Benazir Bhutto: differenze tra le versioni

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*Io rappresento per loro un pericolo. Se porterò la democrazia nel Paese, perderanno la loro influenza. I [[talebani]] e gli estremisti islamici non possono agire da soli. Hanno bisogno di sostegno logistico, cibo, armi e una supervisione.<ref name="uominizia"/>
*Gli stessi settori della società pachistana che collusero per distruggere mio padre e porre fine alla democrazia in Pakistan nel 1977 si erano adesso schierati contro di me per lo stesso fine, esattamente trent'anni dopo.<ref>Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/02/09/ultima-premonizione-di-benazir-bhutto.html?ref=search ''L'ultima premonizione di Benazir Bhutto''], ''la Repubblica'', 9 febbraio 2008.</ref>
 
==''Figlia del destino''==
===[[Incipit]]===
Ho sempre creduto nell'importanza della documentazione storica. Quando nel 1977 fu rovesciato il governo di mio padre [[Zulfiqar Ali Bhutto|Zulfikar Ali Bhutto]], incoraggiai i suoi più stretti collaboratori a scriverne la storia. Ma negli anni difficili della legge marziale molti di coloro che avevano fatto parte del governo di mio padre erano troppo impegnati a difendersi dalle persecuzioni e dalle false accuse del regime militare. Altri erano andati in esilio e non avevano più accesso alla loro documentazione personale. In quanto a me, il mio impegno nella lotta per riportare la democrazia nel [[Pakistan]] e gli anni che ho trascorso rinchiusa in carcere senza accuse mi impedirono di scrivere un libro sul governo di mio padre.<br>Più di un milione di miei compatrioti vennero ad accogliermi quando tornai in Pakistan nell'aprile 1986 dopo due anni di esilio, facendomi così balzare agli onori della cronaca internazionale. Molti mi proposero di scrivere la mia storia, invece di quella di mio padre, ma io non ero convinta: un conto era scrivere di mio padre che era stato primo ministro del Pakistan, eletto democraticamente, e che aveva ottenuto risultati importanti; un altro era scrivere di me stessa, poiché dovevo ancora combattere le mie battaglie politiche più importanti. Mi sembrava un atto di presunzione e pensavo che le autobiografie dovessero essere scritte quando, nell'autunno della vita, si ripensa il passato.<br>Fu un'osservazione di un'amica a farmi cambiare idea. «Ciò che non è documentato non viene ricordato» mi disse.
 
===Citazioni===
*Mio padre era stato il primo a portare la democrazia dove in passato era esistita soltanto la repressione, sotto i generali che avevano governato il Pakistan sin dalla sua nascita nel 1947. Dove il popolo era vissuto per secoli in balia dei capi tribali e dei proprietari terrieri, aveva varato la prima costituzione pakistana per garantire una protezione legale e i diritti civili; dove il popolo aveva dovuto ricorrere alla violenza e agli spargimenti di sangue per spodestare i generali, aveva garantito un sistema parlamentare, un governo civile e le elezioni ogni cinque anni. (p. 13)
 
*[[Muhammad Zia-ul-Haq|Zia ul-Haq]], il capo di stato maggiore dell'esercito, l'uomo che mio padre credeva fedelissimo. Aveva mandato i suoi soldati nel cuore della notte a spodestarlo e a impadronirsi del potere con la forza. Zia ul-Haq, il dittatore che non era riuscito ad annientare il seguito di mio padre nonostante i fucili, i gas lacrimogeni e la legge marziale, e non aveva potuto fiaccare il suo spirito nonostante l'isolamento nella cella della morte. Zia ul-Haq, il generale che aveva appena fatto uccidere mio padre. Zia ul-Haq, il generale che per nove anni avrebbe governato spietatamente il Pakistan. (p. 13)
 
*Per giorni e giorni dopo la morte di mio padre non riuscii a bere e a mangiare nulla. Bevevo qualche sorso d'acqua ma lo risputavo. Non potevo deglutire. E non potevo dormire. Ogni volta che chiudevo gli occhi facevo lo stesso sogno. Ero davanti al carcere, i cancelli erano aperti. Vedevo una figura che veniva verso di me. Papà! Gli correvo incontro. «Sei uscito! Sei uscito! Credevo che ti avessero ucciso, invece sei vivo!» Ma un attimo prima di raggiungerlo, mi svegliavo e mi trovavo di fronte ancora una volta alla tragica realtà. (p. 23)
 
*Centinaia di migliaia di persone, in India e in Pakistan, appartenevano alla tribù dei Bhutto, una delle più nomerose del Sindh, i cui membri andavano dai contadini ai proprietari terrieri. Il nostro ramo della famiglia discendeva direttamente dal celebre capo tribale dei Bhutto, Sardar Dodo Khan. (p. 40)
 
*Le avversità affrontate dai nostri antenati formavano il nostro codice morale, appunto come desiderava mio padre: lealtà, onore, principi. (p. 43)
 
*Mio padre [...] era considerato molto progressista. Diede un'istruzione ai figli e arrivò al punto di mandare le figlie a scuola, un atto che altri proprietari terrieri giudicarono scandaloso. Molti grandi proprietari feudali non si prendevano neppure il disturbo di far studiare i figli maschi. (p. 44)
 
*Nella nostra cultura dominata dai maschi, i ragazzi venivano sempre favoriti rispetto alle ragazze e non solo ricevevano spesso un'istruzione ma in certi casi venivano serviti a tavola per primi mentre la madre e le figlie dovevano aspettare. Nella nostra famiglia, tuttavia, le discriminazioni non esistevano. Se mai, ero io a ricevere la massima attenzione. (p. 45)
 
*In casa nostra l'istruzione aveva la precedenza. Come mio nonno, mio padre voleva che servissimo da esempio: dovevamo essere la nuova generazione di pakistani progressisti e colti. (p. 46)
 
==Citazioni su Benazir Bhutto==
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==Note==
<references />
 
==Bibliografia==
*Benazir Bhutto, ''Figlia del destino'', traduzione di Roberta Rambelli, Leonardo Paperback, 1991. ISBN 88-355-1031-7.
 
==Voci correlate==