Paul B. Preciado: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Etichette: Modifica da mobile Modifica da web per mobile
Etichette: Modifica da mobile Modifica da web per mobile
Riga 7:
*La [[felicità]], in quanto successo personale, non è altro che l’estensione della logica del capitale alla produzione della soggettività. <br>Interessandoci alla difficile e tumultuosa vita di [[Karl Marx|Marx]] è possibile concludere che, contrariamente a quanto la psicologia dell’io e del miglioramento personale cercano di farci credere, la felicità non dipende dal successo personale, né dall’accumulo di proprietà o di ricchezze economiche.<ref name=Articolo>Da ''[https://www.internazionale.it/opinione/paul-preciado/2016/10/27/marx-biografia-felicita-emancipazione-politica articolo]'', ''Libération'', riportato su ''Internazionale.it'', 27 ottobre 2016.</ref>
*La [[felicità]] sta nella capacità di percepire ogni cosa come facente parte di noi stessi, proprietà al contempo di tutti e di nessuno. La felicità sta nella convinzione che essere vivi significhi essere testimoni di un’epoca, sentendosi in questo modo responsabili, in maniera vitale e appassionatamente responsabile, del destino collettivo del pianeta.<ref name=Articolo/>
*[...] la verità del genere (come la purezza di sangue nel quindicesimo secolo) non esiste al di fuori di un insieme di convenzioni sociali intersoggettive. Il genere non è una proprietà psichica o fisica del soggetto né un’identità naturale, è una reazione di potere sottomessa a un processo collettivo costante di assoggettamento, e al contempo di sostegno e di controllo, di soggettivazione e di sottomissione.<ref>Da [https://www.internazionale.it/opinione/paul-preciado/2018/03/08/nome-identita articolo], ''Libération'', riportato su ''Internazionale.it'', 8 marzo 2018.</ref>
*A ogni processo di transizione di genere corrisponde una riscrittura completa del contratto sociale, nel quale l’esistenza politica di un corpo può essere affermata o rifiutata. Per un migrante o per un trans, il successo di un viaggio dipende dalla generosità con la quale gli altri vi accolgono e vi sostengono, senza pensare costantemente “ecco uno straniero” oppure “so che in realtà sei una donna”, ma vedendo la vostra singolarità di corpo vulnerabile e alla ricerca di un altro luogo dove la vita potrebbe radicarsi.<ref>Da [https://www.internazionale.it/opinione/paul-preciado/2018/03/08/nome-identita articolo], ''Libération'', riportato su ''Internazionale.it'', 8 marzo 2018.</ref>
*Quel che caratterizza la nostra ontologia è un principio radicale d’indeterminazione: il bisogno di essere sottomessi a un processo costante di costruzione e decostruzione sociale. La nostra sovranità non ci è attribuita alla nascita (non costituisce identità), ma è fatta di un’impalcatura di finzioni, una sorta di esoscheletro sociale che ci mantiene in vita: non c’è niente di “reale” in un nome, o in un aggettivo, in un documento d’identità dove è scritto tedesco, francese, spagnolo o siriano. Il nome non è altro che fumo, dice Goethe, eppure respiriamo grazie a questo fumo condiviso. Di conseguenza, per favore, chiamateci con il nostro (altro) nome. <ref>Da [https://www.internazionale.it/opinione/paul-preciado/2018/03/08/nome-identita articolo], ''Libération'', riportato su ''Internazionale.it'', 8 marzo 2018.</ref>
*La storia è andata in mille pezzi, ma continuiamo a parlarne come se tutto andasse bene. Continuiamo a parlare della diffusione della democrazia in occidente, del progresso della modernità, della libertà americana, dell’ospitalità francese, della solidarietà del nord nei confronti del sud. Democrazia di merda. Modernità di merda. Libertà di merda. Ospitalità di merda. <br> La storia è in frantumi: l’identità nazionale, l’ordine sociale, la sicurezza, la famiglia eterosessuale e la frontiera costituiscono la realtà che l’Europa sta costruendo. Non succede da un’altra parte, non arriva da lontano, non riguarda gli altri. È quello che facciamo qui, ora, dentro le frontiere, riguarda noi. <br> La storia è stata distrutta e il terrore è tornato in superficie. Attorno a noi ci sono le condizioni istituzionali che permettono l’affermazione di quella che potremmo chiamare democrazia repressiva o fascismo democratico.<ref> Da [https://www.internazionale.it/opinione/paul-preciado/2018/04/02/ribellarsi-e-giusto articolo], ''Libération'', riportato su ''Internazionale.it'', 2 aprile 2018.</ref>
*Da dove viene la nostra frustrazione? Dalla nostra avidità? Cosa odiamo quando odiamo “l’altro”, se non una nostra invenzione? Suely Rolnik, psicoterapeuta e collaboratrice brasiliana di [[Félix Guattari]], sostiene che “capitalismo coloniale” è il nome della patologia collettiva contemporanea. Il nostro inconscio è malato di capitale, malato di sfruttamento razziale e sessuale. Malato d’identità. Le catene collettive del linguaggio sono state spezzate. Ma abbiamo deciso di continuare a produrre discorsi su noi stessi come se il problema fosse la soluzione.<ref> Da [https://www.internazionale.it/opinione/paul-preciado/2018/04/02/ribellarsi-e-giusto articolo], ''Libération'', riportato su ''Internazionale.it'', 2 aprile 2018.</ref>