Don DeLillo: differenze tra le versioni

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==''Rumore bianco''==
===[[Incipit]]===
*Che divertimento parlare con una donna intelligente, con le calze, quando accavalla le gambe. Il leggero rumore di elettricità statica, prodotto dal nylon che fruscia, sa rendermi felice a diversi livelli. (cap. III; p. 16)
Le station wagon arrivarono a mezzogiorno, lunga fila lucente che attraversò il settore occidentale del campus. In fila indiana girarono con cautela attorno alla scultura metallica in forma di I, color arancio, dirigendosi verso i dormitori. I tetti delle auto erano carichi di valige assicurate con cura, piene di abiti leggeri e pesanti; scatole di coperte, scarponi e scarpe, cancelleria e libri, lenzuola, cuscini, trapunte; tappeti arrotolati e sacchi a pelo; biciclette, sci, zaini, selle inglesi e western, gommoni già gonfiati. A mano a mano che rallentavano fino a mettersi a passo d'uomo e infine fermarsi, saltavano fuori velocissimi gli studenti, che si precipitavano agli sportelli posteriori per cominciare a scaricare gli oggetti sistemati nell'interno: gli stereo, le radio, i personal computer; piccoli frigo e fornellini portatili; scatole di dischi e cassette; asciuga e arricciacapelli; racchette da tennis, palloni da calcio, mazze da hockey e da lacrosse, frecce e archi; sostanze illegali, pillole e strumenti anticoncezionali; junk-food ancora nei sacchetti della spesa: patatine all'aglio e alla cipolla, "nachos", tortini di crema di arachidi, wafer e cracker, cicche alla frutta e popcorn caramellato; gazzose Dum-Dum, mentine Mystic.<br>È uno spettacolo cui assisto ogni settembre da ventun'anni. Un evento infallibilmente superbo. (cap. I; p. 5)
*L'amore ci aiuta a sviluppare un'identità sufficientemente sicura da poter essere affidata alle cure e alla protezione di un'altra persona. (cap. VII; p. 37)
 
===Citazioni===
; Parte prima - Onde e radiazioni
 
*- Continua a comperare quella roba.<br>- Ma non la mangia mai, - fece eco Steffie.<br>- Perché pensa che se continua a comperarla, poi le toccherà mangiarla per liberarsene. È come se cercasse di imbrogliarsi da sola.<br>- Occupa mezza cucina.<br>- Ma la butta sempre via prima di arrivare a mangiarla, perché va a male, - continuò Denise.<br>- Così poi ricomincia tutto da capo.<br>- Ovunque si guardi, - riprese Steffie, - ce n'è un po'.<br>- Si sente in colpa se non la compera, si sente in colpa se la compera e non la mangia, si sente in colpa quando la vede nel frigo, si sente in colpa quando la butta via.<br>- È come se fumasse anche senza farlo, - insistette Steffie.<br>Denise aveva undici anni, ragazza dal muso duro. Portava avanti una contesa più o meno giornaliera contro le abitudini materne che le sembravano sciupone o dannose. Io Babette la difendevo. Le dicevo che ero io quello che doveva mostrare disciplina in materia di [[dieta dimagrante|dieta]]. Le ricordavo quanto mi piacesse così com'era fatta. Facevo intendere che, insita nella [[obesità|voluminosità]], se contenuta nei giusti limiti, c'è una forma di onestà. Una certa mole, negli altri, ispira fiducia.<br>Ma Babette non era contenta dei propri fianchi e delle cosce, per cui camminava a passo rapido e correva su per i gradini dello stadio, alla scuola superiore in stile neoclassico. Diceva che dei suoi [[difetti]] facevo [[virtù]] perché era nella mia natura di mettere le persone amate al riparo dalla verità. Nella quale verità, sosteneva, sarebbe stato in agguato qualcosa. (cap. II; p. 11)
 
