Quinquennio d'oro: differenze tra le versioni

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Citazioni sul '''Quinquennio d'oro''', ovvero la '''Juventus del Quinquennio'''.
 
*{{NDR|Nel 1935}} Ancora una volta l'elogio della disciplina e della volontà. Ancora una volta il riconoscimento che la [[Juventus Football Club|Juventus]], parlando poco e sottovoce, come s'usa nelle buone famiglie, non perde perché non si disperde. Le vittorie, per essa sono numeri da meteremettere in fila e da sommare, non serbatoi di chiacchiare. È una squadra, quindi una società, che quando vince esulta, quando perde riflette. Altre delirano quando vincono, si flettono quando perdono. Il mestiere, per la Juventus, significa questo: il domani di una vittoria può chiamarsi sconfitta, ma il domani di una sconfitta deve chiamarsi rivincita... Ma la Juventus ha avuto e detto qualcosa di diverso. Ha detto che le partite si possono vincere o perdere in campo a seconda della legge variabile che presidia i giochi di palla, si tratti delle palline d'avorio o della palla di cuoio. Ma ha detto che i Campionati si vincono e si perdono, essenzialmente, nella sede sociale. Le vittorie sportive non sono soltanto fatti tecnici, o stetici. Sono fatti morali. Sotto questo punto di vista la Juventus fa bene a tenere cattedra. Bene a se stessa, bene ai suoi avversari, bene allo sport nazionale. ([[Bruno Roghi]])
*{{NDR|Nel 1933}} Il [[Società Sportiva Calcio Napoli|Napoli]] cade a Bologna, la [[Juventus Football Club|Juve]] è già prima: "Dà tale spettacolo di forza, di freddezza, di potenza e di sicurezza – le rende omaggio la stampa – che c'è da temere, oggi decima giornata del torneo, un suo definitivo addio alla compagnia delle avversarie".<br/> Detto e fatto.<br/> L'intera Nazione stravede per la squadra di [[Edoardo Agnelli (1892-1935)|Edoardo Agnelli]]. Un fenomeno senza precedenti di esaltazione popolare congiunge le Alpi alla Sicilia. Un distintivo del club bianconero diventa una preziosa rarità. Un biglietto per la partita dei campioni diventa premio ambìto promesso al figlio per la promozione. Torino o un'altra città dove gioca la Juventus venne inserita negli itinerari dei viaggi di nozze. E in mare scende perfino una grande motonave battezzata ''Juventus'' fatta costruire dalla società di navigazione presieduta dal marchese Luca Ferrero di Ventimiglia. ([[Mario Pennacchia]])
* {{ndr|Nel 1934}} Hanno creato un ambiente che, come una macchina per impastare tutti i caratteri, ne farne il tipo unico mai illuso e mai disperato, mai troppo ottimista e mai troppo pessimista. Mai agitato e mai placato.<br/> Cadere nella macchina un Monti o un Cesarini, un Orsi o un Varglien, spiriti fieri magari protervi, ed escono ben presto come gli altri: impastati. Ricadde un Tiberti, un Ferrari, un Sernagiotto, un Ferrero o un Valinasso e ne esce fuori un momento sicuro con qualche fierezza.<br/> Il 'super asso' diventa solo un asso, l'aspirante a campione diventa asso; uno cava, l'altro cresce, tutto si livella. L'educazione e naturale riservo fanno il resto: se entri e nel Circolo, un tipo in guanti bianchi riceve il tuo cappello, gli stucchi dorati t'impediscono di dir parolaccie. La stretta di mano sulla tetti all'orologio, non una mano sulla spalla. Nessun ordine del giorno, ma l'ordine con l'ora per il domani, firma carcame. Mai niente di nuovo. Un giocatore entra e capisce dov'è, cosa deve imparare, il senso delle distanze, il rispetto, quel formalismo che è pure necessario se tutti gli esserci si sono basati su quello. ([[Carlo Bergoglio]])