Anna Franchi: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*E ridendo si ricorda il [[Angiolo Tricca|Tricca]]. Questi, ritrattista fine, un po' ricercato ma accuratissimo, e più di tutto caricaturista sommo, era l'anima del Caffè {{NDR|Michelangiolo di Firenze}}<ref>Tradizionale luogo di ritrovo degli artisti toscani, in particolare dei ''macchiaioli''.</ref>. Inventava ogni giorno una burla, ogni ora un motto salace, ogni poco una nuova caricatura. Giunse a farla a sé stesso e così bella che, fra tutte quelle fatte nell'epoca del Caffè, è conservata come una delle migliori. La satira era parte della sua mente, del sangue suo, non parlava se non ''prendeva in giro'' qualcuno. Le debolezze del prossimo non gli sfuggivano mai, ed era tanto il bisogno di canzonar la gente, che perfino al canuccio spelacchiato che sempre lo seguiva, faceva ''prendere il cappello'' – così ricorda il Signorini<ref>Telemaco Signorini (1835-1901), pittore e incisore italiano. Fece parte del gruppo dei ''macchiaioli''.</ref>. Non uno sfuggiva alla sua satira; suo figlio, la sua domestica, suo fratello al quale fece una delle sue più belle caricature.<br>Organizzava le burle con la pazienza del ragno allorché adocchia la mosca, e non retrocedeva nemmeno se sapeva di crearsi un nemico. (I macchiaioli, parte 2, p. 37)
*[...] il [[Telemaco Signorini|Signorini]] fu poeta quanto pittore, anzi direi che fu il pittore poeta od il poeta pittore, che in lui l'arte e la poesia eran fuse in un unico sentimento: rendere in un qualsiasi modo quel bisogno irresistibile dell'anima di raccontare al mondo le sensazioni buone o dolorose.<br>Era figlio dell'arte, suo padre era pittore, un suo fratello, morto giovane, lo era pure; [...].<br> Però Telemaco Signorini, non aveva per la pittura quella passione sfrenata che quasi come un obbligo, vogliamo ritrovare in tutti coloro che sono riusciti ad alzare la testa un po' al di sopra della moltitudine; egli fece il pittore per contentare il padre, che amava molto, ma forse la letteratura lo attirava, ed anche lo attirava il bisogno di correre pel mondo, vago di spaziare lo sguardo su nuovi orizzonti. (I macchiaioli, parte 2, pp. 43-44)
*Però, il Signorini, non era il vero ribelle, che si lascia trascinare da un irresistibile entusiasmo; egli era logico e ragionava; infatti lo vediamo trasformarsi continuamente, e in tutti i suoi quadri si potrebbe ritrovare quell'acuto esame critico, che era un bisogno dell'anima sua e che qualche volta distruggeva l'efficacia dell'effetto. (I macchiaioli, parte 2, p. 45)
*[...] il [[Giovanni Fattori|Fattori]] da solo, senza maestri, seppe formarsi, tanto da poter comprendere poi l'importanza del rinnovamento pittorico, anzi forse più facilmente lo comprese per questa assoluta mancanza di studi. Aveva l'intelletto vergine, nessuna regola opprimente aveva confuso la sua idealità, la sua spontaneità. Soltanto nel 1861 il Costa<ref>Giovanni Costa, detto Nino (1826-1903), pittore, militare e politico italiano.</ref>, venuto da Roma e frequentando il {{NDR|Caffè}} Michelangiolo, meravigliato della sua non comune disposizione, lo guidò per poco, lo mise su una buona via; e con quei pochi consigli, una grande attività, ed una naturale tendenza s'incamminò per la via che lo condusse alla gloria. (I macchiaioli, parte 2, p. 61)
*Forte paesista, {{NDR|Giovanni Fattori}} ha delle freschezze rugiadose, dei riflessi vividi stupendi, ma pure, perché il suo ingegno robusto emerga altamente, egli ha bisogno di concetti più virili. La poesia di una vallata verdeggiante, oppure dorata da un pulviscolo luminoso, la sente, ma non vi si può attardare; invece intuisce e fa intuire le fatiche di una marcia forzata, le dolcezze di un riposo. (I macchiaioli, parte 2, p. 64)