*Abbiamo sede nella Centenary Hall, oscura struttura in mattoni che dividiamo con il dipartimento di cultura popolare, ufficialmente nota come Ambienti americani. Curioso gruppo. Il personale docente è composto quasi unicamente di emigré, transfughi da New York, svegli, duri, pazzi del cinema, folli per i «trivia». Sono qui per decifrare il linguaggio naturale della cultura, per trasformare in metodo formale le splendide piacevolezze da loro conosciute nell'infanzia trascorsa all'ombra dell'Europa, un aristotelismo fatto di involucri di chewing-gum e di canzoncine dei detersivi. Il preside del dipartimento è Alfonse «Fast Food» Stompanato, fosco individuo dalle spalle larghe, la cui collezione di bottiglie di gazzosa anteguerra è esposta in permanenza in una nicchia. Tutti i suoi insegnanti sono di sesso maschile, portano abiti stazzonati, hanno bisogno di farsi tagliare i capelli, tossiscono senza mettersi la mano davanti alla bocca. Messi insieme sembrano una banda di camionisti riuniti per identificare il corpo di un collega fatto a pezzi. L'impressione che danno è di diffusa irritazione, sospetto e intrigo. (cap. III; pp. 12-13)
 
*- Capisco la musica, capisco i film, capisco persino come i fumetti possano insegnarci qualcosa. Ma in questo posto ci sono docenti ordinari che non leggono altro che le scatole dei [[cereali per la colazione|cereali]].<br>- È l'unica avanguardia di cui disponiamo. (cap. III; p. 13)
 
*[[Calore]]. Ecco che cosa significano per me le [[metropoli|città grosse]]. Si scende dal treno, si esce dalla stazione e si è presi dalla scalmana. Il calore dell'aria, del traffico, della gente. Il calore del cibo e del sesso. Il calore dei grattacieli. Il calore che esce dalla metropolitana e dalle gallerie. Nelle città grosse ci sono almeno cinque gradi di più. Il calore si leva dai marciapiedi e cala dal cielo inquinato. Gli autobus sbuffano calore. Emana dalle folle di acquirenti e impiegati. Tutta l'infrastruttura si basa sul calore, lo usa disperatamente, ne produce altro. La definitiva morte per calore dell'universo, di cui gli scienziati amano parlare, è già ben avviata a verificarsi: in qualsiasi città di dimensioni grandi o medie si sente ovunque che si sta realizzando. Calore e umidità. (cap. III; pp. 13-14)
 
*C'era qualcosa di commovente nel fatto che Murray vestisse quasi sempre di [[velluto a coste]]. Avevo la sensazione che fin dall'età di undici anni, nel suo popoloso agglomerato di cemento, avesse associato l'idea di quella stoffa resistente con un più elevato livello di cultura, proprio di un posto impossibilmente distante e alberato. (cap. III; p. 14)
 
*Che divertimento parlare con una donna intelligente, con le calze, quando accavalla le [[gambe]]. Il leggero rumore di elettricità statica, prodotto dal nylon che fruscia, sa rendermi felice a diversi livelli. (cap. III; ppp. 1614-15)
 
*Quando i tempi sono incerti, la gente si sente costretta a [[mangiare]] in eccesso. Blacksmith è piena di simili adulti e bambini [[obesi]], pance cascanti, gambe corte, che si muovono come anatre. Faticano a emergere dalle utilitarie, si mettono in tuta e corrono a famiglie intere in campagna; camminano per strada con il cibo dipinto in faccia; mangiano nei negozi, in auto, nei parcheggi, nelle code degli autobus e nelle sale del cinema, sotto la maestosità degli alberi. (cap. IV; p. 18)
 
*La questione del morire si fa saggio strumento di memoria. Ci guarisce della nostra innocenza nei confronti del futuro. Le cose semplici sono fatali, o è una superstizione? (cap. IV; p. 20)
 
