L'inferno di Dante: differenze tra le versioni
saggio di Vittorio Sermonti
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inizio. Canto I |
(Nessuna differenza)
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Versione delle 10:43, 21 set 2018
L'inferno di Dante è un saggio scritto da Vittorio Sermonti e pubblicato da Rizzoli nel 1988. Con la supervisione di Gianfranco Contini, l'opera si presenta sia come riproposizione della Prima Cantica dantesca (versione critica completa), che come analisi e commento della stessa.
Canto I
- La candida pretesa di leggere questo libro come si legge un'antologia di emozioni liriche, di leggerlo, diciamo così, col cuore (e se non si capisce subito, pazienza), è forse una pretesa un po' gretta: anche il cuore, infatti, ha i suoi pregiudizi e una saccenteria[1]
- Selva così amara, che la morte non è molto più amara. Quale morte? La morte eterna dell'anima, cui approda un lungo bighellonaggio nel peccato? o anche la morte corporale, che Dante aveva avuto circostanziati motivi per temere negli anni intercorsi fra la data del viaggio oltremondano e il giorno in cui scrisse questi versi? Diciamo pure: la morte (che non è dir poco).[2]
- In Francia, ai passaggi a livello di campagna, un cartello ammonisce: «Attention! Un train peut en cacher un autre». Le allegorie non sono meno pericolose dei treni. Raccomandiamoci la massima prudenza specie all'inizio di una viaggio interminabile. Cerchiamo di stare ai fatti.[3]
- Perdonate la miseria delle parafrasi e la farraginosa carenza delle chiose, Ma per tentare di orientarsi nel labirinto di questi versi - insieme proverbiali ed arcani - forse non c'è che leggere sino alla fine il gran libro, il libro-mondo al quale preludono.[4]