David Batchelor: differenze tra le versioni

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*L'immaginario di ''[[Cuore di tenebra]]'' è colorato quasi esclusivamente di neri e bianchi. Una contrapposizione, questa, che non coincide con l'altra grande contrapposizione su cui è costruito il racconto, quella fra tenebra e luce, anche se a volte si avvicinano. L'obiettivo di Conrad è la generalizzazione della bianchezza e degli attributi e pregiudizi che si fondono con il termine e sembrano da esso inseparabili. Questa bianchezza generalizzata costituisce il fondale su cui si snoda il racconto, uno schermo imbiancato che viene penetrato e lacerato, ripetutamente, da particolari esempi di cose bianche. Queste cose – denti bianchi, capelli bianchi, ossa bianche, colletti bianchi, marmo bianco, avorio bianco, nebbia bianca – portano sempre con sé un misterioso senso di freddezza, di inerzia e di morte. Bianco, al pari di nero, di luce e di tenebra, diventa un termine estremamente complesso. Per Conrad, chi parla di bianco con sicurezza è, che lo sappia o no, un ipocrita o un folle. (cap. 1 ''Scenari del bianco'', pp. 6-7)
 
*Per [[Herman Melville|Melville]], come per [[Joseph Conrad|Conrad]], c'è un'instabilità nell'apparente uniformità del bianco. Dietro alla virtù cova il terrore; al di sotto della purità, annientamento o morte. Non morte nel senso di una vita finita, ma uno sguardo di morte nella vita: l'annientamento di ogni cara credenza e sistema, di ogni speranza e desiderio, di ogni punto di orientamento noto, di ogni illusione... Per entrambi gli scrittori, uno degli esempi più terribili della bianchezza è una immobile, silenziosa «nebbia lattiginosa», che è «più accecante della notte». E ad entrambi, di fronte a simile bianchezza, il colore appare insopportabilmente, quasi ingiuriosamente superficiale. (cap. 1 ''Scenari del bianco'', p. 11)
 
*Il [[corpo]] ideale: senza carne di alcun tipo, vecchia o giovane, bella o butterata, profumata o puzzolente; senza movimento, né esterno né interno; senza appetiti. (Questo il motivo per cui la cucina era un luogo così fastidioso, ma non fastidioso quanto la toilette.) Ma forse c'era qualcosa di più perverso; forse questo era un modello di ciò cui il corpo dovrebbe assomigliare dall'interno. Non un luogo di fluidi, organi, muscoli, tendini e ossa tutti in tensione costante, precaria e vivente fra loro, ma una camera sgombra, vuota, bianca, tutta ripulita, purificata da ogni testimonianza dei grotteschi imbarazzi della vita attuale. Non odori, non rumori, non colori; nessun cambiamento da uno stato a un altro e l'incertezza che ne consegue; nessuno scambio col mondo esterno e nessun dubbio e sporcizia che l'accompagnano; niente mangiare, niente bere, niente pisciare, niente cacare, niente succhiare, niente fottere, niente di niente. (cap. 1 ''Scenari del bianco'', p. 15)