*Una sera del genere mi misi a letto accanto a Babette e le dissi come il rettore mi avesse consigliato, ancora nel '68, di fare qualcosa circa il mio nome e il mio aspetto, se volevo essere preso sul serio come innovatore in campo hitleriano. Jack Gladney, aveva detto, non andava bene, chiedendomi quali altri0 nomi potessi avere a disposizione. Avevamo finito con il convenire che dovevo inventarmi un'ulteriore iniziale, chiamandomi J.A.K. Gladney, etichetta che portavo come un vestito preso in prestito. (cap. IV; p. 21)
 
*Quella sera, qualche secondo dopo essere andato a dormire, mi parve di cadere dentro me stesso, un leggero sprofondamento da tuffo al cuore. Svegliato di colpo, fissai lo sguardo nel buio, rendendomi conto di aver sperimentato la più o meno normale contrazione muscolare nota come [[scossa mioclonica]]. È così, dunque: una cosa improvvisa, perentoria? La morte, pensai, non dovrebbe essere invece come l'immersione del cigno, ali bianche, levigato, che lascia la superficie intatta? (cap. V; p. 23)
 
*Mi parve che Babette e io, nella massa e varietà dei nostri [[shopping|acquisti]], nella grassa abbondanza suggerita da quei sacchetti - il peso, le dimensioni e il numero, i disegni familiari delle confezioni e la vivacità dei caratteri, le scatole giganti, i formati famiglia con il contrassegno fosforescente dell'offerta speciale - nonché nella sensazione che provavamo di esserci riempiti di scorte - il senso di benessere, la sicurezza e l'appagamento che quei prodotti apportavano a una sorta di casetta annidata nel nostro intimo -, mi parve, dicevo, che avessimo conseguito una pienezza dell'essere che doveva risultare ignota a coloro che hanno bisogno di meno, si aspettano di meno, incentrano tutta la loro vita su solitarie passeggiate serali. (cap. V; p. 26)
 
*L'attaccatura dei capelli di Heinrich sta cominciando ad arretrare. Mi domando come mai. Che sua madre abbia consumato qualche tipo di sostanza perfora-geni quando era incinta? O forse ho qualche colpa io? Che lo abbia tirato su, involontariamente, in prossimità di uno scarico di sostanze chimiche, nel flusso di correnti d'aria gonfie di residui industriali capaci di produrre una degenerazione del cuoio capelluto, oltre che splendidi tramonti? - Secondo la gente, da queste parti, trenta o quarant'anni fa, i tramonti non erano affatto così straordinari -. La colpevolezza dell'uomo nei confronti della storia e dei flussi del proprio stesso sangue è stata complicata dalla [[tecnologia]], dal diuturno diffondersi della malfida [[morte]]. (cap. VI; p. 28)
 
