoscenza, e neppure tendono soltanto a un bene particolare, come gli esseri che hanno la sola conoscenza sensitiva, ma sono inclinati al bene universale. E questa inclinazione prende il nome di volontà. — Quindi, dato che gli angeli conoscono con l‘[[intelletto ]]la stessa nozione universale di bene, è evidente che in essi si trova la volontà (''Quaestio 59, art. 1'').
* Per operare il bene si richiedono due cose. Primo, che l'affetto sia inclinato al bene: e in noi ciò si compie mediante l‘abito delle [[virtù]] morali. Secondo, che la ragione trovi la via giusta per operare l'atto virtuoso: e questo è il compito che il [[Aristotele#Etica Nicomachea|Filosofo]] [Ethic. 6, 12<ref>{{cita web | autore = Aristotele; a cura di Lucia Caiani | url = https://archive.org/details/ClassiciDellaFilosofiaAristoteleACuraDiLuciaCaianiEtiche.EticaEudemea.EticaNicom/page/n361 | titolo = Etica Nicomachea, Libro VI, 12. | formato = | pagine = 359-360 | editore = UTET | anno = 1996}}, collana "I classici della filosofia", ISBN 88-02-049942-4, su ''archive.org''</ref> assegna alla [[prudenza]]. Per quanto dunque riguarda la prima cosa, Dio custodisce l'uomo direttamente, infondendogli la [[grazia divina|grazia]] e le virtù. Per quanto invece riguarda la seconda, Dio custodisce l'uomo quale supremo maestro, ma il suo insegnamento, come si è visto [q. 111, a. 1], perviene all'uomo attraverso gli angeli. Come l'uomo si discosta dalla naturale inclinazione verso il bene a causa delle [[passione|passioni]] che spingono al [[peccato]], così si discosta pure dall'ispirazione degli angeli buoni, prodotta da questi invisibilmente in quanto illuminano gli uomini affinché agiscano bene. Quindi il fatto che gli uomini periscano non va imputato alla negligenza degli angeli, ma alla malizia degli uomini. Che poi gli angeli in casi straordinari appaiano talora visibilmente agli uomini proviene da una grazia speciale di Dio: come quando avvengono dei [[miracolo|miracoli]] fuori dell'ordine della natura. (''Quaestio 113, a. 1'', pagg. 1060-1061)
* In essi infatti non vi sono le passioni della concupiscenza, o del timore e dell‘audacia, che debbono essere regolate dalla [[temperanza]] e dalla [[fortezza]]. Si dice però che in essi c‘è la temperanza in quanto essi moderano i moti della loro volontà secondo le norme della volontà divina. E si pone in essi la fortezza in quanto eseguono con fermezza la volontà divina. Ma tutto ciò avviene per mezzo della volontà, non per mezzo dell‘irascibile e del concupiscibile. (''Quaestio 59, art. 4')
* Si è detto sopra [q. 112, a. 3, ad 4] che tutti gli angeli della prima gerarchia sono illuminati immediatamente da Dio su alcune verità, ma che vi sono altre verità intorno alle quali sono illuminati immediatamente da Dio solo gli angeli superiori, che illuminano poi gli inferiori. Ora, la stessa considerazione va fatta riguardo agli ordini inferiori: infatti un angelo di grado infimo è illuminato su alcune verità da un qualche angelo supremo, e su altre dall'angelo che sta immediatamente sopra di lui. E così è possibile che un angelo illumini immediatamente l'uomo e abbia nondimeno sotto di sé altri angeli da lui illuminati. (''Quaestio 113, a. 2'', pag. 1063)
