Lionello Venturi: differenze tra le versioni

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*{{NDR|[[Diego Velázquez]]}} Concentrava il suo interesse nell'aspetto fisico delle cose; e la sua arte stava proprio nell'enfasi della volumetricità dei colori, della loro consistenza, evidenza ed essenza vivente.<ref name="multi">Citato in ''Velázquez'', I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 – 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. [http://id.sbn.it/bid/TO01279609 IT\ICCU\TO0\1279609]</ref> (da ''Painting and Painters'', 1945)
 
*Gli smalti meravigliosi del colore, la timidezza e la cura dei particolari festanti, come gemme profuse a piene mani, formano i pregi e segnano l'individualità di [[Carlo Crivelli]], che certo mirò all'arte di Antonio da Negroponte<ref>Pittore italiano di origine greca del XV secolo.</ref>, e più agli scopi della riforma squarcionesca. Si può anzi affermare che egli compie le finalità padovane proprie del ramo che, partito da Squarcione<ref>Francesco Squarcione (1397-1468), pittore e collezionista d'arte italiano.</ref>, per mezzo di Gregorio Schiavone porta l'arte a una riproduzione del vero rivestito di corazze metalliche dai più arditi colori. E con lo Schiavone il Crivelli ha grandi attinenze, sebbene non proprio nelle primissime opere. (da ''Le origini della pittura veneziana 1300-1500'', p. 187)
 
*Il mondo di [[Paul Cézanne|Cézanne]] è ancora ben visuale e sensorio, proprio perché egli ne ha riconosciuto la validità attraverso la lezione impressionista e ancora adesso egli vuole fare dell'Impressionismo "une chose solide et durable comme l'art des musées". Se egli anticipa nella pittura certi fatti che saranno poi, ma con diverso risultato, del gusto cubista, è perché egli vuole raggiungere una sintesi sempre maggiore tra emozione e forma, anzi tra emozione e spazio. Quindi [...] scompagina la rappresentazione prospettica tradizionale, crea delle prospettive diverse, da vari punti di vista, identifica cioè lo spazio con una successione visiva di immagini che, ripercosse nella coscienza, daranno quella identità di spazio e tempo che Bergson, circa gli stessi anni, chiamava "durata reale". Tutto questo accadeva in Cézanne senza naturalmente nessun preconcetto teorico e senza che avesse letto Bergson. Egli compie l'analisi dello spazio secondo il principio della durata per imprimere negli oggetti, veduti da più di un punto di vista, una intensità vitale non prima raggiunta, e cioè, sia pure attraverso un'analisi, giunge ad una sintesi della visione.<ref name="multi2">Citato in Stefania Lapenta, ''Cézanne'', I Classici dell'arte, Rizzoli – Skira, Milano, 2003, pp. 183-188 e frontespizio. ISBN 88-7624-186-8</ref> (da ''Cézanne'', in ''Enciclopedia universale dell'arte'', III, 1958)