Silvio Bertoldi: differenze tra le versioni

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La chiamavano Patria: incipit
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*In collegio chiamavano lui «il matto di Dovia<ref>Località, a circa 2 km da Predappio, ove nacque Mussolini.</ref>», o il «ragazzaccio di Predappio», o perfino, alla romagnola «l'omazz», l'omaccione; e lui (e i suoi amici) chiamavano il collegio «la repoblica ad Frampul», la repubblica di Forlimpopoli, come per dire che ci comandavano loro e basta. (Capitolo II, p. 17)
*Racconta {{NDR|Quinto Navarra}} che Mussolini voleva il silenzio assoluto intorno a sé, mentre lavorava: e che per garantirselo, fece vietare l'uso dei clacson agli automobilisti in piazza Venezia. Racconta che amava la solitudine, che soffriva di raffreddori, che era freddoloso, che era disturbato dalla stitichezza, che portava mutandine corte di cotone, che dormiva con il pigiama e che alla mattina, alzandosi, se ne toglieva la giacca per ultimo. [...] Narra dunque il cameriere che Mussolini non sapeva radersi e che non faceva il bagno tutte le mattine. Portava le giarrettiere per reggere i calzini, voleva la manicure due volte la settimana, non metteva le pantofole ma uno strano paio di sandali arabi e cingeva il ventre con una panciera di lana, elastica. (Capitolo XIV, pp. 171-172)
 
==[[Incipit]] di ''La chiamavamo Patria==
La generazione di coloro che avevano diciott'anni nel 1936, quando Mussolini annunciò la conquista dell'Impero, crebbe conoscendo degli avvenimenti italiani ed esteri soltanto ciò che il fascismo le faceva sapere: ossia le versioni ufficiali. Sicché trascorse la migliore stagione della vita ignorando la realtà del mondo e tutto quanto riguardava l'Italia, perché il regime glielo teneva nascosto. Nei primi tempi, sull'onda inebriante dei trionfi, la verità «ufficiale» le bastò. Non le interessavano le opinioni di avversari e nemici, nella convinzione che non si dovesse nemmeno tenerne conto. Quell'Italia era la Patria.
 
==Note==