*- Questa sera [[piove]].<br>- Sta già piovendo, - precisai.<br>- La radio ha detto questa sera.<br>[...]<br>- Guarda il parabrezza, - replicai. - È pioggia o no?<br>- Sto soltanto dicendo quello che ho sentito.<br>- Il semplice fatto che l'abbiano detto alla radio non significa che dobbiamo sospendere il giudizio sull'evidenza dei nostri sensi.<br>- I nostri [[sensi]]? Si sbagliano molto più spesso di quanto abbiano ragione. È stato dimostrato in laboratorio. Non conosci tutti i teoremi secondo i quali nulla è come appare? Non c'è passato, presente o futuro fuori della nostra mente. Le cosiddette leggi del moto sono una grossa mistificazione. Anche il suono può ingannare la mente. Soltanto perché non lo si sente, non significa che non ci sia. I cani lo sentono. E anche altri animali. Ma sono sicuro che ci sono suoni che anche i cani non possono sentire. Tuttavia nell'aria ci sono, in forma di onde. Forse non si fermano mai. In tonalità alte, più alte, sempre più alte. Arrivati da chissà dove.<br>- Piove, - replicai, - o no?<br>- Preferirei non dover rispondere.<br>- E se qualcuno ti puntasse una pistola alla testa?<br>- Chi, tu?<br>- Qualcuno. Un uomo in trench e occhiali affumicati. Ti punta una pistola alla testa e dice: «Piove o no? Non devi fare altro che dire la verità e io metto via la pistola e sparisco».<br>- Che verità vuole? Quella di chi stia viaggiando quasi alla velocità della luce in un'altra galassia? Quella di chi sia nell'orbita di una stella neutrone? Magari, se potessero vederci attraverso un telescopio, potremmo apparirgli alti settanta centimetri e potrebbe star piovendo ieri invece che oggi.<br>- È contro la ''tua'' testa che quell'individuo sta puntando la pistola. Quindi vuole la tua, di verità.<br>- A che cosa serve la mia verità? Non significa niente. E se invece questo tizio con pistola venisse da un pianeta di un sistema solare del tutto diverso? Ciò che noi chiamiamo pioggia, lui lo chiama sapone. E invece ciò che chiamiamo mele lo chiama pioggia. Che cosa dovrei dirgli?<br>- Si chiama Frank J. Smalley ed è di Saint Louis.<br>- Vuole sapere se sta piovendo ''adesso'', esattamente in questo istante?<br>- Qui e adesso. Esatto.<br>- Esiste un adesso? L'«adesso» viene e se ne va non appena lo si è pronunciato. Come faccio a dire che adesso piove, se il tuo cosiddetto «adesso» diventa «allora» non appena lo pronuncio?<br>- Ma se hai detto che non esiste passato, né presente, né futuro.<br>- Soltanto nei nostri verbi. È l'unico posto dove li si trova.<br>- Pioggia è un sostantivo. C'è della pioggia qui, in questo preciso luogo, in qualsiasi momento nell'ambito dei due minuti successivi a quello che sceglierai per rispondere alla domanda?<br>- Se intendi parlare di un luogo preciso, mentre sei in una vettura in evidente movimento, allora penso che il problema di questa discussione stia proprio lì.<br>- Dammi una risposta e basta, Heinrich, d'accordo?<br>- Il massimo che posso fare è cercare di indovinare.<br>- O piove o no, - ribattei.<br>- Esattamente. Proprio quello che intendo io. Si tirerebbe a indovinare. Se non è zuppa è pan bagnato.<br>- Ma lo si "vede" che sta piovendo.<br>- Si vede anche il sole che si muove nel cielo. Ma è lui che si muove, o la terra che gira?<br>- Un'analogia che non accetto.<br>- Tu sei sicurissimo che si tratti di pioggia. Come fai a sapere che non è acido solforico proveniente dalle fabbriche oltre il fiume? Come fai a sapere che non sono i residui radioattivi di una guerra in Cina? Tu vuoi una risposta qui e adesso. Puoi dimostrare, qui e adesso, che quella roba è pioggia? Come faccio a sapere che quella che tu definisci pioggia lo è veramente? E comunque, che cos'''è'' la pioggia?<br>- Quella cosa che cade dal cielo e ci - come si dice - bagna.<br>- Io non sono bagnato. E tu?<br>- D'accordo, - dissi. - Benissimo.<br>- No, davvero: sei bagnato?<br>- Ottimo, - risposi. - Vittoria dell'incertezza, del caso, del caos. L'ora più bella per la scienza.<br>- Fa' il sarcastico.<br>- Sofisti e pignoli si godono il loro trionfo.<br>- Continua, fa' il sarcastico. Non mi importa. (cap. VI; pp. 29-31)
 
