Bernardo Valli: differenze tra le versioni

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*Morto il [[Mahatma Gandhi]] (assassinato nel '48) nei mesi successivi all'indipendenza, di cui si celebrerà in agosto il cinquantesimo anniversario, [[Jawaharlal Nehru|Jahawarlal]] rappresentò per il mondo il volto nobile dell'India. Un volto elegante, leggermente ironico, distaccato, nei lineamenti e nelle espressioni. Il solo atteggiamento esterno possibile, in un uomo interiormente passionale, che doveva governare con mano di ferro un paese come l'India. Egli rimane una delle rare figure di politico intellettuale riuscito. Amico devoto di Gandhi, non ne seguì ovviamente i princìpi una volta arrivato al potere. Non poteva certo governare il subcontinente secondo la dottrina della non violenza, né puntare sulla sola agricoltura nel secolo dell'industrializzazione. Ma seppe anzitutto dare e conservare la democrazia, sia pure imperfetta, in una terra che oggi conta un miliardo di esseri umani.<ref name="villaindira">Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/02/07/nella-villa-di-indira-una-dinastia-al.html?ref=search ''Nella villa di Indira. Una dinastia al tramonto''], ''la Repubblica'', 7 febbraio 1997.</ref>
*La figlia [[Indira Gandhi|Indira]] non aveva distacco. Affrontava l'India di petto. Nelle campagne elettorali usava lo slogan 'l'India è Indira e Indira è l' India' . Il padre non avrebbe mai detto una cosa simile. Ed è forse con lei, nei suoi ultimi anni di governo, che la famiglia Nehru ha perduto l'aureola.<ref name="villaindira"/>
*Milosevic è una vistosa reliquia del nazionalismo primitivo, quello che, su scala assai più grande, con le sue degenerazioni ideologiche, ha provocato le tragedie del ' 900 europeo. E'È a questo nazionalismo, ricreatosi a pochi minuti di volo dalla nostra costa adriatica, che la Nato ha dichiarato di fatto la guerra. Quasi volesse distruggerlo prima di entrare nel nuovo millennio. E'È roba da lasciare al secolo che se ne va. Fallito il comunismo, anche nella sua eccentrica versione jugoslava, Milosevic si è gettato in quel nazionalismo: e nel giugno ' 89 ha dato solennità alla conversione recandosi nella pianura di Kosovo Polje, ai piedi del monumento alla battaglia del 1389 (da cui cominciò il dominio ottomano, durato quasi mezzo millennio), per annunciare che "mai più i serbi si sarebbero lasciati maltrattare". Con quel gesto e quelle parole Milosevic ha spazzato via tutto quel che Tito aveva fatto per contenere i nazionalismi balcanici. E ha dato il via, in modo più o meno diretto, a una serie di massacri in cui i serbi sono stati carnefici ma anche vittime, e da cui sono sempre usciti sconfitti. Sono stati ripudiati dagli sloveni e dai croati, e molti loro insediamenti secolari sono stati scalzati dalle province di confine bosniache e croate. E adesso il Kosovo. Il nazionalismo serbo assume a tratti una colorazione religiosa e messianica, ereditata dal ruolo nazionale che la Chiesa ortodossa ha avuto nei secoli. Nell'Europa occidentale il territorio della nazione si è sostanzialmente delineato prima che si creassero una lingua e una cultura comune. Al contrario la nazione serba non ha un quadro territoriale di riferimento. Le comunità, non sempre maggioritarie tra cattolici, ebrei e musulmani, si identificavano in rapporto alla Chiesa serba. Era serbo chi era ortodosso. Si sono così creati spazi mistici. Sono nate rivendicazioni territoriali stravaganti, dettate dagli avvenimenti politici del momento e dalle leggende. I poemi nazionali hanno cantato per secoli il Kosovo come "culla del popolo serbo", e così lo è diventato di fatto, e tale è rimasto benché abitato al novanta per cento da albanesi. Crollato il comunismo, Milosevic ha sfruttato quel sentimento, attorno al quale, nei momenti di tensione, si raccolgono anche tanti serbi di solito estranei ad ogni tipo di estremismo. La letteratura serba è generosa in opere in cui si piangono le terre perdute e in cui la nostalgia diventa passione violenta.<ref name="falcobelgrado">Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1999/03/26/il-falco-di-belgrado.html?ref=search ''Il falco di Belgrado''], ''la Repubblica'', 26 marzo 1999.</ref>
*Non è il trionfo, ma è certamente un successo della "giustizia internazionale" il fatto che il governo di Belgrado abbia consegnato Slobodan Milosevic al Tribunale Penale dell'Aja. Mai, prima d'ora, un ex capo di Stato era stato affidato dal governo del proprio Paese a una giurisdizione sopranazionale. Il processo all'ex presidente jugoslavo per crimini (di guerra e contro l'umanità) sarà dunque una prima assoluta nella storia moderna. Ed è senz'altro un avvenimento che segna una svolta nella storia dei Balcani, poiché affidandosi alla giustizia dell'Occidente il governo neodemocratico serbo ne ha sposato ancor più i principi, abbandonando una tradizione nazionalista, fondata su un orgoglio con forti connotati tribali.<ref name="storicoprocesso">Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/06/29/lo-storico-processo-al-tiranno.html?ref=search ''Lo storico processo al tiranno''], ''la Repubblica'', 29 giugno 2001.</ref>
*La scoperta delle fosse comuni alle porte di Belgrado ha cambiato la situazione. Per la prima volta, dopo dieci anni, i serbi hanno constatato con i loro occhi, e quindi hanno dovuto ammettere, che i crimini attribuiti a Milosevic non erano un'invenzione dei nemici della Serbia. Lo stesso governo ha fatto trasmettere alla televisione la riesumazione dei resti di kosovari trasportati e sepolti a Batajnica, un sobborgo della capitale: teschi, tibie, femori, vertebre....; scheletri frantumati di donne, bambini, vecchi; cadaveri con evidenti tracce di sevizie. Durante e dopo la guerra varie organizzazioni umanitarie avevano parlato di convogli colmi di cadaveri arrivati in Serbia. Ma la gente non ci credeva. Tutta propaganda. In quanto alle fosse comuni scoperte in Kosovo non erano poi tanto numerose. Non comunque tali da provare i massacri denunciati dalla Nato. Le nuove immagini, mostrate alla televisione mentre si discuteva dell'estradizione di Milosevic, hanno dissipato i dubbi. Soltanto gli stretti partigiani di Milosevic hanno continuato a negare.<ref name="storicoprocesso"/>