Nelson Mandela: differenze tra le versioni

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*Con la vittoria dei nazionalisti ci rendemmo conto che da allora in poi il nostro paese sarebbe diventato teatro di tensioni e conflitti. Per la prima volta nella storia sudafricana un partito esclusivamente afrikaner governava il paese. Nel suo discorso celebrativo [[Daniel François Malan|Malan]] proclamo: "Ancora una volta il Sudafrica ci appartiene". (p. 115)
*L'azione di massa era pericolosa in Sudafrica, dove per un africano era un crimine scioperare e dove le libertà di parola e di movimento erano spietatamente ridotte. Scioperando, un africano metteva a rischio non solo il suo lavoro ma la sua stessa sussistenza, nonché il diritto di risiedere nell'area nella quale viveva. Secondo la mia esperienza, lo sciopero basato su una rivendicazione politica, piuttosto che su un obiettivo semplice come l'aumento del salario o la riduzione dell'orario di lavoro, è una forma di protesta più precaria e richiede un'organizzazione particolarmente efficiente. (p. 120)
*Il [[materialismo dialettico]] sembrava offrire sia una torcia che illuminasse la notte buia dell'oppressione razziale, sia uno strumento che poteva essere usato per porvi fine. Mi aiutò a vedere la situazione da un'ottica che non fosse quella dei rapporti tra bianchi e neri: perché se volevamo vincere la lotta, dovevamo trascendere il bianco e il nero. Ero attratto dalle basi scientifiche del materialismo dialettico, perché sempre sono stato incline a credere in ciò che posso sottoporre a verifica. La sua analisi materialistica dell'economia mi suonava credibile. L'idea che il valore delle merci fosse basato sulla quantità di lavoro che veniva impiegata per produrle memi sembrava particolarmente appropriata per il Sudafrica. La classe dominante pagava alla forza lavoro africana un salario di sussistenza e quindi aggiungeva valore al costo delle merci, valore che tratteneva per sé. (p. 122)
*Un amico una volta mi chiese come potevo conciliare la mia fede nel nazionalismo africano con la credenza nel materialismo dialettico. Io non vedevo contraddizione tra le due idee. Soprattutto e in primo luogo ero un nazionalista africano che lottava per emanciparsi dal dominio di una minoranza e per affermare il diritto di controllare il proprio destino. Ma il Sudafrica e il continente africano erano inseriti in un mondo più vasto. I nostri problemi, per quanto specifici e particolari, non avevano carattere di unicità, e una filosofia che situasse quei problemi in un contesto storico e internazionale era preziosa per una loro comprensione più vasta. Ero pronto a servirmi di qualsiasi mezzo per accelerare l'eliminazione del pregiudizio umano e la fine del nazionalismo sciovinista e violento. E non dovevo essere necessariamente comunista per servirmene. Scoprii che in generale i nazionalisti africani e i comunisti africani avevano più cose in comune che motivi di divisione. I cinici avevano sempre insinuato che i comunisti ci usavano. Ma chi poteva dire che non fossimo noi a usare loro? (p. 123)
*La Group Areas Act era il fondamento dell'apartheid residenziale. Secondo le sue norme, ogni gruppo razziale poteva possedere terreni, occupare immobili, e stabilire commerci solo nelle aree a esso destinate. Dal momento della sua approvazione gli indiani poterono vivere esclusivamente nelle aree indiane, gli africani in quelle africane, e i meticci in quelle per meticci. Se i bianchi volevano le terre o le case degli altri gruppi non dovevano fare altro che dichiarare quella zona riservata ai bianchi. La Group Areas Act dette inizio al periodo degli sgomberi forzati, quando la comunità, i centri, i villaggi africani situati nelle aree di nuova pertinenza dei bianchi furono trasferiti con la forza perché i proprietari bianchi non volevano per vicini gli africani o volevano semplicemente impadronirsi delle loro terre. (p. 124)