Giuseppe Giusti: differenze tra le versioni

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*Vorrei che i libri si scrivessero per insegnare, invece si scrivono per mostra di sapere. (dalla lettera a Tommaso Grossi; vol. I, n. 121, p. 370)
*Nella [[gioia]] l'uomo è sbadato, imprevidente, infecondo: le belle qualità dell'animo e della mente o non sono, o non si palesano negli uomini felici: una sventura le fa scintillare come l'acciaio la pietra focaia. (dalla lettera a Giuseppe Vaselli, novembre 1843; vol. I, n. 126, p. 386)
*[[Montaigne]] è scrittore ardito, avventato, da fare inalberare i cervelli soliti a andare avanti colle seste; uomo che parlando di sé e d’altri, dice troppo, come se avesse paura di non dir tutto. In quel suo fare rotto, fantastico e molte volte arruffato, a taluni può parere un cinico pieno di sé, ad altri uno che si vuol mostrare al pubblico tal quale, <blockquote>Intero e saldo e colle sue radici,</blockquote> a qualunque costo, pur di dire il vero. Io lo credo uno degli scrittori più forti, più pieni, più liberi da ogni pastoia che possa vantare la sapienza pratica, buona per le spese minute della vita, e uno dei più grandi poeti che abbia la prosa. (dalla lettera a Giovan Pietro Vieusseux, autunno 1844; vol. I, n. 165166, pp. 459-60)
*{{NDR|Commento su di un articolo di giornale che critica un suo scritto su [[Giuseppe Parini]]}} [...] mi ripiglia sulla scelta dello stile di quel lavoro, quasi che lo [[stile]] si scegliesse come il panno per farsi una giubba, o piuttosto uno non se lo trovasse addosso bell'e cucito dalla madre natura. (dalla lettera ad [[Alessandro Manzoni]]; vol. II, n. 282, p. 219)
*{{NDR|Nello scrivere}} Tenetevi tutti lontani da ogni [[eccesso]] e di stile e di passione, e farete cosa utilissima e onestissima. (dalla lettera a Matteo Trenta, Firenze, 14 febbraio 1848; vol. II, n. 329, p. 312)