Africa: differenze tra le versioni

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*Appena uno stato africano comincia a vacillare, possiamo stare certi che ben presto appariranno i ''warlords''. In Angola, in Sudan, in Somalia, nel Ciad: sono ovunque, spadroneggiano ovunque. Che cosa fa un ''warlord''? In teoria combatte contro altri ''warlords''. Ma non è sempre così. Il più delle volte il signore della guerra depreda la popolazione inerme del proprio paese. Il ''warlord'' è l'esatto contrario di Robin Hood. Robin Hood toglieva ai ricchi per dare ai poveri. Il ''warlord'' toglie ai poveri per arricchirsi e nutrire la sua banda. Ci troviamo in un mondo dove la miseria condanna gli uni a morte e trasforma gli altri in mostri. I primi sono le vittime, i secondi i carnefici. Non ci sono vie di mezzo.
*In Africa molte guerre si svolgono senza testimoni, all'insaputa di tutti, in luoghi apparati e irraggiungibili che il mondo non conosce o ha dimenticato.
*L'Africa, ora buffa, ora minacciosa, ora triste, ora incomprensibile, è sempre stata autentica, irripetibile, se stessa. L'Africa ha un suo stile, un suo clima, una sua individualità che attirano, incatenano, affascinano.
*La prima cosa che colpisce è la luce. Luce dappertutto, forte, intensa. Sole dappertutto. Solo ieri, la Londra autunnale, inondata di pioggia. L'aereo lucido di pioggia. Il vento freddo, l'oscurità. Qui, di primo mattino, l'aeroporto inondato di sole e noi tutti immersi nel sole. In passato, quando gli uomini giravano il mondo a piedi, a cavallo o per nave, il viaggio dava loro il tempo di abituarsi al cambiamento. Le immagini della terra scorrevano con lentezza, la scena del mondo si spostava un po' alla volta. Un viaggio durava settimane, mesi. L'uomo aveva il tempo di abituarsi al nuovo ambiente, al nuovo paesaggio. Anche il clima mutava gradualmente, a tappe successive. Prima di raggiungere la fornace equatoriale, il viaggiatore proveniente dalla gelida Europa aveva già attraversato il grato tepore di Las Palmas, la canicola di El-Mahara e l'inferno di Capo Verde.
*Ora che si è risvegliata, l'Africa ha bisogno di grandi nomi. Come simbolo, come collante, come ricompensa. Per secoli la storia di questo continente è rimasta anonima. Nello spazio di trecento anni i mercanti hanno deportato milioni di schiavi: chi può citare il nome di una sola vittima? Per secoli si è combattuto contro l'invasione bianca: chi può citare il nome di un solo combattente? Quali nomi evocano le sofferenze delle generazioni nere, quali nomi commemorano il coraggio delle tribù massacrate? L'Asia ha avuto Confucio e Buddha, l'Europa Shakespeare e Napoleone. Dal passato africano non emerge un solo nome che il mondo conosce, che l'Africa stessa conosca.<br/>Ed ecco che ora, quasi ogni anno, la grande marcia africana, come per rimediare a un irrecuperabile ritardo, scrive nella storia un nuovo nome: 1956, [[Gamal Abd el-Nasser|Gamel Nasser]]; 1957, [[Kwame Nkrumah]]; 1958, [[Ahmed Sékou Touré|Sékou Touré]]; 1960, [[Patrice Lumumba]].