Jean Paul: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Il [[fiume]]}} [...] questo lungo orologio ad acqua del tempo, che se ne serve per misurare i millenni... (p. 14)
*Nel profondo dell'uomo esiste un nucleo irriducibile, che il dolore può stordire, ma non sconfiggere. È grazie a questo che l'uomo resiste a una vita in cui il migliore dona soltanto foglie anziché frutti, è grazie a questo che riesce a vegliare con fermezza nelle notti di questa sfera occidentale in cui gli esseri amati abbandonano il cuore che li ama e si perdono verso una vita remota, lasciando in questa soltanto l'eco del ricordo, così come i cigni, uccelli migratori, volano in una musica di violini attraverso le nere notti dell'Islanda... (p. 19)
*L'infanzia, e i suoi terrori ancor più delle sue gioie riprendono ali e luce nel [[sogno]], e vibrano come lucciole nella piccola notte dell'anima. ( p. 30)
*La luna era alta nel cielo, luminosa come un sole, e l'orizzonte era indorato dalle stelle – e in tutto il cielo senza nubi si ergeva sola, a oriente la cupa colonna del [[Vesuvio]]. Nel cuore della notte, dopo le due, attraversammo da un capo all'altro la [[Napoli|città]] meravigliosa, in cui continuava a fiorire la vita del giorno. Gente allegra popolava le strade – i balconi si scambiavano canzoni – sui tetti spuntavano fiori, alberi tra i lampioni, e le campanelle delle ore prolungavano il giorno, e la luna sembrava riscaldare. Solo di tanto in tanto ci imbattevamo lungo i colonnati, in qualcuno intento alla sua siesta. (pp. 36-37)
*Io passeggiavo solitario; per me non c'era notte, né casa. Il mare dormiva, la terra pareva desta. Nel fuggevole chiarore (la luna calava già verso [[Posillipo]]) contemplavo quella divina città di frontiera del mondo delle acque, quella montagna di palazzi che s'inerpicava, fin dove l'alto [[Castel sant'Elmo|castello di Sant'Elmo]] occhieggiava bianco tra il verde del fogliame. La terra cingeva il bel mare; sul braccio destro, il Posillipo, portava fiorenti vigneti fin dentro le onde, mentre col sinistro reggeva città e racchiudeva le onde e le navi del mare e se le stringeva al petto. Sull'orizzonte la puntuta [[Capri]] giaceva nell'acqua come una sfinge e sorvegliava la porta del [[Golfo di Napoli|golfo]]. Dietro la città il vulcano fumava nell'etere, sprizzando a tratti scintille tra le stelle. (p. 37)
*Ancor prima che avessimo compiuto il periplo del promontorio di Posillipo, il cratere del Vesuvio eruttò lentamente nel cielo un figlio ardente, il sole, e mare e terra si infiammarono. L'anfiteatro di Napoli coi palazzi color dell'aurora, la sua [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del mercato]] fatta di vele pallide, il brulichio delle sue fattorie sulle pendici dei monti e sulla riva e il suo trono verdeggiante di Sant'Elmo, si drizzò fieramente tra due montagne, davanti al mare. (p. 38)
*Quell<nowiki>'</nowiki>''Espero'', [[stella]] del mattino levata sull'aurora della mia vita, tu lo vedrai ancora quando la mia giornata terrena sarà passata; sarà allora una ''stella della sera'' per uomini pacifici... poi a sua volta scomparirà dietro la collina. (p. 75)