Evelyn Franceschi Marini: differenze tra le versioni

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*Domenico Bigordi, detto il ''[[Domenico Ghirlandaio|Ghirlandaio]]'', fu contemporaneo e amico del Botticelli, ma assai meno profondo di questo nel sentimento.<br>Mentre [[Sandro Botticelli]], pittore del simbolismo mistico, sacrificò talvolta la forma all'idea, il Ghirlandaio invece, fu pittore ''verista'' e grande maestro del disegno; egli non si distinse per sublimità d'ispirazione, né per profondità di pensiero, né per originalità di concetto; ma piuttosto per le sue cognizioni tecniche dell'arte e per la sua maestria nel disegnare le figure ed aggrupparle abilmente con bellissimi e talvolta artificiosi effetti di architettura e di paesaggio. (p. 275)
*[...], Domenico Bigordi esordì nell'arte come orefice, e tant'era la sua abilità nel cesellare l'oro e l'argento per formarne quei graziosi serti con i quali le donne fiorentine usavano allora adornarsi il capo, che gli venne dato il soprannome di ''Ghirlandaio''. (p. 275)
*Roma, l'immortale ''alma-mater'' dell'umana civiltà, esercitò anche sull'animo suscettibile di [[Filippino Lippi]] una seduzione irresistibile; la vista dei suoi antichi monumenti grandiosi fu per lui come una rivelazione del bello classico, ne rimase suggestionato, e, d'allora innanzi, in tutte le sue opere vedesi qualche reminiscenza di antica architettura romana. Certo è che quella visita all'eterna città gli lasciò un ricordo indimenticabile non solo, ma ebbe anche un'importante influenza sul suo ingegno.<br>Difatti, d'allora in poi, la sua arte si perfezionò, e la sua maniera si fece più larga e più vigorosa, come ne fa prova l'opera da lui eseguita al suo ritorno a Firenze nella Cappella Strozzi a S. Maria Novella, opera considerata suo capolavoro. (pp. 294-297)
*{{NDR|[[Il Sodoma]]}} [...], come artista fu impareggiabile, come uomo era moralmente molto imperfetto! Di umore stravagante e capriccioso, venne soprannominato il «''Mattaccio''». Amante del lusso, del piacere, del dolce far niente, egli campava spensieratamente, senza curarsi dell'indomani e lavorando sul serio solo quando ne veniva costretto dalla necessità, e come dice il Vasari «il suo pennello ballava secondo il suon de' denari». (pp. 362-363)
*{{NDR|Il Sodoma}} Appassionato per gli animali, ne teneva presso di sé di ogni specie, tanto che la sua piccola casa pareva un'«Arca di Noè», piena di «tassi, scoiattoli, {{sic|bertuccie}}, barberi da correre palii, cavallini dell'Elba, ghiandaie, galline nane, tortore indiane ed altri sì fatti animali, quanti gliene potevano venire alle mani»<ref>Vasari. {{NDR|Nota dell'Autrice}}</ref>. Ma tra tutte quelle bestie, la preferita del pittore era un grosso corvo nero, dal becco e dalle zampe gialle, che aveva imparato così bene a pronunziare il nome del padrone, ''Giannantonio'', ed imitare il suo modo di parlare, che, quando questi era fuori e qualcuno picchiava alla porta, il corvo rispondeva per lui, colla medesima sua voce! (p. 363)