Salomon Reinach: differenze tra le versioni

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→‎Apollo Storia generale delle arti plastiche: evoluzione dell'arte greca: pregiudizi
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*L'Egitto ha posseduto templi molto più ragguardevoli del Partenone di Atene; ma i suoi pesanti edifici non {{NDR|si}} impongono se non per la loro mole; sono decorati senza sobrietà e qualche volta senza buon gusto. La pecca più sensibile del [[tempio egizio]] è d'essere troppo lungo in proporzione della sua altezza, e di avere esternamente troppe muraglie in confronto alle scarse aperture. Sotto un tale aspetto il tempio egizio e la chiesa gotica presentano il più assoluto contrasto: qui, troppi pieni; là, troppi vuoti; l'arte greca e quella del rinascimento hanno saputo trovare il giusto punto intermedio. (pp. 17-18)
*Ciò che v'ha di più ammirabile nel [[Partenone]], è la giustezza delle proporzioni. Il rapporto tra l'altezza dei frontoni e le altre dimensioni del tempio, è stato determinato con tale esattezza che l'insieme non è né troppo leggero né troppo pesante, che le linee si armonizzano per produrre, ad un tempo, l'impressione dell'eleganza e della forza. Non meno sorprendente è la perfezione tecnica della costruzione. I grandi massi di marmo, i tamburi delle colonne sono riuniti ed assodati per via di {{sic|pernii}} e di caviglie di metallo, ma senza cemento, con commettiture così precise quanto quelle del più fine lavoro d'oreficeria. Mai l'arte moderna, che adopra il cemento con tanta profusione, ha potuto rivaleggiare con gli operai d'Ictino<ref>Ictino (V secolo a.C.), architetto dell'antica Grecia, progettista del Partenone.</ref>. (p. 50)
*Un genere di snobismo molto diffuso consiste nello sparlare dell'[[arte greca]] dopo Fidia, come dell'arte italiana dopo Raffaello. La minor pecca di coloro, che in ciò si compiacciono, è di non capir nulla della evoluzione dell'arte. Se l'arte greca si fosse arrestata ai frontoni del Partenone, sarebbe rimasta altrettanto incompleta quanto quella dell'Assiria e dell'Egitto, perché non se ne sarebbe abbracciata tutta la incomparabile grandezza come si fa ora ammirandola, ad un tempo, nei prodotti della sua infanzia, della sua adolescenza e della sua età matura. (p. 70)
*L'arte graziosa del secolo XVIII non ha mai esercitato la sua influenza se non sulle piccole costruzioni di villeggiatura e sugli interni. L'origine dello stile ''[[rococò]]'' va probabilmente cercata nel lavoro d'intaglio che, dai mobili, si trasportò negli appartamenti. Non più pilastri, né colonnati, né architravi; ma ghirlande, festoni, conchiglie, una profusione di linee sinuose, avviluppate ed intrecciate, sì che pare che ogni ornamento voglia essere una sorpresa. Con ciò, un senso squisito delle proporzioni ed una prodigiosa esecuzione. (p. 138)
*[[Giovanni Bellini]], che visse circa 86 anni (1430?–1516), ha percorso tante diverse tappe che lo si direbbe una scuola di pittura piuttosto che un pittore. Le sue prime opere sono ancora fine ed aride, prossime al Mantegna, non scevre di durezze e bizzarrie di disegno; le composizioni della sua età matura sono capolavori, cui quasi nulla manca, nemmeno un riflesso della tavolozza di Giorgione, suo allievo, morto sei anni prima di lui. Questo grande artista, maestro di moltissimi allievi, ha percorso durante una laboriosa esistenza tutta la via che conduce dal Mantegna a Tiziano. Una sola cosa gli fece difetto: la dote o il gusto di rappresentare il movimento. (pp. 171-172)