Francesco De Sanctis: differenze tra le versioni

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*Il [[suicidio]] fu l'ultima virtù degli antichi. Nel pieno disfacimento d'ogni principio morale e di ogni credenza, essi formarono sotto il nome di [[stoicismo]] una filosofia della morte: non sapendo più vivere eroicamente, vollero saper morire da eroi. (''Pier delle Vigne'', p. 414)
*Quanto il [[cristianesimo]] abbia modificato la scienza e la morale e quindi l'arte antica, si può inferire da questo solo: il [[suicidio]] antico è virtù, il suicidio moderno è colpa: il suicida pagano è un eroe, il suicida cristiano è un codardo. (''Pier delle Vigne'', pp. 414-415)
*[[Marco Porcio Catone|Catone]] non poteva vivere, che uomo libero, e quando la libertà morì, morì Catone. (''Pier delle Vigne'', p. 415)
*La [[poesia]] è la ragione messa in musica. (''Le contemplazioni di Victor Hugo'', p. 459)
 
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*{{NDR|Le [[accademia|accademie]]}} rassomigliano quelle liete brigate di buontemponi e fannulloni, che ispirarono il Decamerone, modello del genere. Sono letterati ed eruditi, in pieno ozio intellettuale, che fanno per sollazzarsi versi e prose sopra i più frivoli argomenti, tanto più ammirati per la vivacità dello spirito e l'eleganza delle forme, quanto la materia è più volgare. Strani sono i nomi di queste accademie e di questi accademici, come lo Impastato, il Raggirato, il Propaginato, lo Smarrito, ecc. E recitano le loro dicerie, o come dicevano, "cicalate" sull'insalata, sulla torta, sulla ipocondria, inezie laboriose. ([[s:Storia della letteratura italiana (De Sanctis)/XII|cap. XII]])
*In Italia prevalse la rettorica, la cui prima regola è l'orrore del particolare e la vaga generalità. ([[s:Storia della letteratura italiana (De Sanctis)/XIV|cap. XIV]])
*Fra tanto infuriare di prose rettoriche e poetiche comparve la prosa del [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]], presentimento della prosa moderna. Qui l'uomo è tutto, e non ci è lo scrittore, o ci è solo in quanto uomo. Il Machiavelli sembra quasi ignori che ci sia un'arte dello scrivere, ammessa generalmente e divenuta moda o convenzione. Talora ci si prova, e ci riesce maestro: ed è, quando vuol fare il letterato anche lui. L'uomo è in lui tutto. Quello che scrive, è una produzione immediata del suo cervello, esce caldo caldo dal di dentro, cose e impressioni spesso condensate in una parola. Perché è un uomo che pensa e sente, distrugge e crea, osserva e riflette, con lo spirito sempre attivo e presente. Cerca la cosa, non il suo colore; pur la cosa vien fuori insieme con le impressioni fatte nel suo cervello, perciò naturalmente colorita, traversata d'ironia, di malinconia, d'indignazione, di dignità, ma principalmente lei nella sua chiarezza plastica. ([[s:Storia della letteratura italiana (De Sanctis)/XV|cap. XV]])
*Quando Machiavelli scrivea queste cose, l'Italia si trastullava ne' romanzi e nelle novelle, con lo straniero a casa. Era il popolo meno serio del mondo e meno disciplinato. La tempra era rotta. Tutti volevano cacciar lo straniero, a tutti ''puzzava il barbaro dominio'', ma erano velleità. E si comprende come il Machiavelli miri principalmente a ristorare la tempra attaccando il male nella sua radice. ([[s:Storia della letteratura italiana (De Sanctis)/XV|cap. XV]])
*Quando un male diviene così sparso dappertutto e così ordinario che se ne ride, è cancrena e non ha rimedio. ([[s:Storia della letteratura italiana (De Sanctis)/XV|cap. XV]])
*''[[Niccolò Machiavelli#La mandragola|La Mandragola'' è la base di tutta una nuova letteratura. È un mondo mobile e vivace, che ha varietà, sveltezza, curiosità, come un mondo governato dal caso. Ma sotto queste apparenze frivole si nascondono le più profonde combinazioni della vita interiore. L'impulso dell'azione viene da forze spirituali, inevitabili, come il fato. Basta conoscere i personaggi, per indovinare la fine. Il mondo è rappresentato come una conseguenza, le cui premesse sono nello spirito o nel carattere, nelle forze che lo movono. E chi meglio sa calcolarle, colui vince. Il soprannaturale, il maraviglioso, il caso sono detronizzati. Succede il carattere. Quello che Machiavelli è nella storia e nella politica, è ancora nell'arte. ([[s:Storia della letteratura italiana (De Sanctis)/XV|cap. XV]])
