Francesco De Sanctis: differenze tra le versioni

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*Bella cosa fare il [[critico]]! Sedere a scranna tre gran palmi più su che tutto il genere umano; i più grandi uomini, a cui noi altri plebei ci accostiamo con timida riverenza, vederteli sfilare dinanzi come umili vassalli, e tu che palpi loro la barba familiarmente, e con aria di sufficienza dici a ciascuno il fatto suo! (''Cours familier de littérature par M. De Lamartine'', p. 349)
*Il critico raccoglie quelle poche sillabe, ed indovina la parola tutta intera. Pone le gradazioni ed i passaggi: coglie le idee intermedie ed accessorie; trova i sentimenti da cui sgorga quell'azione, il pensiero che determina quel gesto, l'immagine che produce que' palpiti; spinge il suo sguardo nelle parti interiori e invisibili di quel mondo, di cui il poeta ti dà il velo corporeo. Il critico è simile all'attore; entrambi non riproducono semplicemente il mondo poetico, ma lo integrano, empiono le lacune. (''Cours familier de littérature par M. De Lamartine'', p. 355)
*Questa maniera di [[critica]] è da pochi. I pedanti si contentano di una semplice esposizione e si ostinano nelle frasi, ne' concetti, nelle allegorie, in questo o quel particolare, come uccelli di rapina in un cadavere. [...] I più si accostano ad una poesia con idee preconcette; chi pensa alla morale, chi alla politica, chi alla religione, chi ad [[Aristotele|Aristotile]], chi ad [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]]; prima di contemplare il mondo poetico lo hanno giudicato; gl'impongono le loro leggi in luogo di studiare quelle che il poeta gli ha date. (''Cours familier de littérature par M. De Lamartine'', p. 357)
*Critica perfetta è quella in cui questi diversi momenti si conciliano in una sintesi armoniosa. II critico ti dee presentare il mondo poetico rifatto ed illuminato da lui con piena coscienza, di modo che la scienza vi perda la sua forma dottrinale, e sia come l'occhio che vede gli oggetti e non vede se stesso. La scienza come scienza e filosofia, non e critica. (''Cours familier de littérature par M. De Lamartine'', pp. 358-359)
*Chiamo [[poeta]] colui che sente confusamente agitarsi dentro di sé tutto un mondo di forme e d'immagini: forme dapprima fluttuanti, senza determinazioni precise, raggi di luce non ancora riflessa, non ancora graduata ne' brillanti colori dell'iride, suoni sparsi che non rendono ancora armonia. (''Carattere di Dante e sua utopia'', p. 392)
*Il [[suicidio]] fu l'ultima virtù degli antichi. Nel pieno disfacimento d'ogni principio morale e di ogni credenza, essi formarono sotto il nome di [[stoicismo]] una filosofia della morte: non sapendo più vivere eroicamente, vollero saper morire da eroi. (''Pier delle Vigne'', p. 414)
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==''Scritti politici''==
*[[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] deve vincere a forza: egli non è un uomo; è un simbolo, una forma; egli è l'anima italiana. Tra i battiti del suo cuore, ciascuno sente i battiti del suo.<ref>Da ''Non più dimostrazioni ma fatti'', Napoli, 7 maggio 1866.</ref> (p. 56)
*Il [[fatalismo]] è il sofismo dell'intelletto viziato, che si presta compiacentemente a ricoprire e giustificare il vizio.<ref>Da ''Il fatalismo politico'', ''Il diritto'', 8 agosto 1877.</ref> (p. 87)
*Quello che chiamiamo mafia o camorra, non è che il frutto naturale della storia nel suo libero corso. Gli uomini deboli che sono i più, si avvezzano a inchinare il capo, divenuti i don Abbondii della storia. Il culto della forza, solo perché forza, imprime sulla società il marchio della servilità e della decadenza.<ref>Da ''Le forze dirigenti'', ''Il diritto'', 4 febbraio 1878.</ref> (p. 182)
*{{NDR|[[Papa Pio IX]]}} Natura dimenticabile e placabile, aveva una elasticità di fibra che non lo faceva lungamente dimostrate nella tetraggine della vita e riconduceva presto nel suo spirito il buon umore. I solchi che sogliono fare le passioni e le sventure, erano in lui presto ripianati. Indi quella sua aria amabile e giovanile, indizio di vite lunghe e prosperose, sulle quali le passioni strisciano, non penetrano.<ref>Da ''Pio IX a Gaeta'', ''Il diritto'', 17 febbraio 1878.</ref> (pp. 192-193)
*Io, signori, non credo alla [[reazione]]; ma badiamo che le reazioni non si presentano con la loro faccia; e quando la prima volta la reazione ci viene a far visita, non dice: io sono la reazione. Consultatemi un poco le storie; tutte le reazioni sono venute con questo linguaggio: che è necessaria la vera libertà, che bisogna ricostituir l'ordine morale (''Bene!''), che bisogna difendere la monarchia dalle minoranze. Sono questi i luoghi comuni, ormai la storia la sappiamo tutti, sono questi i luoghi comuni, coi quali si affaccia la reazione.<ref>Da ''Discorso del Ministro dell'istruzione pubblica alla Camera dei deputati'', ''Il diritto'', 10 dicembre 1878.</ref> (pp. 213-214)
 
==''Storia della letteratura italiana''==
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==Altri progetti==
{{interprogetto}}
===Opere===
{{Pedia|Schopenhauer e Leopardi||(1858)}}
{{Pedia|Storia della letteratura italiana (De Sanctis)|''Storia della letteratura italiana''|(1870)}}
{{Pedia|La giovinezza (De Sanctis)|''La giovinezza''|(1889)}}
 
{{DEFAULTSORT:De Sanctis, Francesco}}