Aldo Gargani: differenze tra le versioni

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*Ci sono molti modi di fare cultura, ovviamente, ma in ogni caso sono due gli atteggiamenti fondamentali con i quali gli uomini si pongono di fronte ad essa, l'uno è quello di coloro che operano sempre all'interno di essa e che formano perciò le loro idee trascorrendo da un testo all'altro nella continuità di un percorso prestabilito dalla tradizione di quei testi; l'altro è quello più raro, più rischioso ma anche più avvincente di coloro che fanno cultura perché di tempo in tempo si pongono al di fuori di essa, la ribaltano e rovesciandola alla fine producono paradossalmente ancora cultura, ma una cultura che è nuova e che perciò dissolve questo effetto di paradossalità.<ref>Dalla premessa a ''La frase infinita''; in ''L'arte di esistere contro i fatti'', Lamantica, 2017.</ref>
*È un fatto che gli uomini hanno prodotto assai più cose di quanto siano propensi ad ammettere; ma ciò che essi hanno eretto nella forma di costruzioni concettuali elevate e sublimi, come se fossero separate dal caso e dal disordine, corrisponde ad un uso che essi hanno fatto della propria vita.<ref>Da ''Il sapere senza fondamenti'', p. IX.</ref>
*Nelson Goodman ha privilegiato i sistemi di rappresentazione e di descrizione rispetto alla sfera dei loro referenti, i quali, considerati indipendentemente dalle strutture simboliche di riferimento, perdono qualsiasi significato e consistenza: «Il nostro orizzonte è costituito dai modi di descrivere tutto ciò che viene descritto. Il nostro universo consiste, per così dire, di questi modi piuttosto che di un mondo o di mondi». Non c’è la base neutrale di una sostanza che sta sotto le differenti versioni del mondo. Quando Goodman dichiara «il mio approccio consiste in un’indagine analitica sui tipi e sulle funzioni dei simboli e dei sistemi simbolici», egli non sta specificando una varietà professionale del suo lavoro intellettuale, ma sta riconvertendo il lavoro filosofico nella direzione e nei termini di un assetto positivamente autoreferenziale delle proprie strumentazioni e delle proprie possibilità. Anziché pretendere di descrivere il mondo nel modo in cui esso è, la filosofia, dopo il «linguistic turn», diventa l’illustrazione delle sue stesse strutture formali. L’opera di [[Ludwig Wittgenstein|Wittgenstein]] è una molteplice testimonianza della circostanza che nozioni quali «essenza», «realtà prima», di cui ha parlato tutta la tradizione metafisica, esprimono soltanto il nostro profondo bisogno di una convenzione.<ref>da A.G. Gargani, Wittgenstein. Dalla verità al senso della verità, Pisa, Ed. Plus, 2003, pp. 154-156.</ref>
*Poiché non c'è un mondo da rispecchiare, e non esiste alcuna certezza da riflettere alla quale appellarsi, viene meno il compito della letteratura come descrizione, in quanto si potrebbe dire che nel caso di [[Thomas Bernhard|Bernhard]] non c'è un mondo da descrivere ma un'esistenza da criticare.<ref>Citato in Alice Gardoncini, ''[http://www.academia.edu/29102154/Una_sublime_irritazione._Thomas_Bernhard_e_il_problema_della_rappresentazione Una sublime irritazione. Thomas Bernhard e il problema della rappresentazione]'', ''Comparative Studies in Modernism'' n. 8, 2016, p. 143</ref>