*Il Machiavelli va più in là. Egl'intravede una specie di fisica sociale, come si direbbe oggi, un complesso di leggi che regolano non solo gl'individui, ma la società e il genere umano. Perciò patria, libertà, nazione, umanità, classi sociali sono per lui fatti non meno interessanti che le passioni, gl'interessi, le opinioni, le forze che movono gl'individui. E se vogliamo trovare lo spirito o il significato di questa epoca, molto abbiamo ad imparare nelle sue opere. Indi è che come carattere morale, il segretario fiorentino ispira anche oggi vive simpatie in tutti gl'intelletti elevati, che sanno mirare al di là della scorza nel fondo delle sue dottrine, e come forza intellettuale, unisce alla profonda analisi del [[Francesco Guicciardini|Guicciardini]] una virtù sintetica, una larghezza di vista, che manca in quello. Lui, è un punto di partenza nella storia, destinato a svilupparsi; l'altro è un bel quadro, finito e chiuso in sé. ([[s:Storia della letteratura italiana (De Sanctis)/XV|cap. XV]])
*La [[critica]], priva di un mondo serio, in cui si possa incorporare, si svapora in sentenze, esortazioni, sermoni, prediche, declamazioni e generalità rettoriche, tanto più biliosa, quanto meno artistica. Così apparisce nelle [[Salvator Rosa#Satire|''Satire'' di Salvator Rosa]], che pure sono salvate dall'obblio per la maschia energia di un'anima sincera e piena di vita, che incalora la sua immaginazione e gli fa trovare novità di espressioni e di forme pittoriche felicemente condensate. ([[s:Storia della letteratura italiana (De Sanctis)/XVII|cap. XVII]])
*La [[parola]] è potentissima quando viene dall'anima e mette in moto tutte le facoltà dell'anima ne' suoi lettori, ma, quando il di dentro è vuoto e la parola non esprime che se stessa, riesce insipida e noiosa. ([[s:Storia della letteratura italiana (De Sanctis)/XVII|cap. XVII]])
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*Il ''[[Operette morali#Il Parini, ovvero Della Gloria|Parini]]'' è una lezione, più che un dialogo. E un concetto che si va svolgendo in linea dritta senza deviazioni, ne opposizioni, tutto tirando dalla sua propria sostanza. (p. 314)
*La ''[[Operette morali#Storia del genere umano|Storia del genere umano]]'' è una serie di fatti corrispondente a una serie di proposizioni filosofiche, illustrate da ragionamenti cavati dalla natura umana. Si legge tutta d'un fiato, e va letta studiosamente da quanti vogliono impossessarsi di questa filosofia. L'autore condensa in poche pagine tutte le sue idee sugli uomini, in un tono asciutto, come cosa che non lo riguardi. Prosa classica, se mai vi fu, perfettissima di proprietà, d'ordine, di congegno, e anche d'insensibilità: sembra fattura di un essere solo cervello , estraneo al consorzio umano. (p. 315)
*Chi legge l'''[[FrancescoOperette De Sanctismorali#Elogio degli uccelli|Elogio degli uccelli]]'', e vede ivi rappresentata quella loro vita felice, può credere che sia ispirazione del buon umore. Non è difficile immaginare lo scrittore in una di quelle sue passeggiate solitarie pei colli, dove la bella natura gli rischiarasse la faccia, eccitando la sua immaginativa. Ma chi ben guarda, vede che anche questo è opera chiusa di biblioteca. In quell'elogio è rinchiusa una satira dell'uomo; non che vi sia espressa, sia l'intenzione; ma il sentimento dell'infelicità umana, presente nello spirito, intorbida l'umore, e non rende facile una rappresentazione schietta e immediata. (p. 317)
*Il [[dialogo]] propriamente detto è un concetto che si sviluppa per via dell' opposto. L'un concetto è il protagonista; l'altro serve a mostrar quello e metterlo in evidenza. Vinta V opposizione, il concetto ritorna uno. Il dialogo ha perciò due personaggi, espressione dei due concetti opposti. Può averne anche un terzo, che esprima il sentimento di ritorno, o un concetto superiore. (p. 319)
*Il ''[[Operette morali#Dialogo di Tristano e di un amico|Tristano]]'' ha la solennità di un testamento. Qui la prosa ha calore e pienezza e rigoglio, o corre svelta e libera, con andatura quasi moderna. Ci si sente il fiato del secolo, un ambiente vivo. Il frizzo è amaro, il sarcasmo è pungente. Tira è eloquente; tutto viene da passione vera. L'ultima pagina sembra una variazione dell'ultima strofa in ''[[Giacomo Leopardi#XXVII – Amore e Morte|Amore e Morte]]'', una melodia che si continua. (p. 337)
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*Francesco De Sanctis, ''[https://archive.org/details/nuovisaggicriti00sancgoog Nuovi saggi critici]'', Morano, Napoli, 1901.
*Francesco De Sanctis, ''[https://archive.org/details/saggicritici00desa Saggi critici]'', Morano, Napoli, 1888.
*Francesco De Sanctis, ''[[s:Schopenhauer e Leopardi|Schopenhauer e Leopardi]]''; in ''Saggi critici – Opere di F. De Sanctis'', Morano, Napoli, 1909, vol. V, pp. 246-299.
*Francesco De Sanctis, ''[https://www.liberliber.it/mediateca/libri/d/de_sanctis/scritti_politici/pdf/de_sanctis_scritti_politici.pdf Scritti politici]'', a cura di Giuseppe Ferrarelli, Morano, Napoli, 1924.
*Francesco De Sanctis, ''[[s:Storia della letteratura italiana (De Sanctis)|Storia della letteratura italiana]]'', 2 vol., Cav. Antonio Morano, Napoli, 1890.