Federico Fellini: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Federico Fellini==
*A me pare di avere fatto dei film anche comici. ''Lo sceicco bianco'', ''I vitelloni'' non erano dei film comici? E ''La città delle donne'' non era un film comico? Come anche ''8 1/2'', del resto. Dipende dal senso che si dà al comico. Comico nel senso della commedia, cioè del dramma comune, umano, umoristico, risibile, addirittura buffonesco, vissuto senza coturni ai piedi. Film che raccontano illusioni di personaggi smontati e smagati da una realtà imprevedibile.<ref name=ronditempo>Da un'intervista di [[Gian Luigi Rondi]], ''Il Tempo'', 1982; citato in ''E la nave va''.</ref>
*A me sembra che un discorso onesto sulla necessità di proiettarci su qualche cosa, un discorso sulla fiducia, sulla buona volontà, sugli obiettivi comuni, sia ancora pericolosissimo. Quando ascoltiamo chi parla così, immediatamente precipitiamo in uno stato infantile; c'è subito il pericolo, mortale, di abbandonarcii, di affidarci, e c'è sempre qualcuno pronto a sfruttare questo abbandono, e a far ricominciare tutta la faccenda da capo, con gli stessi errori, gli stessi equivoci, le atrocità di sempre. Forse, smascherare la bugia, identificare e smantellare l'approssimativo o il falso, continua ad essere, per ora, l'unica risorsa – una sorta di irridente, precaria salvezza – della nostra storia fallimentare.<ref>Da ''Fare un film'', Einaudi, 1980, p. 154.</ref>
*Avevo sempre sognato, da grande, di fare l'aggettivo. Ne sono lusingato. Cosa intendano gli americani con "felliniano" posso immaginarlo: opulento, stravagante, onirico, bizzarro, nevrotico, fregnacciaro. Ecco, fregnacciaro è il termine giusto.<ref>Dall'intervista di Claudio Castellacci, ''L'America voleva colorare La dolce vita'', ''Corriere della Sera'', 30 marzo 1993, p. 33; citato Eugenio Spagnuolo, ''[http://www.panorama.it/cinema/fellini-curiosita/ Federico Fellini: 8 curiosità e 1/2 sul grande regista]'', ''Panorama.it'', 31 ottobre 2013.</ref>
*[[Roberto Benigni|Benigni]] e [[Paolo Villaggio|Villaggio]] sono due ricchezze ignorate e trascurate. Due attori che una cinematografia sana e vitale... Ignorarne il potenziale mi sembra una delle tante colpe che si possono imputare ai nostri produttori.<ref name="dAgostino">Citato in [[Roberto D'Agostino]], ''Chi è, chi non è, chi si crede di essere'', Mondadori, Milano, 1988. ISBN 88-04-31375-7</ref>
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*Quarantatré anni non sono un'età precoce per tirare le somme della propria vita. Proprio per questo il film mi ha fatto un gran bene: mi sento come liberato, ora, con una gran voglia di lavorare. È un film testamentario, hai ragione, eppure non mi ha svuotato. Al contrario, mi ha arricchito: fosse per me, ricomincerei a farne un altro domattina. Davvero. E certo se mi dicono che bravo Fellini, che ingegno, mi fa un gran piacere: ma non sono i complimenti che cerco con ''[[8½|Otto e mezzo]]''. Vorrei... vorrei che questo senso liberatorio si trasmettesse a chi lo va a vedere, che dopo averlo visto la gente si sentisse più libera, avesse il presentimento di qualche cosa di gioioso...
*{{NDR|Sulla scelta dell'attore protagonista in ''8½''}} Io avevo bisogno di un italiano, di un amico che accettasse con umiltà di essere come un'ombra rispettosa, che non venisse fuori in modo eccessivo. Così ho preso Mastroianni, lo conoscevo già, ed è stato bravissimo: così allusivo, discreto, simpatico, antipatico, tenero, prepotente. C'è e non c'è. Perfetto.
