Indro Montanelli e Mario Cervi: differenze tra le versioni

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*Al Psi non mancava in un momento cruciale – o almeno così parve – il vigore del suo ''leader''. Gli venne invece meno, il 24 febbraio 1990, uno dei suoi personaggi simbolici, il vegliardo [[Sandro Pertini]]: che si spense quietamente, dopo le tante tempeste d'una lunga, coraggiosa e onesta vita, e dopo tante impennate generose. Era stato, nei suoi anni al Quirinale, più il nonno che il padre della Patria: del nonno aveva il piglio, con la sua pipa, le sue sgridate, le sue lodi, i suoi baci: anche con qualche sua intemperanza bizzosa, mai cattiva. Gli italiani lo rimpiansero con affetto fervido e spontaneo. All'estremo saluto – solenne e commosso – che l'Italia diede al socialista cristallino e al Presidente indimenticabile, mancò, per renderlo più toccante, solo una presenza: quella di Sandro Pertini, se avesse potuto seguire il suo funerale. (p. 271)
*Cambiava l'Italia, e ancor più, e più celermente, cambiava il mondo. Il 23 febbraio 1991 l'esercito dell'Onu schierato contro [[Saddam Hussein]] – che era poi un esercito in gran parte statunitense, comandato dal generale [[Norman Schwarzkopf|Schwarzkopf]] – aveva sferrato l'attacco contro le forze irachene, accreditate d'una forza e d'una volontà di battersi che sul campo non dimostrarono. Se non una passeggiata, quella delle divisioni di Schwarzkopf fu un'avanzata travolgente, che in breve tempo liberò il Kuwait e costrinse alla resa Saddam Hussein, la cui Guardia nazionale, che raggruppava il meglio dei suoi reparti, si dissolse come il resto dello schieramento. I pacifisti italiani, che si erano risvegliati al fragore dei cannoni americani – quello d'altre armi e d'altre armate li lascia indifferenti – accusarono il Presidente [[George H. W. Bush|Bush]] di condurre una guerra di conquista e di vendetta a sfondo petrolifero, e di voler occupare l'Irak e Bagdad per scacciarne il dittatore, contravvenendo il mandato internazionale: che concedeva, come obbiettivo, la sola liberazione dell'emirato invaso. Quando poi Bush si astenne dallo sguinzagliare le colonne di Schwarzkopf verso il cuore dell'Irak, le voci di quegli stessi pacifisti e d'altri si levarono per imputargli d'aver lasciato al potere il tiranno. (p. 291)
*Milano aveva gran bisogno che la Malpensa, aeroporto da Terzo Mondomondo, diventasse un aeroporto moderno, ma gli sciacalli si avventarono subito su Malpensa Duemila. La metropolitana milanese era stata una manna. E questo vale per il resto d'Italia, forse con una differenza, a vantaggio del Nord: sia pure con sprechi e latrocini giganteschi nel Nord le opere pubbliche venivano un giorno completate, e messe in funzione. Il Sud aveva invece l'aggravante di opere pubbliche che assolvevano la sola funzione d'arricchire i costruttori e i politici: e che rimanevano inutilizzate. (p. 301)
*Quanto all'interrogativo angoscioso che scaturisce dal Cassonpensiero (perché mai se non c'era nulla di losco in ''Stay-behind'' non lo si abolì quando era ormai superfluo?), interrogativo che, posto a quel modo, sembra comportare una sola risposta (non lo si abolì per covare il ''golpe'') noi azzardiamo una spiegazione più banale e più semplice. [[Organizzazione Gladio|Gladio]] era diventato un ente inutile. E quando mai in Italia si abolisce un ente inutile che comporta uffici, segreterie, auto blu, indennità speciali per chi lo comanda? Il merito d'aver conseguito la soppressione d'un ente inutile – ma solo quello – a Casson va riconosciuto. (pp. 333-334)
*Il 18 aprile 1993 gli italiani furono chiamati a pronunciarsi, l'abbiamo ripetutamente accennato, su otto ''referendum'': di assoluto spicco politico e sociale quelli sulla riforma elettorale del Senato (quasi l'83 per cento in favore della riforma) e sulla non punibilità penale dell'uso di droga (55 a favore, 45 contro, ma nelle città più minacciate dal flagello della tossicodipendenza vi fu una maggioranza per il no). E poi una valanga di sì (90 per cento, la quota più alta) per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Sì anche all'abolizione dei ministeri dell'Agricoltura, del Turismo e delle Partecipazioni statali, a nomine meno lottizzate politicamente dei dirigenti nelle Casse di Risparmio, a una estromissione delle Usl dai controlli ambientali. E indubbio che abbia agito, in aiuto dei sì, un potente fattore di vischiosità psicologica, una sorta di memoria collettiva del sì alla preferenza unica. I sì erano un rifiuto del passato. Ma l'elettorato dosò comunque i consensi: e sulla droga fu – a nostro avviso ragionevolmente, e avrebbe dovuto esserlo ancora di più – perplesso. (pp. 368-369)