Operette morali: differenze tra le versioni

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{{leggi il testo|sezione=s|[[s:Operette morali/Dialogo di un lettore di umanità e di Sallustio|Dialogo di un lettore di umanità e di Sallustio]]}}
*La prima cosa che tu nomini è la ricchezza, la quale dice Teognide che si dee cercare al caldo e al freddo, per terra e per acqua, balzando a un bisogno giù dalle rocce, scagliandosi in mare, e non perdonando a pericolo né a fatica che torni a proposito. La seconda è l'[[onore]], dei quale una gran parte degli uomini fa capitale, ma non tanto, che non lo venda a buon mercato. La terza è la [[gloria]], che piacerebbe a molti, se la potessero acquistare senza fatica e senza scomodo; ma non potendo, ciascuno si contenta di lasciarla stare. La quarta è la libertà, della quale non si ha da far conto. L'ultima è la patria, e questa non si troverebbe più al mondo, se non fosse nel vocabolario. ('''Lettore''')
 
===''Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello''===
*[...] è vero o non è vero che la virtù è il patrimonio dei coglioni: che il giovane per bennato, e beneducato che sia, pur ch'abbia un tantino d'ingegno, è obbligato poco dopo entrato nel mondo, (se vuol far qualche cosa, e vivere) a rinunziare quella virtù ch'avea pur sempre amata: che questo accade sempre e inevitabilissimamente: che anche gli uomini più da bene, sinceramente parlando, si vergognerebbero se non si credessero capaci d'altri pensieri e d'altra regola d'azioni se non di quella che s'erano proposti in gioventù, e ch'è pur quella sola che si impara ordinariamente dai libri? (''[[s:Operette morali/Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello/Per la novella Senofonte e Machiavello|Per la novella Senofonte e Machiavello]]'')
*L'altro errore in cui cadono gli scrittori, si è che se anche talvolta hanno qualche precetto o sentimento vero, lo dicono col linguaggio dell'arte falsa, cioè della morale. (''[[s:Operette morali/Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello/Per la novella Senofonte e Machiavello|Per la novella Senofonte e Machiavello]]'')
*E dove gli altri filosofi senza odiar gli uomini quanto Me, cercano pure di nuocer loro effettivamente co' loro precetti, io effettivamente giovai, giovo, e gioverò sempre a chiunque voglia e sappia praticare i miei. Così che il Misantropo ch'io era, feci un'opera più utile agli uomini (chi voglia ben considerare) di quante mai n'abbia prodotte la più squisita filantropia, o qualunque altra qualità umana, come io mi rimetto all'esperienza di chiunque saprà mettere, o avrà mai saputo mettere in opera l'istruzione ricevuta dal mio libro. (''[[s:Operette morali/Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello/Per la novella Senofonte e Machiavello|Per la novella Senofonte e Machiavello]]'')
 
===''Dialogo: ...filosofo greco, Murco senatore romano, popolo romano, congiurati''===
{{leggi il testo|sezione=s|[[s:Operette morali/Dialogo: ...filosofo greco, Murco senatore romano, popolo romano, congiurati|Dialogo: ...filosofo greco, Murco senatore romano, popolo romano, congiurati]]}}
*La gente piange quando il tiranno sta male, e ride quando è morto. ('''Filosofo''')
*Questo non è il secolo della virtù ma della verità. La virtù non solamente non si esercita più col fatto (levati pochi sciocchi), ma neanche si dimostra colle parole, perché nessuno ci crederebbe. ('''Murco''')
*La [[filosofia]] non è altro che la scienza della viltà d'animo e di corpo, del badare a se stesso, procacciare i propri comodi in qualunque maniera, non curarsi degli altri, e burlarsi della virtù e di altre tali larve e immaginazione degli uomini. La natura è gagliarda magnanima focosa, inquieta come un ragazzaccio; ma la ragione è pigra come una tartaruga, e codarda come una lepre. ('''Filosofo''')
 
===''Dialogo tra due bestie, p. e. un cavallo e un toro''===
{{leggi il testo|sezione=s|[[s:Operette morali/Dialogo tra due bestie, p. e. un cavallo e un toro|Dialogo tra due bestie, p. e. un cavallo e un toro]]}}
*[La [[uomo|razza umana]]] Non viveva già naturalmente, e come tutti gli altri, ma in mille modi loro propri. E perciò avevano questa particolarità curiosa che non potevano mai esser contenti né felici, cosa maravigliosa per le bestie che non hanno mai pensato ad essere scontenti della loro sorte. ('''Cavallo''')
*In somma questo Dialogo deve contenere un colpo d'occhio in grande filosofico e satirico sopra la razza umana considerata in natura, e come una delle razze animali, rendutasi curiosa per alcune singolarità, insinuare la felicità destinataci dalla natura in questo mondo come a tutti gli altri esseri, perduta da noi per esserci allontanati dalla natura, discorrere con quella maraviglia che dev'essere in chiunque si trovi nello stato naturale delle nostre passioni, dell'ambizione, del danaro, della guerra, del suicidio, delle stampe, della tirannia, della previdenza, delle scelleraggini, ecc. ecc. ('''Cavallo''')
 
==Citazioni sulle ''Operette morali''==