Matteo Marangoni: differenze tra le versioni

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*Un altro poeta, il [[Gabriele D'Annunzio|D'Annunzio]], ha intuito l'essenza artistica della [[Gioconda]] facendo parlare l'artista stesso: «Dell'infinito feci i miei sorrisi». È bellissimo! È la più giusta e intelligente interpretazione dell'arte di Leonardo. Di cosa è fatto il fascino di questa e delle altre sue figure se non, infatti, di indefinito? (p. 126)
*Per raggiungere la poesia dell'indefinito [[Leonardo da Vinci|Leonardo]] ha capito che la ''forma'' doveva cedere il posto alla ''luce'', e che il chiaroscuro doveva quindi trasformarsi in un nuovo elemento d'espressione più sottile e incorporeo: questo fu lo ''sfumato''; elemento ben diverso dal ''chiaroscuro'', usato sino allora, e che aveva, al contrario, l'ufficio di rendere il senso plastico e definito delle cose. (p. 126)
*{{NDR|Commentando il ''Ritratto della figliastra'' di [[Giovanni Fattori]]}} Persino un soggetto banale come quest'altra popolana dalle fattezze grossolane può ispirare un artista quando egli la veda sotto la specie di «carattere» e di colore; come è accaduto al Fattori in questo che è tra i più forti suoi ritratti.<br>Guardate come l'artista si è innamorato di questo volto pulsante di vitalità animale sotto l'epidermide tesa; e come lo hanno sedotto quei neri brutali dei capelli, delle pupille, del nastro, che emergono così crudi dalla tortuosa colata lattea delle trine sgualcite. (pp. 136-140)
*Ricordate come un Vermeer, nonostante la sua amorosa cura dei particolari, riuscisse col mezzo della luce a darci dei capolavori di unità stilistica, [...]. (p. 148)
*Oltre il Dolci<ref>Carlo Dolci (1616 – 1686), pittore italiano.</ref>, e, qualche volta, il Perugino – il primo che vorrebbe fare il verso al Correggio, il secondo a Leonardo e a Raffaello – un altro dei grandi amori del pubblico è l'insipido [[Bernardino Luini|Luini]], delizia delle anime candide educate sulle pie immagini oleografiche; anch'egli nutrito di morbidi sentimentalismi; il quale di Leonardo non ha preso che i rifiuti (Quante proteste mi par di sentire! Povero me: come farò mai ad aprir gli occhi a tanti illusi?). (pp. 155-156)