Salomon Reinach: differenze tra le versioni

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*Un genere di snobismo molto diffuso consiste nello sparlare dell'[[arte greca]] dopo Fidia, come dell'arte italiana dopo Raffaello. La minor pecca di coloro, che in ciò si compiacciono, è di non capir nulla della evoluzione dell'arte. Se l'arte greca si fosse arrestata ai frontoni del Partenone, sarebbe rimasta altrettanto incompleta quanto quella dell'Assiria e dell'Egitto, perché non se ne sarebbe abbracciata tutta la incomparabile grandezza come si fa ora ammirandola, ad un tempo, nei prodotti della sua infanzia, della sua adolescenza e della sua età matura. (p. 70)
*{{NDR|Commentando l'[[Apollo del Belvedere]]}} Il corpo d'Apollo offre un assoluto contrasto con quelli degli dei e dei giganti del fregio di Pergamo. Là i muscoli sono indicati tutti, come se l'artista si compiacesse nel dar loro uno speciale risalto; qui, invece, lo scheletro è coperto di carne, e sulla carne si vede l'epidermide e più si scorge l'eleganza che la forza. (p. 70)
*La testa dell'Apollo del Belvedere presenta caratteri che si collegano alla scuola di Scopa. Il dio ha lanciato una freccia e il suo sguardo è corrucciato; ma è al tempo stesso appassionato ed inquieto. Gli dei, nell'arte ellenistica, non conoscono più la serenità olimpica; anche se vittoriosi ed onnipotenti, sono afflitti da qualche cura. (p. 70)
*L'arte graziosa del secolo XVIII non ha mai esercitato la sua influenza se non sulle piccole costruzioni di villeggiatura e sugli interni. L'origine dello stile ''[[rococò]]'' va probabilmente cercata nel lavoro d'intaglio che, dai mobili, si trasportò negli appartamenti. Non più pilastri, né colonnati, né architravi; ma ghirlande, festoni, conchiglie, una profusione di linee sinuose, avviluppate ed intrecciate, sì che pare che ogni ornamento voglia essere una sorpresa. Con ciò, un senso squisito delle proporzioni ed una prodigiosa esecuzione. (p. 138)
*[[Giovanni Bellini]], che visse circa 86 anni (1430?–1516), ha percorso tante diverse tappe che lo si direbbe una scuola di pittura piuttosto che un pittore. Le sue prime opere sono ancora fine ed aride, prossime al Mantegna, non scevre di durezze e bizzarrie di disegno; le composizioni della sua età matura sono capolavori, cui quasi nulla manca, nemmeno un riflesso della tavolozza di Giorgione, suo allievo, morto sei anni prima di lui. Questo grande artista, maestro di moltissimi allievi, ha percorso durante una laboriosa esistenza tutta la via che conduce dal Mantegna a Tiziano. Una sola cosa gli fece difetto: la dote o il gusto di rappresentare il movimento. (pp. 171-172)