Evelyn Franceschi Marini: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
→‎Antichi pittori italiani: declino del Rinascimento
Riga 32:
*L'opera di [[Andrea del Sarto]] è plasticamente bella e perfetta, ed attira ed incanta l'occhio; ma essa non possiede quel fascino mistico e suggestivo, quel sentimento profondo, quel senso altamente spirituale che distinguono le pitture del divino Leonardo o del Botticelli. Se manca, tuttavia, ad Andrea l'ingenuità soave de' mistici, vi è una umanità e una certa malinconia nelle sue figure che obbliga a pensare. (p. 382)
*Nulla di mistico, o di suggestivo, nell'opera di Andrea; egli vide ed amò il bello e seppe interpretarlo vivacemente, nulla più; ma ciò è già molto, e serve per soddisfare il gusto popolare. Perciò Andrea del Sarto è forse, tra tutti i pittori fiorentini, il più ''popolare'' nel vero senso della parola. (p. 382)
*Il [[Rinascimento]] nel suo apogeo, cioè appunto nel periodo in cui dipinse Raffaello, fu l'epoca unica, nella storia del mondo moderno, in cui l'arte arrivò ad esprimersi con una perfezione tale di forma e di sentimento, non mai ancora sognata, né più raggiunta dopo quel tempo, per un equilibrio completo tra l'ideale e il reale, tra l'anima e il corpo, tra l'arte e la natura. (p. 398397)
*In questo periodo meraviglioso per l'Italia {{NDR|il Rinascimento}}, che durò circa un secolo, compreso tra la seconda metà del Quattrocento e la prima del Cinquecento, sembrerebbe che, per qualche strana ed insolita munificenza della fortuna, L'Italia desse una così ricca fioritura di genio, da esaurire in tale sforzo la sua potenza creatrice; poiché, dopo Michelangelo, l'arte – come pianta stanca di aver dato tanta abbondanza di frutti – cadde nel languore, per poi morire d'inedia verso la fine del Seicento. (pp. 397-398)
*[[Giulio Romano]] o ''Pippi'', come era più famigliarmente chiamato, dotato di un bell'ingegno, di una indole vivace e geniale, di un fisico piacevole, era assai popolare tra gli artisti di Roma, sua città nativa. [...] Valentissimo disegnatore e dotato di una fantasia vivace ed esuberante, egli riuscì più specialmente nell'affresco, ove occorre sicurezza di matita e rapidità di pennello, e lavorò molto insieme col maestro {{NDR|Raffaello}} al Vaticano ed alla Farnesina. (pp. 424-427)
*[...] la sala {{NDR|nel palazzo Te di Mantova}} ove il pittore {{NDR|Giulio Romano}} sfogò maggiormente la sua fantasia bizzarra ed ingegnosa fu quella ''dei Giganti'', ove rappresentò i Titani i quali volendo prendere d'assalto l'Olimpo, vengono respinti e fulminati da Giove.<br>Difatti, in alto, sul trono, siede Giove e scaglia i suoi fulmini contro i giganti che precipitano a basso, mentre che a quello spettacolo terribile tutte le Dee e le ninfe della corte celestiale, guardano spaurite e fuggono chi di qua, chi di là, per mettersi al riparo. E per rendere più orribile quella scena, Giulio ebbe la strana idea di fare costruire la sala con le porte e le finestre fuori piombo, come se davvero i muri stessero per crollare per effetto del terremoto! Non sappiamo a quale uso fosse destinata quella sala – certo per il suo tetro aspetto non doveva invogliare di starvi a lungo – ma essa rimane tuttora quale testimonianza curiosa della fantasia esuberante e si direbbe Michelangiolesca, del grande pittore romano. (p. 429)