Italo Calvino: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m +wikilink
+ Saggi, fix
Riga 17:
*Dati biografici: io sono ancora di quelli che credono, con [[Benedetto Croce|Croce]], che di un autore contano solo le opere. (Quando contano, naturalmente.) Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all'altra. Mi chieda pure quel che vuol sapere, e Glielo dirò. ''Ma non Le dirò mai la [[verità]]'', di questo può star sicura. (da una lettera a Germana Pescio Bottino, 9 giugno 1964<ref group="fonte">Citato in ''La strada di San Giovanni'', Mondadori, Milano, 2010, [https://books.google.it/books?id=yb_rRC1LFH8C&pg=PT8 p. 8].</ref>)
*È difficile associare l'idea della morte – e fino a ieri quella della malattia – alla figura di [[Elio Vittorini|Vittorini]]. Le immagini della negatività esistenziale, fondamentali per tanta parte della letteratura contemporanea, non erano le sue: Elio era sempre alla ricerca di nuove immagini di vita. E sapeva suscitarle negli altri. (da ''Il Confronto'', II, 10, luglio-settembre 1966)
*È un'energia volta verso l'avvenire, ne sono sicuro, non verso il passato, quella che muove Orlando, Angelica, Ruggiero, Bradamante, Astolfo... (dai ''Saggi'', p. 75)
*Era ora. Da vent'anni la letteratura italiana ha uno scrittore che non assomiglia a nessun altro, inconfondibile in ogni sua frase, un inventore inesauribile e irresistibile nel gioco del linguaggio e delle idee... Manganelli è il più italiano degli scrittori e nello stesso tempo il più isolato nella letteratura italiana. (dall'Introduzione a [[Giorgio Manganelli]], ''Centuria'', Adelphi, Milano 1995)
*[[Ernest Hemingway|Hemingway]] è figlio delle contraddizioni di un'epoca: ribelle e denunciatore per un verso, ma per un altro senza fiducia in un avvenire, e invece disperatamente in cerca di un mito oscuro di antichità: l'[[Europa]], il Cattolicesimo, l'[[Italia]], la [[Spagna]]. (citato in Giuseppe Trevisani, ''Hemingway'', CEI, Milano 1966)
Line 26 ⟶ 25:
*Io sono la pecora nera, l'unico letterato della famiglia.<ref group="fonte">Da AA. VV., ''Ritratti su misura di scrittori italiani'', a cura di Elio Filippo Accrocca, Sodalizio del Libro, Venezia, 1960; ora ''Ritratto su misura'', in ''Eremita a Parigi'', Mondadori, 2010.</ref>
*Nell'[[eros]] come nella ghiottoneria, il piacere è fatto di precisione. (dall'introduzione a [[Charles Fourier]], ''Teoria dei quattro movimenti'', Einaudi, 1971)
*L'[[inconscio]] è il mare del non dicibile, dell'espulso fuori dai confini del linguaggio, del rimosso in seguito ad antiche proibizioni. (da ''Cibernetica e fantasmi'', in ''Saggi'')
*L'opera letteraria potrebbe esser definita come un'operazione nel linguaggio scritto che coinvolge contemporaneamente più livello di realtà [...] la letteratura non conosce la realtà ma solo livelli. [...] La letteratura conosce la realtà dei livelli e questa è una realtà che conosce forse meglio di quanto non s'arrivi a conoscerla attraverso altri procedimenti conoscitivi. È già molto. (da ''Tre correnti del romanzo italiano d'oggi'', in ''Saggi'', pp. 381, 398)
*La realtà e la storia di [[Genova]] possono essere una chiave per capire qualche carattere di fondo che è di tutta la Liguria: suo limite e insieme sua forza. Se è decadentismo volgersi al passato per assaporarne l'agonia, Genova è una città così poco decadente da tenersi stretto il proprio passato fin quasi a non vederlo, portandolo con sé nel presente, che è la sua vera dimensione. Se è narcisismo non sapersi staccare dalla contemplazione della propria immagine, Genova è così poco narcisista che della propria immagine non sa né se ne cura, tutta presa com'è da quello che fa e mette insieme e moltiplica.<ref>Da ''Genova'', in Mario Scaffidi Abbate, ''L'italia dei caffè'', Roma, Rendina editori, 1995, p. 30; citato in Maurizio Fantoni Minnella, ''Genova dei viaggiatori e dei poeti'', Editori Riuniti, Roma, 2003, p. 165. ISBN 88-359-5275-1</ref>
*{{NDR|Su [[George Orwell]]}} [...] libellista di second'ordine. (da ''I libri degli altri''; a cura di Carlo Fruttero, Einaudi, Torino, 1991, p. 46)
Line 253 ⟶ 250:
 
{{NDR|Italo Calvino, ''Perché leggere i classici'', Mondadori, Milano, 1995 — anche ''Italiani, vi esorto ai classici'', in ''L'espresso'', 28 giugno 1981, pp. 58-68.}}
 