*- Che cosa vuoi fare? - chiese Babette.<br>- Quello che vuoi tu.<br>- Io voglio fare quello che preferisci tu.<br>- Quello che preferisco è piacerti, - replicai.<br>- Io voglio farti felice, Jack.<br>- Lo sono quando ti piaccio.<br>- Voglio solo fare quello che vuoi fare tu.<br>- E io quello che preferisci tu.<br>- Ma tu mi piaci quando mi consenti di piacerti, - ribatté lei.<br>- In quanto maschio della coppia, ritengo che piacere sia responsabilità mia.<br>- Non capisco bene se è una dichiarazione di affettuosa sensibilità o un'affermazione sessista.<br>- È sbagliato che il maschio sia sollecito nei confronti della propria compagna?<br>- La tua compagna lo sono quando giochiamo a tennis, cosa che, tra l'altro, dovremmo ricominciare a fare. Altrimenti sono tua moglie. Vuoi che ti legga qualcosa?<br>- Ottima idea.<br>- Lo so che ti piace che legga roba sexy.<br>- Credevo che piacesse anche a te.<br>- Non è fondamentalmente la persona a cui viene letto qualcosa, quella che ne gode il beneficio e la gratificazione? Quando leggo al Vecchio Treadwell, non lo faccio certamente perché quei tabloid li trovo stimolanti.<br>- Treadwell è cieco, io no. Credevo che ti piacesse leggere i brani erotici.<br>- Se ti piacciono, allora ho piacere di farlo.<br>- Ma devono piacere a te, Baba. Altrimenti come dovrei sentirmi?<br>- A me fa piacere che a te piaccia la mia lettura.<br>- Ho la sensazione che ci stiamo palleggiando un peso. Il peso di essere quello che prova piacere. (cap. VII; pp. 35-36)
 
*- E io leggo, - consentì lei. - Ma non voglio niente in cui ci siano uomini che hanno penetrato donne, tra virgolette, o che le stanno [[penetrare|penetrando]]. «La penetrai». «Mi penetrò». Noi donne non siamo degli atri, né degli ascensori. «Lo volevo dentro di me», come se lui potesse entrare completamente, firmare il registro, dormire, mangiare eccetera. D'accordo? Non mi interessa quello che fanno, basta che non penetrino o non siano penetrate. (cap. VII; p. 36)
 
*Babette e io ci diciamo tutto. Personalmente ho sempre detto le cose come stavano, pari pari, a tutte le mie mogli.<br>Naturalmente, con l'accumularsi dei matrimoni, le cose da dire aumentano. (cap. VII; p. 37)
 
*L'[[amore]] ci aiuta a sviluppare un'identità sufficientemente sicura da poter essere affidata alle cure e alla protezione di un'altra persona. (cap. VII; p. 37)
 
*Il [[tedesco]]. Carnoso, distorto, sputacchione, porporino e crudele. (cap. VIII; p. 39)
 
*Dunlop stava seduto sul margine di una sedia dallo schienale diritto e declamava principi generali di grammatica. Quando passava dall'inglese al [[tedesco]], era come se nella laringe gli fosse stata strizzata una corda. Nella sua voce compariva un'emozione improvvisa, un raschiare e gargarizzare che parevano il risvegliarsi di un'ambizione animalesca. Mi guardava a bocca spalancata e gesticolava, gracidava. Rischiò lo strangolamento. Dalla radice della sua lingua arrivavano suoni di rigurgito, aspri rumori intrisi di passione. Stava soltanto mostrandomi certe strutture basilari della pronuncia, ma la trasformazione avvenuta nel suo volto e nella sua voce mi fecero pensare che stesse compiendo una transizione tra due diversi livelli dell'essere. (cap. VIII; pp. 40-41)
 
