Hélène Carrère d'Encausse: differenze tra le versioni

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*Le truppe del generale Sikorsi fecero decine di migliaia di prigionieri russi, mentre il resto dell'[[Armata rossa]] fuggiva in tutte le direzioni. Le truppe polacche, comandate da Budënnyj, dopo la disintegrazione dell'Armata russa, avanzarono verso Mosca. Non restava a Lenin che una via d'uscita: riconoscere il disastro, chiedere la pace e pagare con territori la fine immediata delle ostilità. (cap. 12, p. 347).
*All'inizio dell'inverno 1922 esistevano ormai soltanto delle Repubbliche sovietizzate. Il loro numero era ridotto (Ucraina, Bielorussia, Transcaucasia) e la loro integrazione una modalità da trovare. Avevano perduto le prerogative dell'indipendenza in tutti i settori; che ragioni avevano di resistere? (cap. 13, p. 378).
*Ma già il fuoco rivoluzionario si era esteso a KrontadtKronštadt, la base navale orgoglio del regime, in cui i marinai proclamarono la loro solidarietà agli scioperanti, annunciando la liquidazione del soviet della città da parte di un Comitato militare provvisorio, e la futura elezione di un nuovo soviet. «Il soviet senza i comunisti»: questo slogan univa i contadini in rivolta nella regione di Tambov e i marinai del [[Baltico]]. La Comune rivoluzionaria istituita dai [[Marinaio|marinai]], che durerà sedici giorni, prese le mosse dall'agitazione operaia e propose un programma che prendeva in contropiede il sistema politico in vigore dal 1918: dissoluzione dei soviet e libere elezioni a scrutinio segreto per sostituirli; libertà di stampa e di riunione per i socialisti, gli anarchici e i sindacalisti; libertà per i contadini di poter disporre dei raccolti; soppressione dei distaccamenti incaricati delle requisizioni in campagna; libertà di lavoro per gli artigiani che non impiegavano lavoratori salariati. <br>Senza dubbio, Lenin lo dirà, KrontadtKronštadt non era tutta la Russia; ma la sua «Comune» era un simbolo inquietante: quello del rifiuto del potere comunista da parte di coloro che ne erano stati i migliori difensori, ed era anche testimonianza del legame esistente fra tutte le rivolte: i contadini di Tambov, l'[[Ucraina]] raccolta intorno a Machno, l'insieme della campagna russa. (cap. 14, p. 393).
*Ritroviamo qui il singolare modo di procedere di Lenin che consisteva nell'eliminare non i suoi avversari ma le loro idee, lasciando ai perdenti la possibilità di restare negli organi dirigenti, ede evitando così di irrigidirli nella loro opposizione. (cap. 14, p. 402).
*Partendo dalla convinzione (mai confermata) che il clero avesse elaborato un piano che approfittasse delle confische di oggetti sacri per dichiarare guerra al potere dei soviet, Lenin scrisse: «Per noi, questo momento è quello in cui abbiamo il 99% delle possibilità di riuscire a distruggere il nemico [la Chiesa]<ref>Chiosa dell'Autore.</ref> e assicurarci una posizione indispensabile per i decenni a venire. È precisamente ora e solamente ora, mentre nelle regioni affamate le popolazioni si nutrono di carne umana e centinaia se non migliaia di cadaveri marciscono sulle strade, che noi possiamo (e dobbiamo) realizzare la confisca dei tesori della Chiesa con l'energia più selvaggia e impietosa. Noi dobbiamo, come che sia, confiscare i beni della Chiesa il più rapidamente possibile e in modo decisivo per assicurarci un fondo di centinaia di milioni di rubli. Senza questo fondo, nessun lavoro governativo in generale, nessuno sforzo economico in particolare, nessuna difesa delle nostre posizioni alla conferenza di Genova sono concepibili». E, per riuscirvi, Lenin ordinò nella stessa lettera delle confische brutali e implacabili «senza fermarsi davanti a niente», e «l'esecuzione del più gran numero possibile di componenti del clero reazionario [...]<ref>Omissione dell'Autore.</ref>. Più grande sarà il numero delle esecuzioni, meglio sarà» (cap. 14, pp. 408-09409).
*Per Lenin il progresso umano consisteva nel sottrarre la società (o gli individui) alla coscienza spontanea per indirizzarli progressivamente verso l'autentica coscienza. (cap. 14, p. 416).
*Senza dubbio, Lenin desiderava come tutti gli utopisti il bene dell'umanità, ma come tutti gli utopisti trascurava l'essere umano a beneficio dell'entità astratta. <br>Anche di fronte alla morte, Lenin non era molto cambiato. (cap. 15, p. 438).
 
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