==''Saggi''==
*È un'energia volta verso l'avvenire, ne sono sicuro, non verso il passato, quella che muove Orlando, Angelica, Ruggiero, Bradamante, Astolfo... (dai ''Saggi'', p. 75)
*L'[[inconscio]] è il mare del non dicibile, dell'espulso fuori dai confini del linguaggio, del rimosso in seguito ad antiche proibizioni. (da ''Cibernetica e fantasmi'', in ''Saggi'')
*L'opera letteraria potrebbe esser definita come un'operazione nel linguaggio scritto che coinvolge contemporaneamente più livello di realtà [...] la letteratura non conosce la realtà ma solo livelli. [...] La letteratura conosce la realtà dei livelli e questa è una realtà che conosce forse meglio di quanto non s'arrivi a conoscerla attraverso altri procedimenti conoscitivi. È già molto. (da ''Tre correnti del romanzo italiano d'oggi'', in ''Saggi'', pp. 381, 398)
*Fedele al carattere genovese, la piazza {{NDR|Caricamento}} si direbbe faccia di tutto per non ostentare la monumentalià delle sue vestigia storiche, e voglia apparire poco più d'uno slargo di quella che ora si chiama Via Gramsci e prima della guerra si chiamava Via Carlo Alberto. Né il nome vecchio né il nuovo (con l'idea di disciplina piemontese che entrambi, ognuno a suo modo, evocano) s'intonano minimamente al carattere di questa lunga e larga strada fiancheggiante i cancelli del porto, percorsa dal passo dondolante dei marinai di tutto il mondo, dallo strisciare degli alti tacchi di procaci sirene, dal brulichio di traffici d'ogni sorta. Qui agli sguardi degli equipaggi appena sbarcati la terraferma si presenta come il mondo del provvisorio: piccoli bar, scale di locande, odore di frittura delle trattorie, agenzie di navigazione, gracchiare di radioline e di juke-box. Mentre il mondo galleggiante che dall'altra parte della via affaccia le sue ciminiere da sopra le tettoie delle installazioni portuali appare come il regno della stabilità, della permanenza.<br>Tutto qui significa passaggio, traversata, partenza, addio. Quante attese angosciate d'emigranti sono state vissute in questi paraggi, quanti avventurosi cambiamenti di fortuna hanno preso le mosse da qui. (da ''Il terzo lato è il mare (Genova, Piazza Caricamento)'', pp. 2404-2405)
*Da Piazza Caricamento come da Via Gramsci, attraverso vicoli («carrugi»), anditi a volta, rampe di scale, si sale nel labirinto della vecchia Genova. Nel dopoguerra questo fitto mondo era il quartier generale dei contrabbandi piccoli e grossi; il colore dell'epoca, fortemente «neorealistico», non s'è ancora del tutto stinto, quasi fosse connaturato a queste mura e a questi selciati. «Sciangai» è il soprannome che è rimasto da allora a questo quartiere; ma più che l'Estremo Oriente è l'eterno Mediterraneo che qui si riconosce, negli scorci delle strade strette e in salita, nel crogiolo d'umanità e di merci che soprattutto nei portici di Sottoripa assume aspetti da bazar levantino. (da ''Il terzo lato è il mare (Genova, Piazza Caricamento)'', pp. 2405-2406)
 
===''Liguria''===
*[[Genova]] è una metropoli che si è tanto allargata da tendere a diventare una città-regione di per se stessa, quasi una megalopoli all'americana, pur senza quel processo di sovrapopolazione che ha congestionato le altre grandi città italiane, e senza allontanarsi di molto dalle sue caratteristiche ambientali. Come ai tempi gloriosi della Repubblica marinara, Genova è molto di più e qualcosa di meno d'una capitale regionale. Molto di più perché come allora guardava soprattutto oltremare così ora guarda soprattutto al grande contesto economico generale di cui è parte. Qualcosa di meno perché — come già abbiamo accennato — durante tutta la sua storia di Repubblica la sua vocazione di capitale fu continuamente contrastata dalle spinta centrifuga che ha sempre animato il suo territorio, e oggi ancora lo spirito ligure è ostile a ogni predominio accentratore. (p. 2385)
*Genova digerisce e supera tutte le sue crisi, attaccandosi tenacemente al presente. [...] Città che sembra chiusa, incapace di slanci, e poi reagisce sempre nel modo più diretto alle occasioni decisive: supera il declino della Repubblica marinara mettendosi alla testa del movimento risorgimentale per l'unità italiana; supera la crisi della sua industria pesante protezionistica ritrovando l'efficienza con l'industria a partecipazione statale; al termine della guerra disastrosa salva il suo porto con una delle più riuscite insurrezioni partigiane d'Europa, costringendo — fatto unico nella storia — un'armata tedesca di 30 mila uomini ad arrendersi a un comitato di cittadini; questa città che oggi è un campo di lotte sociali in cui le forze opposte si fronteggiano con meno mediazioni e sfumature che altrove; questa città che è difficile da capire, perché parla poco, ma certo non gira a vuoto. (pp. 2386-2387)
*Se è decadentismo volgersi al passato per assaporarne l'agonia, Genova è una città così poco decadente da tenersi stretto il proprio passato fin quasi a non vederlo, portandolo con sé nel presente che è la sua vera dimensione. Se è narcisismo non sapersi staccare dalla contemplazione della propria immagine, Genova è così poco narcisista che della propria immagine non sa né se ne cura, tutta presa com'è da quello che fa e mette insieme e moltiplica. (p. 2387)
 
==''Se una notte d'inverno un viaggiatore''==
Line 375 ⟶ 384:
*Italo Calvino, ''Palomar'', Einaudi, Torino, 1983. ISBN 88-06-05679-4
*Italo Calvino, ''Palomar'', Mondadori, Milano, 1994.
*Italo Calvino, ''Saggi. {{small|1945–1985}}'', Mondadori, Milano, 1995. ISBN 88-04-40404-3
*Italo Calvino, ''Se una notte d'inverno un viaggiatore'', Einaudi, Torino, 1979.
*Italo Calvino, ''Ti con zero'', Mondadori-De Agostini, Novara, 1989.