*Il martedì la scuola elementare dovette essere evacuata. I bambini vennero colti da mal di testa e irritazione agli occhi, oltre ad avvertire un sapore metallico in bocca. Una maestra si mise a rotolare sul pavimento, parlando lingue straniere. Nessuno capiva che cosa stesse succedendo. Gli incaricati delle ricerche dissero che poteva dipendere dal sistema di ventilazione, dalla vernice o dallo smalto, dalla schiuma isolante, dall'isolante elettrico, dal cibo della mensa, dai raggi emessi dai microcomputer, dall'amianto antincendio, dall'adesivo dei contenitori per il trasporto, dalle esalazioni di cloro della piscina, o forse da qualcosa di ancora più profondo, più sottile, più intimamente insito nello stato essenziale delle cose. (cap. IX; pp. 44)
 
*{{NDR|Nel [[supermercato]]}}<br>- I tibetani credono che vi sia uno stato di transizione tra la morte e la rinascita. La morte sarebbe fondamentalmente un periodo di attesa. Dopo poco tempo l'anima sarà accolta da un nuovo grembo. Nel frattempo essa restituisce a se stessa una parte della divinità che ha perduto al momento della nascita -. Studiai il profilo di Babette per cogliervi una reazione.<br>- È la stessa cosa che penso io ogni volta che vengo qui. Questo posto ci ricarica sotto il profilo spirituale, ci prepara, è un passaggio o una transizione. Guarda quant'è luminoso. È pieno di dati sovrannaturali. Mia moglie gli sorrise.<br>- Tutto è celato nel simbolismo, nascosto da veli di mistificazione e strati di materiale culturale. Ma si tratta senza ombra di dubbio di dati sovrannaturali. Le grandi porte si aprono scorrendo e si chiudono spontaneamente. Onde di energia, radiazione incidente. E poi ci sono lettere e numeri, tutti i colori dello spettro, tutte le voci e i rumori, tutte le parole in codice e le frasi convenzionali. È soltanto questione di decifrare, ricombinare, eliminare gli strati di impronunciabilità. Non che sia il caso, non che ne possa derivare alcuno scopo utile. Questo non è il Tibet. E neanche il Tibet è più quello di una volta.<br>Continuai a esaminare il profilo di Babette, che mise dello yogurt nel carrello.<br>- I tibetani cercano di vedere la morte per ciò che essa è. Ovvero la fine dell'attaccamento alle cose. Una verità semplice ma difficile da capire. Tuttavia, una volta che si sia smesso di negare la morte, si può procedere tranquillamente a morire e poi ad affrontare l'esperienza della rinascita uterina, o l'aldilà giudaico-cristiano, o l'esperienza extracorporea, o un viaggio su un Ufo, o come che lo si voglia chiamare. E possiamo farlo con chiarezza di visione, senza timore riverenziale o terrore. Non dobbiamo aggrapparci artificialmente alla vita, e neanche alla morte. Non si fa altro che procedere verso le porte scorrevoli. Onde e radiazioni. Guarda come è tutto ben illuminato. Questo posto è sigillato, conchiuso in sé. E senza tempo. Un'altro motivo per cui penso al Tibet. Morire, in [[Tibet]] è un arte. Arriva un sacerdote, si siede, dice ai parenti in lacrime di andarsene e fa sigillare la stanza. Porte e finestre, tutte sigillate. Ha cose serie da fare. Salmodie, numerologia, oroscopi, recitazioni. Qui non moriamo, facciamo acquisti. Ma la differenza è meno marcata di quanto si creda.<br>Ormai stava praticamente mormorando, per cui cercai di avvicinarmi senza andare a sbattere con il mio carrello in quello di Babette. Volevo sentire tutto.<br>- I [[supermercati]] così grandi, puliti e moderni, per me sono una rivelazione. Ho passato la vita in negozietti di gastronomia con banchi sbilenchi pieni di vassoi su cui erano disposti mucchietti mollicci e umidi di sostanze di svariate colorazioni chiare. Banchi tanto alti da costringere a stare in punta di piedi per ordinare. Grida, accenti diversi. Nelle [[città]] nessuno più nota la specificità del morire. Il [[morire]] è una componente dell'aria. Si trova ovunque e in nessun luogo. Morendo gli uomini gridano, per farsi notare, per farsi ricordare per un paio di secondi. Morire in un appartamento di città può deprimere l'anima, penso, per diverse vite a venire. Nelle cittadine di provincia invece ci sono le villette, le piante nei bovindi. La gente nota di più la morte. I morti hanno volti, automobili. Se non si sa un nome, si sa però quello di una strada, di un cane. «Aveva una Mazda arancione». Di una persona si sanno un paio di cose inutili che diventano importanti elementi di identificazione e collocazione cosmica, nel caso in cui essa muoia all'improvviso, dopo una breve malattia, nel proprio letto, con trapunta e cuscini rivestiti uguali, in un mercoledì pomeriggio piovoso, febbricitante, un po' congestionata nei seni nasali e al petto, pensando alla lavatura a secco. (cap. IX; pp. 47-48)
 
