Bernardo Valli: differenze tra le versioni

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*George W. Bush, come Ariel Sharon, rifiutava di parlare con Arafat. Lo riteneva responsabile del terrorismo e non lo considerava un interlocutore valido. La scomparsa del raìs dalla scena politica e la simultanea supposta disponibilità di Bush potrebbero consentire una ripresa non solo del dialogo ma anche di veri negoziati. L'ostacolo del logoro, tenace Arafat è caduto. E i dirigenti che dovrebbero succedergli sono più che disponibili.
*Se Ariel Sharon persiste nel rifiutare al raìs una tomba a Gerusalemme, nella moschea di Al Aqsa, dove lui voleva essere sepolto, ci potrebbe essere la prima fiammata del dopo Arafat.
 
{{Int|1=Da [http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/esteri/myanmar-editoriale/myanmar-editoriale/myanmar-editoriale.html?ref=search ''Dalle fiamme del Vietnam a Rangoon. Quando il buddismo diventa rivolta'']|2=''la Repubblica'', 25 settembre 2007}}
*Il Buddismo conta da tempo numerosi fedeli in Occidente, ed è in netta espansione sia in Europa sia in America. Ma per il grande pubblico è spesso ancora una religione esotica che adora un saggio in meditazione, e, a volte, degli dei con tante braccia, in pagode con gli angoli dei tetti rialzati e dei guardiani severi. I più avveduti lo considerano una filosofia di rinuncia al mondo, o di serenità in un mondo senza dei. Rari, nel grande pubblico, nonostante la sua grande e rapida diffusione, non solo tra i giovani, sono coloro che considerano il Buddismo quel che esso via via è: vale a dire una regola di vita e un metodo di condotta del pensiero, una filosofia, un culto devoto, un rito, una gnosi di grande libertà, direi senza confini. C'è chi dice licenziosa. Ed è ancora di più.
*Il Viet Nam non era un paese buddista. I buddisti erano pochi. I colonizzatori francesi avevano diviso sbrigativamente per l'anagrafe la popolazione in buddisti e cattolici. In realtà la maggioranza era dedita al culto degli antenati, ispirato dal confucianesimo. Ma le grandi ricorrenze erano celebrate nelle pagode, tenute dai monaci buddisti. La cui forte influenza si opponeva a quella del potente clero cattolico, irrobustitosi all'ombra del colonialismo ma percorso da un autentico nazionalismo. Un nazionalismo che si scontrava a quello comunista di Ho Chi Minh.
*Al potere c'era il cattolico [[Ngô Đình Diệm|Diem]], un nazionalista autoritario, che reprimeva gli oppositori, dedicando una particolare attenzione alle pagode, ritenute centri di sovversione, infiltrati dai comunisti. In realtà i monaci erano dei pacifisti, ma il loro pacifismo si scontrava con il clero cattolico, in gran parte fuggito dal Nord comunista e quindi ansioso di ottenere una rivincita.
*Il [[Tibet]] è il teatro della grande tragedia buddista. [...] Insieme alle condizioni di vita, certamente migliorate sul piano economico, dopo anni di privazioni e di umiliazioni, il Tibet ha cambiato faccia. Non è più il paese che era prima di diventare una provincia autonoma cinese. Il buddismo ha perduto quella che considerava la sua patria. I Lama, come tutti gli altri tibetani rifugiatisi in India o in altri paesi, hanno potuto conservare le loro convinzioni, ma nel nuovo ambiente stentano a mettere le radici. Per i tibetani è crollata una struttura secolare. Per i buddisti in generale è stato come smarrire un punto di riferimento.
 
{{Int|1=Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/12/29/la-polveriera-pakistan.html?ref=search ''La polveriera di Pakistan'']|2=''la Repubblica'', 29 dicembre 2007}}
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*Le sanzioni hanno colpito il Servizio di intelligence siriano e le unità paramilitari iraniane (le Guardie della rivoluzione) che avrebbero fornito gas lacrimogeni ed altri strumenti utili nella repressione alle autorità di Damasco.<br>Gli Stati Uniti e gli europei non esigono tuttavia le dimissioni del presidente Bashar el-Assad, per non turbare i difficili equilibri mediorientali. E ancor meno hanno pensato a un intervento militare. Gheddafi è invece isolato. A parte il petrolio, in larga parte in mano agli insorti di Bengasi, ha poche carte da giocare nella società internazionale.
 
{{Int|1=Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/08/24/come-nascono-i-jihadisti27.html?ref=search ''Come nascono i jihadisti'']|2=''la Repubblica'', 24 agosto 2014 }}
*Il caso del presidente siriano, Bashir el-Assad, è esemplare. Dall'inizio dell'insurrezione, nel 2013, l'apparato militare del regime di Damasco ha concentrato gli attacchi sulle zone del paese favorevoli alla ribellione e sui gruppi armati dell'opposizione liberale o islamista, risparmiando lo Stato islamico nel suo feudo di Rakka (nel Nord-Est siriano). Il riguardo ha suscitato il forte sospetto che quel movimento jihadista fosse un mostruoso strumento del "laico" Assad. La complicità appariva a molti evidente, anche se non provata.
*Al Qaeda è la madre di tutti gli jihadismi, anche se adesso molti movimenti, come lo Stato islamico, l'hanno superata nel fanatismo, nella ferocia ed anche nella capacità di raccogliere consensi e occupare territorio. L'Al Qaeda delle origini è invecchiata e non esercita più l'autorità di un tempo, sebbene siano in tanti a servirsi abusivamente del suo nome. Sia pure con altri protagonisti, la sua storia assomiglia in alcuni tratti a quella del califfato di el Baghdadi.