John Gardner: differenze tra le versioni

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*La forza pubblica è la vita e l'anima di ogni [[stato]]: non solo l'esercito e la polizia ma le prigioni, i giudici, gli esattori delle tasse, ogni immaginabile artificio di repressione coercitiva. Lo stato è un'organizzazione di violenza, un monopolio di ciò che piace chiamare violenza ''legittima''. ('''Cavallo Rosso''') (p. 106)
*Tutti i sistemi sono malvagi. Tutti i [[Governo|governi]] sono malvagi. E non vagamente malvagi. Sono ''mostruosamente'' malvagi, [...] Se vuoi che ti aiuti a distruggere un governo, sono al tuo servizio. Ma in quanto alla Giustizia Universale... ('''Cavallo Rosso''') (p. 107)
*{{NDR|Su Hrōðgār}} Da giovane aveva la forza di sette uomini. Ora non più. Non gli resta che il potere della mente - e non ne prova alcun piacere: un astuccio di coltelli. La civiltà che intendeva costruire si è trasformata d'incanto in una foresta densa di trappole. [...] Un uomo saccheggia per metter insieme una fortuna che gli consenta di pagare i sudditi e portare pace nel regno, ma il tesoro che ammassa per la sua sicurezza diventa l'esca per ogni predone che ne sente parlare. Hrōðgār, lesto di mente, è a corto di piani. Non è colpa sua. Non ce ne sono altri. E così attende come un uomo incatenato in una grotta, fissando l'ingresso e guardando talvolta distrattamente Wealhþēow, incatenata al suo fianco. Che è un'ulteriore trappola, la peggiore. È giovane, avrebbe potuto servire un uomo più vigoroso. E bella: non dovrebbe veder sfiorire le proprie notti e il proprio corpo vicino a un vecchio ossuto e tremante. E lei lo sa, e ciò accresce il dolore e la colpa di Hrōðgār. Comprende il timore per il suo popolo che fa di lui un codardo, sicché la notte in cui l'aggredii non mosse un dito per salvarla. E quel timore non è neppure garanzia di generosità; forse è solo desiderio che il suo nome e la fama vivano in eterno. Wealhþēow comprende anche l'amarezza della vecchiaia. Capisce perfino - e ciò e più terribile d'ogni altra cosa - la consapevolezza del vecchio Hrōðgār che la pace deve essere ricercata prova dopo prova, senza altra prospettiva fuorché la sconfitta finale. Hanno sofferto lezione su lezione riconoscendo ogni volta più profondamente la loro umiliazione, la vergogna, la futilità. E continuerà così. (pp. 108-109)
 
==Bibliografia==