Gore Vidal: differenze tra le versioni

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*Se una cosa non mi piace lo dico a mia madre. Può interessare al massimo a lei. (dal programma televisivo ''Che tempo che fa'', puntata del 7 gennaio 2007)
*Uno [[scrittore]] non si contenta di avere successo. Per essere realmente in pace con se stesso ha bisogno dell'insuccesso altrui. (citato in ''Corriere della sera'', 5 novembre 2009)
 
==''Giuliano''==
*[[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]], in Europa, è sempre stato una specie di eroe della resistenza. Il suo tentativo di fermare il cammino del cristianesimo e di ridar vita all'[[ellenismo]] esercita ancora un certo fascino romantico e la sua figura si affaccia dove meno ci si aspetta, specie nel rinascimento e nel secolo decimonono. (Nota dell'autore, p. 6)
*Vado raramente in città, se non per far lezione, ogni tanto, perché la gente, anche se è la mia gente, m'infastidisce: troppo chiasso, liti continue, gioco d'azzardo, sensualità. Sono tutti inguaribilmente frivoli. La luce artificiale fa della notte giorno, e tutti gli uomini usano depilatori, sicché è difficile distinguerli dalle donne... e pensare che una volta ho fatto l'elogio di questa città! Ma bisogna essere tolleranti, immagino, ricordando che i cittadini d'[[Antiochia]] sono vittime di un clima afoso, che deprime, della vicinanza dell'Asia e, naturalmente, della perniciosa dottrina cristiana, secondo la quale una spruzzatina d'acqua (e una piccola offerta) lavano via il peccato una, cento, mille volte. ('''Libanio''', p. 11)
*Poco tempo fa, uno studente (cristiano, come no?) mi ha consigliato, con molto garbo, di imparare il [[latino]]. A me, Libanio! Alla mia età e dopo una vita intera dedicata al [[Lingua greca|greco]]! Gli ho risposto che, non essendo un avvocato, non avevo bisogno di leggere niente in quella brutta lingua, che ha prodotto un solo poema, una desolante parafrasi del nostro grande Omero. ('''Libanio''', p. 13)
*[[Teodosio I|Teodosio]] è un politico militare, affascinato dai vescovi. ('''Prisco''', p. 15)
*Nulla al mondo eguaglia in ferocia un vescovo a caccia di "eresie", come i cristiani chiamano le opinioni diverse dalle loro. E sono particolarmente sicuri di sé, su un argomento che ignorano completamente, come tutto il resto dell'umanità. Intendo la morte. ('''Prisco''', p. 15)
*Teodosio non ha conosciuto quasi nessuno del nostro ambiente perché viene dalla Spagna, un paese che non brilla per eccessiva cultura. Inoltre, appartiene a una famiglia di militari e non risulta che abbia mai studiato filosofia. Al di fuori dalla politica, la cosa che l'interessa di più è allevar pecore. ('''Libanio''', p. 18)
*Ormai per tradizione gli imperatori che dan retta ai vescovi coprono d'insulti la civiltà che li ha creati. Sono incoerenti, ma la logica non è mai stata un punto di forza della fede cristiana. Il paradosso sta nella collusione tra i nostri principi e i vescovi. Gli imperatori si vantano di essere i primi magistrati dell'impero romano, e di esercitare il loro potere per mezzo del senato imperiale, e quantunque in realtà non siamo più romani da un secolo, la ''forma'' è rimasta e, a rigor di logica, dovrebbe impedire a un principe che si fa chiamare augusto, di essere cristiano, se non altro finché nel palazzo del senato di Roma c'è l'Ara della Vittoria. Ma queste illogicità non hanno peso, per la mentalità cristiana; sono poco più d'una nuvoletta in un giorno d'estate. ('''Libanio''', p. 18)
*La follia degli intelligenti è sempre più perniciosa di quella degli idioti. ('''Libanio''', p. 19)
*L'elezione di Giuliano è stata opera della Fortuna, una dea che brilla per la sua assenza, nelle faccende umane. Non possiamo certo sperare di avere un secondo Giuliano, nella vita. E questo è quanto. ('''Prisco''', p. 21)
*Dall'esempio di mio zio, l'imperatore [[Costantino I|Costantino]] detto il Grande, che morì quando avevo sei anni, ho imparato che è pericoloso prendere le parti dei galilei, a qualunque fazione appartengano, perché voglio soffocare e distruggere le cose veramente sante. Non ricordo quasi nulla di Costantino, sebbene un giorno mi abbiano presentato a lui, nel palazzo sacro. Rivedo, vagamente, un gigante molto profumato, che indossava una veste rigida, tempestata di gioielli. Mio fratello Gallo diceva sempre che avevo tentato di strappargli la parrucca. Ma Gallo aveva un umorismo crudele e dubito molto che la storia sia vera. Se avessi veramente tirato la parrucca all'imperatore non mi sarei fatto voler bene, perché era vanitoso come una donna: lo riconoscono perfino i suoi ammiratori galilei. ('''Giuliano''', p. 24)
*Sì, ho cercato di imitare lo stile di [[Marco Aurelio]] nei ''Colloqui con se stesso'' e non ci sono riuscito. Non solo perché mi mancano la sua bontà e la sua purezza, ma perché lui poteva scrivere di cose buone, imparate da una buona famiglia e da buoni amici, e io devo scrivere di cose amare, imparate da una famiglia di assassini in un'eta infetta dalle discordie e dall'intolleranza di una setta che mira solo a distruggere una civiltà nata al suono della lira del cieco Omero. ('''Giuliano''', pp. 25-26)
