L'inferno di Dante: differenze tra le versioni

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*Il peccato di chi si abbrutisce al servizio del proprio apparato digerente, gorgogliando di delizia, gli appare, appunto, non maggiore di altri, ma più repellente e umiliante di qualsiasi. Chissà se oggi non caccerebbe sotto quel diluvio di fanghiglia, per depravazione simmetrica, anche quelli che, golosi di sé, praticano il tetro ascetismo delle diete integrali.<ref>Ibid., p. 85</ref>
 
==[[s:Divina Commedia/Inferno/Canto VII|Canto VII]]==
 
*(...) le parole sono tre: "pape" o "papé", "Satan" e "aleppe". E per "Satan" non dovrebbero esserci problemi. "Pape (alla latina, o "papé" alla greca) potrebbe essere l'interiezione di stupore e stizza, attestata dai comici antichi, che sta più o meno per l'"ohibò" dei nostri nonni (oggi pratichiamo interiezioni un po' più genitali).<ref>Ibid., p. 98</ref>
 
*Ma se, come fa qui, il poema mette in rima parole che hanno funzioni completamente diverse, come "urli" (sostantivo), "pùr li (gruppo avverbiale) e "burli" (verbo), oppure "giosta", "dimostra" e "nostra", la rima turba le simmetrie, e il discorso poetico non si assesta nel verso ma, per così dire, ritola giù di verso in verso incespicando nella rima e accelerando a scatti. Strano effetto dinamico, che si percepisce anche se non si nota.<ref>Ibid., p. 100</ref>
 
*E se l'Ottocento diffidò di questo canto, dove trovava «il descrittivo» ma non «il drammatico»