Gaio Giulio Cesare: differenze tra le versioni

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*La città di [[Alesia]] si trovava alla sommità di un colle molto elevato [...] Le radici di questo colle erano bagnate da due parti da due fiumi. Davanti alla città si estendeva una pianura di circa tre miglia, dagli altri lati la città era circondata da colli di uguale altezza posti a non molta distanza. (VII, 69, traduzione di F. Brindesi, Rizzoli, Milano)
:''Ipsum erat oppidum Alesia in colle summo admodum edito loco [...] Cuius collis radices duo duabus ex partibus flumina subluebant. Ante id oppidum planities circiter milia passuum III in longitudinem patebat; reliquis ex omnibus partibus collis mediocri interiecto spatio pari altitudinis fastigio oppidum cingebant.''
*Cesare, che dopo aver esortato la X legione si era portato all'ala destra, come vide i suoi incalzati ed i soldati intralciarsi a vicenda, perché le insegne<ref>Ogni manipolo, formato da due centurie, aveva una propria insegna che doveva servire da punto di riferimento durante la battaglia e che guidava gli spostamenti.</ref> della XII legione erano state ammassate in un sol luogo, tutti i centurioni della quarta coorte erano stati uccisi, caduto il vessillifero<ref>Il soldato incaricato di portare il vessillo</ref>, perduta l'insegna, quasi tutti i centurioni delle altre legioni caduti o feriti, e tra questi il primipilo<ref>Era il massimo grado a cui si poteva arrivare partendo dalla "gavetta": centurione della prima centuria della prima coorte.</ref> Publio Sestio Baculo, un uomo coraggiosissimo, così coperto di gravi ferite da non riuscire più a reggersi in piedi, mentre gli altri erano senza forze e non pochi della retroguardia, abbandonato il combattimento, si allontanavano per schivare i proiettili, mentre i nemici non smettevano di avanzare frontalmente rimontando il colle ne alleggerivano la pressione sui fianchi; come vide che la situazione era critica e che non aveva nessuna possibilità di mandare rinforzi, preso lo scudo ad uno dei suoi soldati della retroguardia, poiché era venuto sin là senza scudo, avanzò in prima linea e, chiamando per nome i centurioni, spronando gli altri soldati, ordinò di far avanzare le insegne e distanziare i manipoli, di modo che i nostri potessero più agevolmente maneggiare le spade. La sua comparsa riaccese la speranza nei soldati e li rianimò, perché ciascuno, pur trovandosi in una situazione di pericolo, voleva dar prova del proprio valore al cospetto del suo generale: così si poté in parte contenere l'assalto. ( II, XXV) {{c|traduttore?}}
*C'erano in quella legione due centurioni, due uomini coraggiosissimi, che già si avviavano a raggiungere i gradi più alti, Tito Pullone e Lucio Voreno. Erano in continua competizione tra di loro per chi dei due fosse stato anteposto all'altro, e ogni anno lottavano con accesa rivalità per far carriera. Mentre si combatteva con grande accanimento sulle fortificazioni, Pullone disse:"Che aspetti Voreno? Che promozione vuoi avere come premio per il tuo coraggio? Questa è la giornata che deciderà delle nostre controversie." Detto questo esce allo scoperto e irrompe dove più fitto è lo schieramento nemico. Neppure Voreno, allora, resta la coperto, ma, temendo il giudizio degli altri, lo segue. Quasi addosso al nemico, Pullone lancia il giavellotto e trapassa uno dei loro che, staccandosi dal gruppo, correva ad affrontarlo. I nemici lo soccorrono esanime, proteggendolo con gli scudi, mentre tutti lanciano frecce contro di lui, bloccandolo. Un'asta trapassa lo scudo di Pullone e si conficca nel balteo, spostando il fodero della spada e, mentre egli si trova impacciato e perde tempo nel tentativo di estrarre l'arma, viene circondato dai nemici. Il suo avversario, Voreno, si precipita a soccorrerlo nella difficile situazione. Tutta la massa dei neici si volge allora contro Voreno, ritenendo l'altro trafitto dall'asta. Voreno si batte corpo a corpo con la spada e, ucciso un nemico, respinge gli altri di poco, ma mentre incalza con foga cade scivolando in una buca. Circondato a sua volta, viene aiutato da Pullone e ambedue, dopo aver ucciso molti nemici e acquistato grande onore, riparano incolumi all'interno delle fortificazioni. Così la fortuna volle, nella contesa e nel combattimento, che, sebbene avversari, si recassero reciproco aiuto e si salvassero l'un l'altro la vita e non si potesse stabilire quale dei due fosse il più coraggioso. (V, XLIV) {{c|traduttore?}}
 
==''Commentarii de bello civili''==