*Costantino non fu mai un vero galileo, si servì semplicemente dei galilei per estendere il suo dominio sul mondo. Era un soldato di mestiere, di scarsa cultura, che se ne infischiava altamente della filosofia, sebbene, per non so quale gusto perverso, provasse una enorme soddisfazione alle dispute dottrinarie; le folli diatribe dei vescovi lo affascinavano. ('''Giuliano''', p. 26)
*[[Costanzo Cloro|Costanzo]], riconosciamo i suoi meriti, aveva il genio della guerra civile. Sapeva quando colpire, e soprattutto chi colpire. Vinceva sempre. ('''Giuliano''', p. 31)
*Io capii soltanto che Costanzo era un buon cristiano e tuttavia aveva ucciso la sua carne e il suo sangue. Quindi, se poteva essere un buon cristiano e un assassino, c'era qualcosa che non andava nella sua religione. ('''Giuliano''', p. 34)
*Anche un bambino può vedere la discrepanza tra quello che i galilei dicono di credere e quello che effettivamente credono: ci sono le loro azioni a rivelarlo. Una religione di fratellanza e di amore che ogni giorno miete vittime fra quelli che non sono d'accordo con la sua dottrina si può giudicare soltanto ipocrita, se non peggio. ('''Giuliano''', p. 37)
*{{NDR|Sui cristiani}} I loro giorni di splendore sono finiti. Non solo ho proibito che perseguitino gli ellenisti, ho anche proibito che si perseguitino fra loro. E loro mi giudicano insopportabilmente crudele! ('''Giuliano''', p. 49)
*{{NDR|Sugli [[Eunuco|eunuchi]]}} Gli attori e tutti quelli che cercano di imitarli, tiran fuori invariabilmente una vocetta acuta e stridula. È molto raro, invece, che gli eunuchi parlino così. Altrimenti, chi sopporterebbe la loro compagnia? A corte, poi, bisogna avere dei modi particolarmente piacevoli. In realtà, la voce di un eunuco è quella di un bambino, dolce e insicuro, e ridesta il senso materno e paterno di chi l'ascolta. Così, ci disarmano, con molta sottigliezza, perché siamo portati a perdonarli come perdoneremmo a un bambino, dimenticando che hanno un'intelligenza matura e non anormale come il loro corpo. ('''Giuliano''', p. 60)
*La maestà di Costanzo toglieva il respiro. Era la cosa più notevole, in lui: anche i gesti più normali sembravano studiati e provati. Come l'imperatore Augusto, portava dei rialzi nei sandali per sembrare più alto. Era glabro, e aveva gli occhi grandi e malinconici e la bocca sottile e un po' stizzosa di suo padre Costantino. La parte superiore del corpo aveva una muscolatura formidabile, ma le gambe parevano quelle di un nano. Indossava una pesante tunica di porpora, che gli scendeva fino ai piedi; in testa aveva un cerchietto d'argento incrostato di perle. ('''Giuliano''', p. 62)
*Io avevo preparato una quantità di cose da dire a Costanzo, ma lui non mi aveva lasciato aprir bocca. Era strano, ma quasi tutti l'innervosivano. Non sapeva dire due parole in croce, se non parlava dall'alto del trono. Salvo sua moglie Eusebia e il gran ciambellano, non aveva confidenti. Era uno strano tipo. Ora che sono al suo posto lo capisco meglio, anche se continua a non piacermi. La sua diffidenza era aggravata dal fatto che era un po' meno intelligente delle persone con cui doveva trattare. Questo accresceva il suo disagio e lo rendeva inaccessibile sul piano umano. Da studente era stato bocciato in retorica per la sua scarsa prontezza. Più tardi, cominciò a scrivere poesie, mettendo tutti quanti in imbarazzo. Il suo unico esercizio «intellettuale» erano le dispute teologiche. Mi dicono che in queste cose fosse bravissimo, ma qualsiasi ciarlatano di paese può farsi un nome in un sinodo galileo. Basta guardare [[Atanasio di Alessandria|Atanasio]]! ('''Giuliano''', pp. 69-70)
*Fu l'imperatore [[Diocleziano]] a decidere di fatto, se non di nome, dovevamo diventare sovrani asiatici, da mettere in mostra solo in rarissime occasioni, come le effigi dorate degli dei. La scelta di Diocleziano era comprensibile e forse anche inevitabile, poiché nel secolo scorso gli imperatori si eleggevano e si rovesciavano con la massima leggerezza, a capriccio dei militari. Diocleziano pensò che se ci fossimo appartati, se fossimo diventati sacri agli occhi del popolo, trincerandoci dietro un rituale che ispirava timore, sarebbe stato meno facile per l'esercito prenderci sottogamba. Entro un certo limite, questa politica ha dato buoni frutti. Eppure oggi, quando io avanzo a cavallo in pompa magna e leggo il rispetto sul volto dei miei sudditi, un rispetto che non è ispirato da me ma dalla teatralità della manifestazione, mi sento un tremendo impostore e mi vien voglia di gettar via il mio carico d'oro e di gridare: «Volete una statua o un uomo?». ('''Giuliano''', p. 70)
 
==''La statua di sale''==
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==Bibliografia==
*Gore Vidal, ''Giuliano'', traduzione di Ida Omboni, Rizzoli Editore, 1969.
*Gore Vidal, ''La statua di sale'' (''The City and the Pillar'', 1948-1965), traduzione di Alessandra Osti, Fazi Editore, 1998. ISBN 8881120909
*Gore Vidal, ''Myra Breckinridge'', traduzione di Vincenzo Mantovani, Garzanti, 1973.