Silvio Bertoldi: differenze tra le versioni

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*Si immagini questo frivolo giovanotto {{NDR|Galeazzo Ciano}}, diviso tra i salotti delle contesse romane e i consessi internazionali, nell'alternarsi delle vicende spagnole, di cui ha finito per sentirsi non solo l'arbitro, ma il responsabile verso il suocero<ref>Galeazzo Ciano, marito di [[Edda Ciano|Edda]], era genero di Benito Mussolini.</ref>. Non è stato in Spagna. Segue le battaglie iberiche come gli italiani seguivano quelle d'Etiopia, appuntando le bandierine sulla carta geografica. (cap. 3, p. 42)
*Alti ufficiali delle tre armi corteggiano Ciano e approvano ostentatamente ogni sua trovata in campo strategico, quasi si trattasse delle direttive d'un [[Paul von Hindenburg|Hindenburg]]. Ministri e gerarchi chiedono a lui notizie «vere» della guerra e applaudono con esagerato entusiasmo alle vittorie annunciate dal Delfino come frutto delle sue disposizioni. Il giovanotto è di per sé portato a sopravalutarsi. Prende sul serio il finto credito e la finta reverenza che gli dimostrano e si convince di essere davvero il regista della spedizione spagnola. (cap. 3, pp. 42-43)
*Ciano era il Delfino, l'erede ''in pectore''. Grandi ha scritto che non piaceva a nessuno e ha ragione. Fisicamente il giovanotto aveva un che di ridicolo, i capelli impomatati sul cranio da dolicocefalo, i piedi piatti e larghi nel camminare, l'abitudine di tenere la testa all'indietro perché così faceva il suocero, una figura che andava impinguendosi troppo per uno non ancora quarantenne. Giocava a [[golf]] e amava farlo sapere per snobismo, essendo allora il golf praticato solo da alcuni privilegiati. Ma gli italiani ridevano di uno sport consistente nel dare bastonate a una pallina per farla entrare in una buca. L'unica palla degna del loro interesse era quella del calcio. (cap. 4, pp. 60-61)
*Esisteva {{NDR|in Italia}}, per la verità, fin dal 1920, un marginale filone di [[antisemitismo]] alimentato da un prete spretato, [[Giovanni Preziosi]], e dalla sua rivista «La vita italiana», sovvenzionata da [[Roberto Farinacci|Farinacci]], [...]. Un lugubre fanatico, senza seguito, riemerso durante La Repubblica sociale per chiedere l'applicazione in Italia delle leggi naziste di Norimberga e finito dopo il 25 aprile 1945 suicida con la moglie a Milano. (cap. 11, p. 122)
*Tra i giornalisti fascisti, il leader dell'antisemitismo è [[Telesio Interlandi]], direttore del «Tevere» e autore del volume ''Contra judeos''. Alla sua morte, nel dopoguerra, i familiari faranno inserire nel necrologio a pagamento sui giornali la qualifica di «cavaliere di razza». Per questa gente Auschwitz, Treblinka, l'Olocausto non erano esistiti. O non erano bastati a farli vergognare. (cap. 11, p. 122)