Evelyn Franceschi Marini: differenze tra le versioni

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*Il [[Vittore Carpaccio|Carpaccio]] era un pittore finissimo e minuzioso che ricercava l'effetto ed il ''realismo'' nei suoi quadri. Perciò egli rappresentava i personaggi biblici non nel costume orientale del loro tempo, ma vestiti invece nel ricco costume veneziano del quattrocento. (p. 506)
*Se egli {{NDR|Vittore Carpaccio}} non eguagliò il suo maestro Giovanni Bellini nel sentimento e nel disegno, né per vivacità di colore, lo superò forse nell'originalità della composizione e nella forza descrittiva pittorica. (p. 506)
*[[Domenichino]] fu profondo nello studio della natura, in ispecie della fisionomia, e del sentimento. Si racconta che egli usava frequentare i mercati, le piazze e tutti i ritrovi pubblici, ovunque si radunava il popolo, per studiare la fisionomia, il gesto, il modo di muoversi e di parlare del volgo; poi, tornato a casa, faceva rapidi schizzi di ciò che gli aveva colpito la fantasia. Così egli si mostrò sempre verace nel rappresentare il sentimento, tanto che un critico, il Bellori<ref>Giovanni Pietro Bellori (1613-1696), scrittore e storico dell'arte.</ref>, disse di lui «che riuscì a delineare gli animi ed a colorire la vita». (p. 600)
*Simile ai Carracci<ref>I pittori Agostino (1557-1602), Annibale (1560-1609) e Ludovico Carracci (1555-1619).</ref>, anche il Domenichino fu un grande colorista e si distinse per l'''impasto'' dei colori e per l'eleganza della forma; egli era lento nel lavoro, perché ricercava sempre la perfezione, il ''finito''.<br>Si narra di lui, che accusato dai frati di una chiesa ove dipingeva, di perdere il tempo stando per delle ore immobile davanti alla pittura, senza toccarla, egli rispose, meravigliato dell'ingiusto rimprovero:<br>–Eppure! Io la sto continuamente dipingendo entro di me!– (p. 601)
*Simile a [[Perugino|Pietro Perugino]], il quale nella sua bottega di Perugia, si era lasciato andare in vecchiaia a fabbricare quadri devozionali, alla dozzina, per solo amor del guadagno, [[Guido Reni]], aveva fatto del suo studio di Bologna una specie di ''officina'', di dove uscivano a {{sic|centinaie}} pitture originali e copie dei suoi quadri eseguite dagli scolari e poi ritoccate da lui. Si dice, che tanto grande era la richiesta dei quadri di Guido, per ornare chiese e palazzi, ch'egli lavorava ad un tanto l'ora per i negozianti, i quali aspettavano presso il suo cavalletto pronti a portare via la tela appena terminata ed ancora umida di colore! (p. 614)