Achille Starace: differenze tra le versioni

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*Dei gerarchi, che io sappia, l'unico favorevole {{NDR|all'entrata in guerra dell'Italia}}, fu Starace, il quale pronunziò la storica frase: «Per me la guerra è come mangiare un piatto di maccheroni». Non so che analogia egli potesse trovare tra i due termini del paragone, né è facile vederne; ma sono sicuro che neppure egli credesse a ciò che diceva e parlava così unicamente per riuscire gradito al suo duce, in un momento nel quale era forse il solo che avesse l'audacia di fare adesione ad un evento deprecato da tutti. ([[Carmine Senise]])
*Di fisico asciutto, capelli impomatati, salutista, maniaco delle uniformi, non aveva una collocazione politica autonoma né un seguito personale. Proprio i suoi difetti più evidenti, la superficialità, la limitatezza di orizzonti culturali, la propensione per una pompa pseudo-guerriera e in effetti piuttosto sudamericana, la docilità agli ordini, fecero cadere su di lui la scelta di Mussolini. ([[Indro Montanelli e Mario Cervi]])
*Quest'uomo nuoceva al fascismo più dell'opposizione antifascista, perché ridicolizzava l'Idolo {{NDR|Mussolini}} e rendeva insopportabile l'esistenza alla gente. ([[Silvio Bertoldi]])
*''In pace | qui giace | orbato | d'orbace | Achille Starace.'' ([[Indro Montanelli]])
*{{NDR|Durante una visita all'[[Università di Padova]] nell'ottobre 1937}} Si trovò ad un certo punto circondato da una massa di giovani del Guf<ref>Gruppi universitari fascisti, articolazione universitaria del Partito Nazionale Fascista.</ref> con i variopinti cappelli delle facoltà, fazzoletti azzurri e divisa fascista. Lo presero in mezzo gridando evviva e se lo issarono sulle spalle. Starace, compiaciuto, lasciava fare, non aveva il più pallido sospetto che si trattasse di una presa in giro, salutava romanamente sorridendo. Si udivano ovazioni e applausi, di cui il segretario del partito non coglieva il sottofondo derisorio. Sballottolato dai portatori, fu trasportato in corteo verso la cerimonia rituale. Ogni tanto, sempre lanciando motti fascisti e cantando gli inni della Rivoluzione, lasciavano cadere l'infelice a terra, come per errore, poi lo rialzavano e lo buttavano in aria. Continuarono così per un buon tratto e il peggio venne quando i goliardi cominciarono a pungergli il sedere con certi spilloni portati apposta, A ogni colpo il martire sbiancava per il dolore, ma fingeva di nulla, si sforzava di non darlo a vedere. Così, tra punzecchiature e tonfi sull'asfalto, finì la processione, sopportata da Starace con stoicismo, sempre salutando romanamente e mostrandosi compiaciuto della «calorosa accoglienza ricevuta» (così si espresse il giorno dopo, per mascherare l'inaudito oltraggio, il giornale locale). Non vi furono provvedimenti punitivi. Ma da quel momento l'antipatia di Starace per il Guf e per gli universitari divenne mortale. ([[Silvio Bertoldi]])