Morte: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Riga 288:
*La maggior parte di noi ha probabilmente visto la propria morte, ma non sapeva come far affiorare questa visione. Forse, quando moriremo, la prima cosa che diremo sarà: «Questa sensazione la conosco. Qui ci sono già stato».
*La questione del morire si fa saggio strumento di memoria. Ci guarisce della nostra innocenza nei confronti del futuro. Le cose semplici sono fatali, o è una superstizione?
*I tibetani cercano di vedere la morte per ciò che essa è. Ovvero la fine dell'attaccamento alle cose. Una verità semplice ma difficile da capire. Tuttavia, una volta che si sia smesso di negare la morte, si può procedere tranquillamente a morire e poi ad affrontare l'esperienza della rinascita uterina, o l'aldilà giudaico-cristiano, o l'esperienza extracorporea, o un viaggio su un Ufo, o come che lo si voglia chiamare. E possiamo farlo con chiarezza di visione, senza timore riverenziale o terrore. Non dobbiamo aggrapparci artificialmente alla vita, e neanche alla morte. Non si fa altro che procedere verso le porte scorrevoli. Onde e radiazioni. Guarda come è tutto ben illuminato. Questo posto è sigillato, conchiuso in sé. E senza tempo. Un' altro motivo per cui penso al Tibet. Morire, in Tibet è un arte. Arriva un sacerdote, si siede, dice ai parenti in lacrime di andarsene e fa sigillare la stanza. Porte e finestre, tutte sigillate. Ha cose serie da fare. Salmodie, numerologia, oroscopi, recitazioni.
*Nelle città nessuno più nota la specificità del morire. Il morire è una componente dell'aria. Si trova ovunque e in nessun luogo. Morendo gli uomini gridano, per farsi notare, per farsi ricordare per un paio di secondi. Morire in un appartamento di città può deprimere l'anima, penso, per diverse vite a venire. Nelle cittadine di provincia invece ci sono le villette, le piante nei bovindi. La gente nota di più la morte. I morti hanno volti, automobili. Se non si sa un nome, si sa però quello di una strada, di un cane. «Aveva una Mazda arancione». Di una persona si sanno un paio di cose inutili che diventano importanti elementi di identificazione e collocazione cosmica, nel caso in cui essa muoia all'improvviso, dopo una breve malattia, nel proprio letto, con trapunta e cuscini rivestiti uguali, in un mercoledì pomeriggio piovoso, febbricitante, un po' congestionata nei seni nasali e al petto, pensando alla lavatura a secco.