Carlo Roberto Dati: differenze tra le versioni

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→‎Vite de' pittori antichi: ampliamento citazione (chiarisce il concetto precedente)
→‎Vite de' pittori antichi: inserisco una citazione su Apelle che G. Della Valle aveva ripreso da un testo di Dati
 
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*[...] per tornare a [[Parrasio]], il quale a dire il vero fu un gran {{sic|Pittore}}, e stabilì molte cose nell'arte; egli fu il primo che ritrovò nella {{sic|Pittura}} le vere proporzioni, la galanteria del sembiante, la vaghezza del capello, la venustà della bocca, avendo per confessione de' professori ne' dintorni<ref>Nell'uso antico, dintorno poteva significare contorno di una figura, di un disegno.</ref> riportato la palma. Questa nella Pittura è la finezza maggiore. Imperciocché il {{sic|dipignere}} i corpi e i mezzi delle cose è senza fallo operazione laboriosa, ma però tale che in essa molti ne ottener lode; il fare l'estremità de' corpi, e porre i termini alla pittura, {{sic|ov'ell'ha}} da finire, è cosa che nell'arte è riuscita bene a pochissimi. (Vita di Parrasio, p. 92)
*Conoscendo Parrasio il proprio valore, se ne gonfiò e ne divenne arrogante, né vi è stato giammai pittore, che con eguale impertinenza si sia {{sic|prevaluto}} della gloria dell'arte. Imperciocché egli si pose diversi soprannomi, chiamandosi Abrodieto, che è a quanto dire Delizioso. Onde non mancò chi stomacato di sì vana appellazione con poco mutamento la trasformò, e pose in luogo d'Abrodieto, Rabdodieto, traendo lo scherzo e la puntura dalla verga, la quale sogliono adoperare i pittori. Quadrava però quel titolo per eccellenza alla vita delicata ch'egli teneva, essendo dispendiosissimo ne' vestimenti, i quali per lo più erano di porpora; portando in testa corona d'oro, e trapassando col suo lusso e morbidezza oltre al decoro, e sopra la condizione di pittore, perché appoggiavasi ad una mazza avvolta di strisce spirali anch'esse d'oro, e strignevasi le fibbie de' calzari con auree allacciature. (Vita di Parrasio, p. 93)
*Aveano la natura e l'arte in diversi soggetti fatto ogni loro sforzo per sollevar la pittura a quella suprema altezza di perfezione alla quale arrivar potesse la mano e l'ingegno dell'uomo, e se avessero in Zeusi in Parrasio e in Timante fermati i progressi loro, ciascheduno senza dubbio avrebbe stimato che meglio di costoro non si potesse operare. Ma quando ambedue in Apelle s'unirono, dotandolo d'uno spirito e d'una grazia, che pareva trascender l'umanità, e con lungo, assiduo, e diligente esercizio lo corredarono d'una pratica e d'un amore, che franchissimo lo rendevano e indefesso, e che per terza a favorirlo s'aggiunse la fortuna di quel felicissimo secolo, in cui furono in tanto pregio le scienze e l'arti più nobili, chiaramente si vide che tutti gli altri, i quali senza questo paragone apparivan perfetti, erano stati studj ed abbozzamenti per disegnare e colorire questo vivo ritratto della perfezione celebrato e magnificato dagli scrittori di tutti i secoli, perché non ebbe l'antichità (bench'egli pure fosse in verità superabile) niuno che giammai l'agguagliasse. (Vita d'Apelle, pp. 151-152)
* {{NDR|[[Apelle]]}} [...] ebbe per costume inviolabile che per occupatissimo ch'egli fosse, non passò giorno nel quale egli non tirasse qualche linea, per mantenersi su l'esercizio, e non infingardirsi la mano. Onde nacque il proverbio: Niun giorno senza linea. (Vita di Apelle, p. 154)
* {{NDR|[[Apelle]]}} [...] ebbe per costume inviolabile che per occupatissimo ch'egli fosse, non passò giorno nel quale egli non tirasse qualche linea, per mantenersi su l'esercizio, e non infingardirsi la mano. Onde nacque il proverbio: Niun giorno senza linea. (Vita d'Apelle, p. 154)
*Dopo aver condotto l'opere, {{NDR|Apelle}} usava metterle a mostra sopra lo sporto, non a pompa, {{sic|perch'era}} modestissimo, ma per ascoltare, stando dietro, i mancamenti censurati dal volgo, da lui stimato miglior giudice di sé medesimo. E si dice che notandolo un {{sic|calzolajo}}, per aver fatto ne' calzari un orecchino o fibbia di meno, insuperbitosi, perché Apelle tale errore avesse emendato, il giorno seguente cavillò non so che della gamba. Sdegnatosi Apelle s'affacciò e disse: il calzolajo non passi oltre la scarpa: che pure andò in proverbio. (Vita di d'Apelle, p. 154)
*[...] anche in quell'opere sì ben condotte che fecero stupire il Mondo, {{NDR|Apelle}} soleva con titolo sospeso e imperfetto scrivere, APELLE FACEVA, come se fossero sempre abbozzate, né mai finite, lasciandosi un certo regresso all'emenda. E fu atto di gran modestia, che quasi sopra tutte scrivesse, come se fossero state l'ultime, e che sopraggiunto dalla morte non l'avesse potute perfezionare, giacché di radissimo o non mai vi pose, APELLE FECE. (Vita di d'Apelle, p. 154-155)
 
==[[Incipit]] di ''Esortazione allo studio della geometria''==