Francesco Borromini: differenze tra le versioni

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→‎Citazioni su Francesco Borromini: Diego Angeli: il candore delle pareti e delle volte, tipico del Borromini
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*Ai modi a ai moduli spesso stancati del Manierismo reagì pure il vero genio dell'architettura barocca: il ticinese Francesco Borromini.<br />Egli non possiede la ricca e duttile versatilità né la mondana capacità di organizzazione e di sintesi culturale del [[Gian Lorenzo Bernini|Bernini]]; tuttavia è in lui una genialità più lineare e profonda, più diretta e radicale, come pure la sua religiosità è meno politica e accomodata al mondo, che non quella del Bernini e di molti suoi altolocati contemporanei, ed è più interiormente ardente e consumata. ([[Dino Formaggio]])
*Il grande rivoluzionario dell'architettura, l'artista ricco di pensiero, che in ogni sua opera accumulò con inesauribile vena motivi nuovi e originali, che si inseguono e si accavallano, come le immagini nella poesia del cavalier Marino<ref>Giovan Battista Marino (1569–1625), massimo esponente della poesia barocca in Italia.</ref>, ebbe umilissimi principii: fino a trent'anni fu semplice scalpellino. ([[Antonio Muñoz]])
*In quanto poi al candore delle pareti {{NDR|della rinnovata basilica di San Giovanni in Laterano}} bisogna riflettere che quello fu un canone costante del {{sic|Borromino}}<ref>Leggi Borromini.</ref> e tale lo troviamo nella chiesa di San Carlino<ref>[[Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane|San Carlo alle Quattro Fontane]], chiamata popolarmente ''San Carlino'' per le esigue dimensioni.</ref>, come nell'Oratorio dei Filippini, nella cappella di Propaganda Fide come in Santa Agnese al Circo Agonale che sarebbe rimasta anch'essa bianchissima se i decoratori chiamati a compierla dopo la sua morte non vi avessero aggiunto quelle dorature e quelle colonne di Cottanello<ref>Marmo rosso di Cottanello.</ref> che non erano certo nel suo disegno. Perché il bianco delle pareti e delle cupole fu così caratteristico nell'opera sua, che tutto il settecento ne sarà suggestionato. ([[Diego Angeli]])
*Mentre gli storici dell'arte continuano ad affannarsi intorno a certi maestri del Quattrocento che l'Oblio giustamente aveva fatto cadere nell'ombra, mentre vengono riesumate le opere dei più poveri untorelli del così detto secolo d'oro<ref>Il Cinquecento.</ref>, ci sono figure di purissimi genii, vissuti in altre età, che ci restano quasi ignote. Così Francesco Borromini, il grande rinnovatore dell'architettura del Seicento, il cui influsso da Roma si propagò dapprima rapidamente in tutta Italia, e poi in ogni parte dell'Europa cattolica, è ancora un dimenticato: i più ne parlano con disprezzo, perpetuando il giudizio parziale del Milizia<ref>Francesco Milizia (1725-1798), scrittore d'arte e teorico del [[neoclassicismo]].</ref> e della scuola neoclassica, ma mostrano evidentemente di non conoscerlo; altri invece lo esaltano, ma non lo conoscono in realtà neppur essi. ([[Antonio Muñoz]])
*{{NDR|Il giovane Borromini}} Scontroso, timido, taciturno, i suoi unici compagni erano il marmo, il bulino e il martello. Non si concedeva svaghi e passava tutto il tempo fra cornici e scalini, stipi e balaustre, statue e colonne. ([[Indro Montanelli e Roberto Gervaso]])