David Batchelor: differenze tra le versioni

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*[...] ''[[Il corridoio della paura]]'' di Sam Fuller, del 1963, impiega occasionali sequenze di colore, dentro un film per il resto in bianco/nero, per rappresentare una specie di guerra interiorizzata. Il film è un'allegoria delle psicosi che si annidano sotto la superficie della cultura americana del dopoguerra. Il mondo è bianco e nero. (cap. 2 ''Cromofobia'', p. 40)
 
*{{NDR|Su ''[[Il corridoio della paura]]''}} Quando comincia a ficcare il naso in giro, incontra i vari pazienti (con valore allegorico) ricoverati nella clinica, e a poco a poco inizia a perdere il controllo di se stesso. Controllo che, poi, nel corso di un forte temporale, perde completamente. E cade: prima di tutto in un'interiore alluvione mentale, poi in un'alluvione di colori composta di casuali primi piani di possenti rapide e cascate. È una scena straordinaria e inquietante. Benché le sequenze a colori non durino più di quindici o venti secondi, lascia davvero spiazzati la combinazione di immagini allo stesso tempo vigorose e inaspettate. Il mondo delle psicosi e quel-loquello dei colori appaiono entrambi e di colpo estremamente potenti e senza forma alcuna. Essi non hanno figura. Non possono esseri afferrati o contenuti. Sono il terrore. (cap. 2 ''Cromofobia'', p. 41)
 
*{{NDR|Su ''[[Il mago di Oz (film 1939)|Il mago di Oz]]''}} [...] questo capolavoro cinematografico è una spettacolare discesa negli sgargianti colori del Technicolor. (cap. 2 ''Cromofobia'', p. 42)