Evelyn Franceschi Marini: differenze tra le versioni
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→Antichi pittori italiani: Filippino Lippi |
→Antichi pittori italiani: Filippino Lippi: superò il padre Filippo |
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*Domenico Bigordi, detto il ''[[Domenico Ghirlandaio|Ghirlandaio]]'', fu contemporaneo e amico del Botticelli, ma assai meno profondo di questo nel sentimento.<br>Mentre [[Sandro Botticelli]], pittore del simbolismo mistico, sacrificò talvolta la forma all'idea, il Ghirlandaio invece, fu pittore ''verista'' e grande maestro del disegno; egli non si distinse per sublimità d'ispirazione, né per profondità di pensiero, né per originalità di concetto; ma piuttosto per le sue cognizioni tecniche dell'arte e per la sua maestria nel disegnare le figure ed aggrupparle abilmente con bellissimi e talvolta artificiosi effetti di architettura e di paesaggio. (p. 275)
*[...], Domenico Bigordi esordì nell'arte come orefice, e tant'era la sua abilità nel cesellare l'oro e l'argento per formarne quei graziosi serti con i quali le donne fiorentine usavano allora adornarsi il capo, che gli venne dato il soprannome di ''Ghirlandaio''. (p. 275)
*[[Filippino Lippi]] fu figlio di Fra [[Filippo Lippi]] e di Lucrezia Buti l'ex monaca. Egli ereditò il genio pittorico del padre, che in alcune sue opere superò non tanto per {{sic|vigorìa}} di disegno quanto per grazia di forma e di sentimento e ricchezza di fantasia. (p. 291)
*Roma, l'immortale ''alma-mater'' dell'umana civiltà, esercitò anche sull'animo suscettibile di
*{{NDR|[[Il Sodoma]]}} [...], come artista fu impareggiabile, come uomo era moralmente molto imperfetto! Di umore stravagante e capriccioso, venne soprannominato il «''Mattaccio''». Amante del lusso, del piacere, del dolce far niente, egli campava spensieratamente, senza curarsi dell'indomani e lavorando sul serio solo quando ne veniva costretto dalla necessità, e come dice il Vasari «il suo pennello ballava secondo il suon de' denari». (pp. 362-363)
*{{NDR|Il Sodoma}} Appassionato per gli animali, ne teneva presso di sé di ogni specie, tanto che la sua piccola casa pareva un'«Arca di Noè», piena di «tassi, scoiattoli, {{sic|bertuccie}}, barberi da correre palii, cavallini dell'Elba, ghiandaie, galline nane, tortore indiane ed altri sì fatti animali, quanti gliene potevano venire alle mani»<ref>Vasari. {{NDR|Nota dell'Autrice}}</ref>. Ma tra tutte quelle bestie, la preferita del pittore era un grosso corvo nero, dal becco e dalle zampe gialle, che aveva imparato così bene a pronunziare il nome del padrone, ''Giannantonio'', ed imitare il suo modo di parlare, che, quando questi era fuori e qualcuno picchiava alla porta, il corvo rispondeva per lui, colla medesima sua voce! (p. 363)
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