Enzo Bettiza: differenze tra le versioni

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==''Via Solferino''==
*Non v'era alcun nesso fra la lezione anglosassone e il giornalismo di denuncia, quasi scandalistico, che [[Piero Ottone|Ottone]], con innegabile invettiva, confezionava quotidianamente. Egli, che diceva di credere meno ai commenti che ai fatti, finiva col fare, poi, il giornale più commentato che si fosse mai visto. Il commento filtrava da ogni parte, anche dalle notizie apparentemente più innocue. L'ideologismo goscista, favorito dall'autogestione redazionale, impregnava a tal punto il notiziario, il titolo, il taglio dell'articolo, da conferire un tono pedagogico e saccente perfino alle informazioni dello sport e della cronaca. Avveniva un rovesciamento paradossale. Il conclamato pragmatismo, la retorica del fatto per il fatto, applicati unidimensionalmente da un direttore complice di una padrona e di una redazione sempre più stregate dal caos italiano, sfociavano, alla fine, in una forma di esasperato giornalismo ideologico: la negazione anziché l'imitazione del ''Times''. (p. 122125)
*L'Italia e il mondo che avevano preso a specchiarsi nel ''Corriere'' [...] evocavano una specie d'immenso Nordeste brasiliano brulicante di ''favelas'', di derelitti, di colerosi, di handicappati, di drogati, di criminali, le cui disgrazie, sociologizzate, venivano attribuite tutte a un unico mostro dai contorni indefiniti: il sistema. L'intera umanità occidentale vi appariva retrocessa alla corte dei miracoli della prima industrializzazione manchesteriana. (p. 130126)
*Dalle inchieste che Ottone concordava coi redattori più arrabbiati e più pietosi veniva fuori un cupo affresco medievale. I treni non erano più treni, ma "veicoli per deportati". Le stazioni non erano più stazioni ma "bolge dantesche". Il colera del napoletano non era più una malattia, ma "la fase acuta che mette in risalto il male cronico della nostra società". L'industria non era più l'industria, ma un moloch avido di carne umana che «continua a ferire e uccidere l'operaio». Il sistema capitalistico veniva raffigurato come la metafora del sistema ''tout court'' e bollato col marchio di «istigazione a delinquere». Il mondo del lavoro appariva un vivaio di microbi portatori di «paralisi flaccida, silicosi, polinevrite, asbestosi, saturnismo». I delinquenti non erano più tali, perché vittime della società, mentre quelli veri indossavano «il camice bianco negli ospedali psichiatrici», oppure dirigevano «da una poltrona di velluto rosso i desperados della lupara». Altri ancora, dai loro grattacieli in vetrocemento, erano puntigliosamente intenti ad «avvelenare l'aria, l'acqua, il cibo». L'Italia appariva come inghiottita da un cataclisma di dimensioni apocalittiche. (ppp. 130-131126)
*In un ''Corriere'' che, scavalcando spesso a sinistra ''[[l'Unità]]'', diffondeva una simile visione allucinata e misoneistica del mondo, lo spazio per un giornalismo ragionato, privo di ubbìe e d'infantilismi ideologizzanti, andava riducendosi ogni giorno di più. (p. 131126)
 
==Bibliografia==
*Enzo Bettizza, ''Esilio'', Mondadori, 1996., ISBN 88-04-39783-7.
*Enzo Bettizza, ''Via Solferino:. {{small|laLa vita del "Corriere della Sera" dal 1964 al 1974}}'', Mondadori, 1999.Milano, 1982, ISBN 88-04-46402-X2018022404599.
 
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