*- La T.V. costituisce un problema soltanto se si è dimenticato come guardare e ascoltare, - replicò Murray. - Ne discuto continuamente con i miei studenti. Cominciano a pensare di doversi ribellare al mezzo televisivo, esattamente come una generazione precedente si è rivoltata contro i genitori e il paese. Io invece dico loro che devono imparare di nuovo a guardare da bambini. A scavare il contenuto. A decifrare i codici e messaggi, per usare la tua espressione Jack.<br>- E loro che cosa dicono?<br>- Che il termine [[televisione]] non sarebbe altro che un modo diverso di indicare la pubblicità postale, quella che si butta via. Ma io dico loro che non posso essere d'accordo. Dico loro che da più di due mesi sto seduto in questa stanza a guardare la T.V. fino alle ore piccole, ascoltando con attenzione, prendendo appunti. Grande esperienza, che rende umili, consentitemi di dirlo. Prossima al mistico.<br>- E la tua conclusione qual è?<br>Murray incrociò compostamente le gambe e rimase seduto con la tazza in grembo, sorridendodirettamente al vuoto che aveva davanti.<br>- Onde e radiazioni, - disse poi. - Sono giunto a capire che il mezzo televisivo è una forza di fondamentale importanza nella casa tipica americana. Conchiusa in sé, senza tempo, autolimitata, autoriferente. È come un mito nato qui nel nostro soggiorno, come una cosa che conosciamo in modo preconscio, quasi in sogno. Ne sono molto intrigato, Jack.<br>E mi guardò, ancora sorridendo in modo vagamente sfuggente.<br>- Bisogna imparare a guardare. Bisogna aprirsi ai dati. La T.V. offre un'incredibile quantità di dati sovrannaturali. Porta allo scoperto ricordi della nascita del mondo, ci accoglie nella grata, nel reticolo di macchioline ronzanti che formano la struttura dell'immagine. C'è la luce, c'è il suono. Ai miei studenti chiedo: «Che cosa volete di più?» Guardate la ricchezza di dati celata in quella grata, in quel bell'involucro, le canzoncine, i quadretti di vita famigliare pubblicitari, i prodotti che balzano in primo piano emergendo dalle tenebre, i messaggi codificati e le ripetizioni interminabili, simili a tanti mantra. "[[Cola Cola|Coke]] is it". "Coke is it". "Coke is it". Il mezzo televisivo trabocca praticamente di formule sacre, se riusciamo a ricordarci come rispondere con innocenza e a superare l'irritazione, la stanchezza e il disgusto.<br>- Ma i tuoi studenti non sono d'accordo.<br>- Peggio della pubblicità per posta, dicono: da buttare via. Secondo loro la televisione rappresenterebbe gli spasimi agonici della coscienza umana. Si vergognano del proprio passato televisivo. Vogliono parlare di cinema. (cap. XI; pp. 63-64)
 
