Francesco Petrarca: differenze tra le versioni

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→‎Citazioni di Francesco Petrarca: copio da Libro, inserita con speciale:diff/52491; questa versione si trova in molti siti attribuita a Pessoa; Google Libri trova come risultato piú antico Olschki che ragionevolmente può essere il traduttore, le pagine piú antiche che la riprendono sembrano essere del 2001 https://www.libriantichionline.com/bibliofilia/francesco_petrarca_e_la_pre_bibliomania_tardomedievale
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*{{NDR|I [[libri]]}} Ora questi, ora quelli io interrogo, ed essi mi rispondono, e per me cantano e parlano; e chi mi svela i segreti della natura, chi mi dà ottimi consigli per la vita e per la morte, chi narra le sue e le altrui chiare imprese, richiamandomi alla mente le antiche età. E v'è chi con festose parole allontana da me la tristezza e scherzando riconduce il riso sulle mie labbra; altri m'insegnano a sopportar tutto, a non desiderar nulla, a conoscer me stesso, maestri di pace, di guerra, d'agricoltura, d'eloquenza, di navigazione; essi mi sollevano quando sono abbattuto dalla sventura, mi frenano quando insuperbisco nella felicità, e mi ricordano che tutto ha un fine, che i giorni corron veloci e che la vita fugge. E di tanti doni, piccolo è il premio che mi chiedono: di aver libero accesso alla mia casa e di viver con me, dacché la nemica fortuna ha lasciato loro nel mondo rari rifugi e pochi e pavidi amici. (da ''Rime, trionfi, e poesie latine'', a cura di Ferdinando Neri, Ricciardi, 1951)
*{{NDR|[[Napoli]]}}, per molti rispetti eccellente, ha questo oscuro e vergognoso e inveterato malanno, che il girar di notte vi è non meno pauroso e pericoloso che tra folti boschi, essendo le vie percorse da nobili giovani armati, la cui sfrenatezza né la paterna educazione né l'autorità dei magistrati né la maestà e gli ordini del re seppero mai contenere. (da ''Familiarum rerum libri''; in Francesco Petrarca, ''Opere'', vol. I, Sansoni, 1990)
*Non riesco a saziarmi di libri. E sì che ne posseggo un numero superiore al necessario; ma succede anche coi libri come con le altre cose: la fortuna nel cercarli è sprone a una maggiore avidità di possederne. L'oro, l'argento, i gioielli recano con sé un godimento inerte e superficiale; i libri ci danno un diletto che va in profondità, discorrono con noi, ci consigliano e si legano a noi con una sorta di famigliarità attiva e penetrante. (dalla [http://www.cassiciaco.it/navigazione/scriptorium/testi%20medioevo/petrarca/familiares/lettera_III_18.html lettera III, 18 a Giovanni Anchiseo]; citato in L. S. Olschki, ''La Bibliofilia'', 1970)
**Libris satiari nequeo. Et habeo plures forte quam oportet; sed sicut in ceteris rebus, sic et in libris accidit: querendi successus avaritie calcar est. uinimo, singulare quiddam in libris est: aurum, argentum, gemme, purpurea vestis, marmorea domus, cultus ager, picte tabule, phaleratus sonipes, ceteraque id genus, mutam habent et superficiariam voluptatem; libri medullitus delectant, colloquuntur, consulunt et viva quadam nobis atque arguta familiaritate iunguntur, neque solum se se lectoribus quisque suis insinuat, sed et aliorum nomen ingerit et alter alterius desiderium facit.
*Piacciavi richiamare alla memoria quel tempo in cui felicissimi voi {{NDR|[[Genova|genovesi]]}} eravate tra tutti i popoli dell'Italia. Ero allora io fanciullo, e le cose vedute, quasi che sognate le avessi, confusamente rammento: ma viva sempre al pensiero ho la memoria dell'incantevole aspetto che di sè porgeva a levante e a ponente la vostra riviera, bella così da parere meglio celeste che non terrena dimora, simile a quella che la fantasia de' poeti dètte nei campi Elisi stanza ai beati, fra colli ameni, e deliziosi sentieri aperti nel seno delle verdeggianti convalli. Stupende a riguardarsi nell'alto torreggiavan le moli di superbi [[Palazzi dei Rolli|palagi]]: sorgevano a piè delle rupi le mermoree magioni de' vostri cittadini splendide al pari delle più splendide reggie, e a qualsivoglia città nobilissima invidiabil decoro: mentre vincitrice della natura l'arte vestiva gli sterili gioghi de' vostri monti di cedri, di viti, di olivi, spiegando all'occhio la pompa di una perpetua verdura. Aperti con ammirando artificio fra le rupi e gli scogli fermavan lo sguardo del navigante vaghissimi spechi, che sorretti da travi dorate echeggiavano al suono de' flutti, i quali spumeggiando si rompevano in sull'ingresso, e dentro ne spruzzavano le muscose pareti: ed ammirato il nocchiero alla novità dello spettacolo lasciavasi cadere il remo dalle mani, e fermava per meraviglia la barca a mezzo il corso. Che se per terra cammin facendo alcun traversasse le popolose vostre contrade, di quale stupore non lo colpivano le sontuosissime vesti, e la maestosa persona dei vostri cittadini, e delle vostre matrone, o il vedere nel mezzo de' boschi e delle remote campagne lusso e delizie da disgradarne le urbane magnificenze? Che se dentro le mura della vostra città finalmente ponesse il piede, in una città di re, siccome di Roma fu scritto, ed in un tempio sacro alla felicità e all'allegrezza d'essere entrato ei s'avvisava.<ref>Da una lettera al Doge e Consiglio di Genova del 1º novembre 1352, in ''Lettere di Francesco Petrarca'', libro XIV, lettera V, Le Monnier, Firenze, 1865, pp. 320-321</ref>
*Quegli cui non è castigo sufficiente una [[moglie]], è degno di averne parecchie.<ref>Da ''De remediis utriusque fortune''; citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''L'ape latina'', Hoepli, 1987.</ref>