Salomon Reinach: differenze tra le versioni

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*L'arte graziosa del secolo XVIII non ha mai esercitato la sua influenza se non sulle piccole costruzioni di villeggiatura e sugli interni. L'origine dello stile ''[[rococò]]'' va probabilmente cercata nel lavoro d'intaglio che, dai mobili, si trasportò negli appartamenti. Non più pilastri, né colonnati, né architravi; ma ghirlande, festoni, conchiglie, una profusione di linee sinuose, avviluppate ed intrecciate, sì che pare che ogni ornamento voglia essere una sorpresa. Con ciò, un senso squisito delle proporzioni ed una prodigiosa esecuzione. (p. 138)
*[[Giovanni Bellini]], che visse circa 86 anni (1430?–1516), ha percorso tante diverse tappe che lo si direbbe una scuola di pittura piuttosto che un pittore. Le sue prime opere sono ancora fine ed aride, prossime al Mantegna, non scevre di durezze e bizzarrie di disegno; le composizioni della sua età matura sono capolavori, cui quasi nulla manca, nemmeno un riflesso della tavolozza di Giorgione, suo allievo, morto sei anni prima di lui. Questo grande artista, maestro di moltissimi allievi, ha percorso durante una laboriosa esistenza tutta la via che conduce dal Mantegna a Tiziano. Una sola cosa gli fece difetto: la dote o il gusto di rappresentare il movimento. (pp. 171-172)
*Il grande quadro di Bruges, in cui Van {{sic|de}} Paele figura come donatore<ref>Si riferisce al dipinto ''Madonna del canonico van der Paele'', conservato nel Museo Groeninge di Bruges.</ref>, ci consente di apprezzare la grandezza del genio di Giovanni<ref>Italianizzazione di Jan, nome di van Eyck.</ref> e insieme i limiti tracciatigli dalla natura. Egli non ha alcun sentimento religioso, alcun fervore; la Vergine è brutta, il Bambino Gesù rachitico, il san Giorgio è un contadino con la corazza. Ma [[Jan van Eyck|Giovanni van Eyck]] è il più grande ritrattista di tutti i tempi. Mai occhio più penetrante ha scrutato la forma vivente, mai mano più valente ne ha fissato l'immagine sulla tavola. (p. 219)
*{{NDR|[[Claude Lorrain|Claudio Lorrain]]}} Egli è il maestro incontrastabile di quel genere falso e convenzionale che si chiama il paesaggio italiano, in cui il grande scenario della natura, sapientemente manipolato, serve di sfondo ad una composizione storica o mitologica. I templi, gli alberi e le {{sic|roccie}} di Claudio Lorrain hanno ben poco del reale; i suoi personaggi ne hanno meno ancora; ma ciò che salva i suoi quadri, ciò che procura loro una legittima ammirazione, è il sentimento poetico dello spazio, del cielo, dell'acqua, della luce. (p. 279)
*Nella prima metà del secolo {{NDR|diciannovesimo}}, il maggiore fra gli artisti inglesi è il [[William Turner|Turner]] (1775-1851), pittore innamorato della luce sino all'estasi, un [[Claude Lorrain|Claudio Lorrain]] romantico, febbrile e a volte teatrale, [...]. (p. 322)