*- L'oblio è penetrato nell'aria e nell'acqua. Si è introdotto nella catena alimentare.<br>- Forse è per via della gomma che mastico. Ti sembra inverosimile?<br>- Forse dipende da qualche altra cosa.<br>- A cosa ti riferisci?<br>- Oltre ai chewing gum, tu prendi qualcos'altro.<br>[...]<br>- Stai dicendo che forse prendi qualcosa che ha l'effetto collaterale di danneggiare la memoria.<br>- O prendo qualcosa e non me lo ricordo, o non prendo niente e non me lo ricordo lo stesso. La mia vita è tutta un o - o. O mastico la gomma con zucchero, o mastico quella senza. O fumo o ingrasso. O ingrasso o corro su per i gradini dello stadio.<br>- Vita piuttosto noiosa, direi.<br>- Spero che duri per sempre, - ribatté lei. (cap. XI; pp. 65-66)
 
*- Che cos'altro insegna?<br>- Greco, latino, navigazione oceanica a vela.<br>- E la gente viene qui a impararla?<br>- Non più tanto.<br>- È sbalorditivo quanta gente ci sia al giorno d'oggi che insegna, - dissi. - C'è un [[insegnante]] per persona. Tutti quelli che conosco sono o insegnanti o allievi. Secondo lei che cosa significa?<br>Dunlop rivolse lo sguardo verso la porta di un armadio. - Insegna qualcos'altro? - chiesi.<br>- [[Metereologia]].<br>- Metereologia. E come mai?<br>- La morte di mia madre ha avuto su di me un effetto tremendo. Sono letteralmente entrato in crisi, ho perduto la fede in Dio. Ero inconsolabile, mi sono chiuso completamente in me stesso. Poi un giorno ho visto per caso le previsioni del tempo alla T.V. Un giovane dinamico, con una bacchetta luccicante, stava in piedi davanti a una foto multicolore, ripresa dal satellite, e dava le previsioni per i cinque giorni successivi. Ero lì ipnotizzato dalla sua sicurezza di sé e dalla sua bravura. Sembrava quasi che un messaggio venisse trasmesso dal satellite metereologico attraverso quel giovanotto fino a me, che ero lì seduto nel mio sedile di tela. Quindi mi sono rivolto alla metereologia per averne conforto. (cap. XI; pp. 68-69)
 
*Chi lo sa che cosa ho voglia di fare? Chi lo sa che cosa ha voglia di fare in genere la gente? Come si fa a esserne sicuri? Non è tutta una questione di chimica cerebrale, di segnali che vanno avanti e indietro, di energia elettrica nella corteccia? Come si fa a sapere se una cosa è esattamente ciò che si vuole fare, oppure soltanto una qualche specie di impulso nervoso nel cervello? Una minuscola attività secondaria ha luogo da qualche parte, in un punto privo di importanza dentro uno degli emisferi cerebrali, ed ecco che di punto in bianco mi viene voglia di andare nel Montana, oppure no. Come faccio a sapere se ho veramente voglia di andarci e non sono soltanto un po' di neuroni che fanno fuoco, o qualcosa del genere? Magari capita soltanto un lampo, per caso, nel midollo e di punto in bianco eccomi lí nel Montana, dove scopro che in realtà non avevo nessunissima voglia di andarci. Se non sono in grado di controllare quello che mi succede nel cervello, come faccio a essere sicuro di quello che avrò voglia di fare fra dieci secondi, per non parlare di quest'estate e del Montana? È tutta questione di attività cerebrale, per cui non si sa che cosa dipenda dalla propria persona e che cosa da un neurone che ha appena fatto fuoco o magari cilecca. (Heinrich: cap. X; pp. 57-58)
*I medici perdono interesse nei confronti di coloro che si contraddicono. È un timore che informa da lungo tempo i miei rapporti con i medici, quello che perdano interesse nei miei confronti, che ordinino all'infermiera di far passare altri prima di me, che diano per scontata la mia morte. (cap. XVI; p. 94)