 
==''Fare un film''==
*{{NDR|Su ''[[La strada]]''}} Credo che il film l'ho fatto perché mi sono innamorato di quella bambina-vecchina un po' matta e un po' santa, di quell'arruffato, buffo, sgraziato e tenerissimo clown che ho chiamato Gelsomina e che ancora oggi riesce a farmi ingobbire di malinconia quando sento il motivo della sua tromba. (p. 60)
*Mi era simpatica la [[Anna Magnani|Magnani]], l'ammiravo, ma mi dava un po' di soggezione con quell'aria fosca da regina degli zingari, le lunghe occhiate silenziose, scrutatrici, gli scoppi di risa rauche nei momenti più inattesi. Sembrava sempre risentita, annoiata, altera. E invece era una ragazzetta timida dietro quel cipiglio minaccioso, aggressivo nascondeva un'ingenuità, un pudore selvatico, un entusiasmo da monella, e il sentimento caldo, pieno, di una vera donna, come vorresti incontrare più spesso. (p. 61)
*Il sentimento di meraviglia che [[Totò]] comunicava era quello che da bambini si prova davanti a un evento fatato, alle incarnazioni eccezionali, agli animali fantastici: la giraffa, il pellicano, il bradipo; e c'era anche la gioia e la gratitudine di vedere l'incredibile, il prodigio, la favola, materializzati, reali, viventi davanti a te. Quella faccia improbabile, una testa di creta caduta in terra dal trespolo e rimessa insieme frettolosamente prima che lo scultore rientri e se ne accorga; quel corpo disossato, di caucciù, da robot, da marziano, da incubo gioioso, da creatura di un'altra dimensione, quella voce fonda, lontana, disperata: tutto ciò rappresentava qualcosa di così inatteso, inaudito, imprevedibile, diverso, da contagiare repentinamente, oltre che un ammutolito stupore, una smemorante ribellione, un sentimento di libertà totale contro gli schemi, le regole, i tabù, contro tutto ciò che è legittimo, codificato dalla logica, lecito. (p. 128)
*Col suo pancione placentario e il suo aspetto materno evita la nevrosi ma impedisce anche uno sviluppo, una vera maturazione. È una città di bambini svogliati, scettici e maleducati: anche un po' deformi, psichicamente, giacché impedire la crescita è innaturale. Anche per questo a [[Roma]] c'è un tale attaccamento alla famiglia. Io non ho mai visto una città al mondo dove si parli tanto dei parenti. "Te presento mi' cognato. Ecco Lallo, er fjo de mi' cugino". È una catena: si vive fra persone ben circoscritte e ben conoscibili, per un comune dato biologico. Vivono come nidiate, come covate... E Roma resta la madre ideale, la madre che non ti obbliga a comportarti bene. Anche la frase molto comune: "Ma chi sei? Nun sei nessuno!" è confortante. Perché non c'è solo disprezzo, ma anche una carica liberatoria. Non sei nessuno, quindi puoi anche essere tutto. Tutto può ancora essere fatto. Si può partire da zero. Insultata come nessun'altra città, Roma non reagisce. Il romano dice: "Mica è mia, Roma". Questa cancellazione della realtà che fa il romano, quando dice "ma che te ne frega!", nasce forse dal fatto che ha da temere qualcosa o dal papa o dalla gendarmeria o dai nobili. Egli si rinchiude in cerchio gastrosessuale. (p. 145)
*A me sembra che un discorso onesto sulla necessità di proiettarci su qualche cosa, un discorso sulla fiducia, sulla buona volontà, sugli obiettivi comuni, sia ancora pericolosissimo. Quando ascoltiamo chi parla così, immediatamente precipitiamo in uno stato infantile; c'è subito il pericolo, mortale, di abbandonarciiabbandonarci, di affidarci, e c'è sempre qualcuno pronto a sfruttare questo abbandono, e a far ricominciare tutta la faccenda da capo, con gli stessi errori, gli stessi equivoci, le atrocità di sempre. Forse, smascherare la bugia, identificare e smantellare l'approssimativo o il falso, continua ad essere, per ora, l'unica risorsa – una sorta di irridente, precaria salvezza – della nostra storia fallimentare.<ref>Da ''Fare un film'', Einaudi, 1980, (p. 154.</ref>)
 
==Citazioni su Federico Fellini==
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==Bibliografia==
*Federico Fellini, ''E la nave va'', a cura di Gianfranco Angelucci, Longanesi, Milano, 1983.
*Costanzo Costantini (a cura di), ''Fellini. Raccontando di me. {{small|Conversazioni con Costanzo Costantini}}'', Editori Riuniti, 1996.
*Federico Fellini, ''E la nave va'', a cura di Gianfranco Angelucci, Longanesi, Milano, 1983.
*Federico Fellini, ''Fare un film'', Einaudi, 1980.
*''Portala al cinema'' (''The Moviegoer's Companion'', 2004), a cura di Rhiannon Guy, traduzione di Luigi Giacone, Einaudi, Torino, 2006. ISBN 88-06-18304-4