* Si deve perciò concludere che un angelo ama l‘altro di dilezione naturale in quanto quest‘ultimo ha la sua stessa natura. Non lo ama invece di dilezione naturale in quanto per altre cose si accorda con lui, o con lui è in disaccordo.. [...] La dilezione naturale ha per oggetto il fine stesso non già nel senso che questo sia il soggetto a cui si vuole il bene, ma piuttosto nel senso che esso è il bene che uno vuole a se stesso, e conseguentemente anche agli altri, in quanto questi formano una cosa sola con lui. E questa dilezione naturale non può venir meno neppure negli stessi angeli cattivi, i quali hanno una dilezione naturale per gli altri angeli in quanto conservano in comune con essi la natura. Li odiano però in quanto differiscono da essi a motivo della giustizia e dell‘iniquità.<ref>{{cita web | url = http://www.documentacatholicaomnia.eu/03d/1225-1274,_Thomas_Aquinas,_Summa_Theologiae_(p_Centi_Curante),_IT.pdf | titolo = Somma teologica | formato = pdf | pagina = 648 | lingua = it | sito = documentacatholicaomnia.eu}}, Quaestio 60 (L'amore o dilezione degli angeli)-Articolo 4</ref>
; Conoscenza e amore
* Tutte le cose, procedendo dalla volontà di Dio, tendono al bene, ma ciascuna in modo diverso. Alcune infatti hanno soltanto un‘inclinazioneun'inclinazione naturale al bene, senza conoscerlo, come le piante e i corpi inanimati. E questa inclinazione al bene viene chiamata appetito naturale. — Altri esseri invece tendono al bene per averlo in qualche modo conosciuto: non nel senso che conoscano la natura stessa del bene, ma in quanto conoscono qualche bene particolare, come fa il senso che conosce il dolce o il bianco o altre simili cose. E l‘inclinazionel'inclinazione che accompagna questa conoscenza viene chiamata appetito sensitivo. — Altri esseri infine tendono al bene conoscendo la natura stessa del bene, il che è proprio dell‘intellettodell'intelletto. E questi esseri tendono al bene in modo perfettissimo: infatti non tendono al bene solo perché ricevono l‘impulsol'impulso o la direzione da un altro essere, come le realtà non dotate di conoscenza, e neppure tendono soltanto a un bene particolare, come gli esseri che hanno la sola conoscenza sensitiva, ma sono inclinati al bene universale. E questa inclinazione prende il nome di volontà. — Quindi, dato che gli angeli conoscono con l‘l'[[intelletto ]] la stessa nozione universale di bene, è evidente che in essi si trova la volontà (''Quaestio 59, arta. 1'', pag. 638).
* In essi infatti non vi sono le passioni della [[concupiscenza]], o del [[timore]] e dell‘audaciadell'[[audacia]], che debbono essere regolate dalla [[temperanza]] e dalla [[fortezza]]. Si dice però che in essi c‘èè la temperanza in quanto essi moderano i moti della loro volontà secondo le norme della volontà divina. E si pone in essi la fortezza in quanto eseguono con fermezza la volontà divina. Ma tutto ciò avviene per mezzo della volontà, non per mezzo dell‘irascibiledell'[[ira|irascibile]] e del concupiscibile. (''Quaestio 59, arta. 4'', p. 647)
* Si deve perciò concludere che un angelo ama l‘altrol'altro di dilezione naturale in quanto quest‘ultimo ha la sua stessa natura. Non lo ama invece di dilezione naturale in quanto per altre cose si accorda con lui, o con lui è in disaccordo.. [...] La dilezione naturale ha per oggetto il fine stesso non già nel senso che questo sia il soggetto a cui si vuole il bene, ma piuttosto nel senso che esso è il bene che uno vuole a se stesso, e conseguentemente anche agli altri, in quanto questi formano una cosa sola con lui. E questa dilezione naturale non può venir meno neppure negli stessi angeli cattivi, i quali hanno una dilezione naturale per gli altri angeli in quanto conservano in comune con essi la natura. Li odiano però in quanto differiscono da essi a motivo della [[giustizia]] e dell‘iniquitàdell'[[iniquità]].<ref>{{cita web(''Quaestio | url = http://www.documentacatholicaomnia.eu/03d/1225-127460,_Thomas_Aquinas,_Summa_Theologiae_(p_Centi_Curante),_IT.pdf | titolo = Somma teologica | formato = pdf | pagina = 648 | lingua = it | sito = documentacatholicaomniaa.eu}}, Quaestio 60 (L4'amore', opag. dilezione degli angeli648)-Articolo 4</ref>
 
===Le cinque vie===